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WTO: Doha Round, fallisce la trattativa

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I negoziati del Doha Round sulla liberalizzazione degli scambi a livello mondiale sono sospesi a tempo indeterminato. Lo anticipa il commissario europeo al Commercio, Peter Mandelson, che indica gli Stati Uniti come i responsabili del fallimento delle trattative. In serata la sospensione del Doha Round viene comunicata ufficialmente dal segretario generale della World Trade Organization (Wto), Pascal Lamy. La notizia è però confermata anche dal ministro del Commercio indiano, Kamal Nath, secondo il quale i negoziati potrebbero restare sospesi “per anni”. Non portano quindi ad alcuna svolta le quattordici ore di colloqui tra i delegati del G6 (Unione europea, Usa, Giappone, Australia, India e Brasile), riunitisi due giorni fa a Ginevra, sede dell’Organizzazione mondiale per il commercio, con il compito di far uscire il Doha Round da uno stallo che dura dal 2001. “Gli Stati Uniti non sono stati in grado di mostrare alcuna flessibilità sulla questione dei sussidi agricoli – dichiara Mandelson – e hanno deciso che, a questo punto, la cosa migliore fosse interrompere le trattative”. Una decisione per la quale “l’Unione europea prova profondo rammarico”. Washington, afferma il commissario europeo, avrebbe proposto un taglio dei sussidi agricoli non proporzionato alle riduzioni dei dazi sull’import richiesti ai Paesi in via di sviluppo. “Abbiamo perso l’ultima uscita sull’autostrada dei negoziati”, aggiunge Mandelson, che esprime “profonda delusione e tristezza” per l’arenarsi delle trattative. Bruxelles, promette però il commisario, farà di tutto per rilanciare il Round. “E’ una grande sconfitta – commenta invece il commissario europeo all’Agricoltura, Mariann Fischer Boel – solo il tempo dirà quanto sia definitiva”. Gli Usa, da parte loro, non accettano di essere indicati come i responsabili del fallimento. “Non si punti il dito contro nessuno per questo insuccesso”, ammonisce Susan Schwab, capo negoziatore della Casa Bianca. “Ci sentiamo molto delusi per non essere riusciti a trovare un accordo – afferma – ma che nessuno ritiri dal tavolo le offerte fatte finora”. Secondo Schwab, il naufragio del Doha Round significa “aver perso un’opportunità storica” per lottare contro la povertà. Decisamente pessimista il ministro degli Esteri brasiliano, Celso Amorim, secondo il quale la Wto è “sull’orlo del disastro”. Sono l’agricoltura e i prodotti industriali i due nodi su cui inciampano le trattative. In particolare, gli Stati membri non riescono ad accordarsi sulla riduzione delle tariffe e dei diritti di dogana sui prodotti agricoli e l’apertura dei mercati industriali. L’Unione europea è la più colpita dal primo capitolo, a causa degli elevati diritti che impone all’importazione di prodotti quali lo zucchero o il manzo. Bruxelles propone una riduzione del 46 per cento dei diritti doganali sui prodotti agricoli. Ma l’offerta viene valutata come insufficiente dagli Usa, che reclamano almeno un calo del 60 per cento. Il G20 (del quale fanno parte, fra gli altri, il Brasile, l’India e la Cina) propongono come compromesso una riduzione del 54 per cento, bocciata comunque sia dall’Ue sia dagli Usa. Secondo il direttore generale della Wto, “l’equilibrio si trova probabilmente un po’ al di sotto dell’offerta avanzata dal G20”. L’Unione europea reclama inoltre di poter dire i 160 prodotti d’importazione per i quali le flessioni dei diritti sarebbero meno forti. I Paesi in via di sviluppo accusano gli Stati Uniti di elargire ai propri agricoltori sovvenzioni che ledono i loro produttori, soprattutto quelli di cotone. Washington propone di ridurre del 60 per cento le sovvenzioni che più falsano il commercio, a condizione che l’Ue e il Giappone riducano le loro dell’83 per cento. Ma queste percentuali sono calcolate sulla base dei limiti delle sovvenzioni autorizzate dalla Wto, che sono molto superiori a quelle effettivamente versate ogni anno. Il risultato è che l’offerta degli Usa permetterebbe di fatto a Washington di alzare le sovvenzioni. Bruxelles si dichiara pronta a ridurre i propri aiuti del 75 per cento se gli Usa abbasseranno i loro del 65 per cento. Gli Stati Uniti potrebbero comunque fare una concessione sopprimendo la clausola de minimis, che permette a un Paese di versare sovvenzioni pari al 5 per cento del valore della sua produzione agricola. Quanto alle sovvenzioni agricole all’export, la loro sorte è segnata lo scorso dicembre a Hong Kong: dovranno sparire nel 2013. In cambio di concessioni sul dossier agricoltura, i Paesi ricchi chiedono a quelli in via di sviluppo di ridurre i loro diritti di dogana sui prodotti industriali fino a un massimo del 15 per cento. L’India non vuole scendere sotto la soglia del 30 per cento, ma il Brasile lascia intendere che potrebbe accettare un tetto superiore di poco al 20 per cento.