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USA: MA IL TAGLIO DEI TASSI E’ DAVVERO FINITO?

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E se invece di alzare i tassi, la Federal Reserve decidesse a sorpresa di tagliarli ancora? E’ questa possibilita’ un paradosso? Non tanto, considerati i recenti capitomboli dei mercati che hanno portato il Dow Jones e il Nasdaq vicini ai minimi del 21 settembre.

L’eventualita’ e’ contemplata all’interno di un articolo pubblicato nella Bibbia della Finanza, il Wall Street Journal, che tuttavia non manca di sottolineare come l’ulteriore adozione di una politica monetaria espansiva sia ora improbabile. Aggiungendo, pero’: improbabile, si’, ma non impossibile.

Insomma, mentre tutti si interrogavano nelle settimane precedenti se la Fed, nel meeting che avra’ inizio a partire dal 25 giugno, avrebbe deciso di allontanare il piu’ possibile le pressioni inflazionistiche, peraltro contenute, aumentando il costo del denaro, alcuni operatori iniziavano a contemplare un’opzione diametralmente opposta: appunto, un inatteso dodicesimo taglio dei tassi.

Il che, come puntualizza il WSJ, non dovrebbe comunque verificarsi nell’immediato.

Anzi, l’autorevole quotidiano ritiene che il verdetto che la Fed emettera’ mercoledi’ sara’ neutrale: i tassi verranno lasciati all’1,75% e la dichiarazione di Alan Greenspan sara’ che i rischi dell’economia rimangono bilanciati.

Dunque, nessuna sorpresa nel breve.

Ma che dire del medio periodo? Secondo il Monetary Policy Insights, il nuovo servizio di ricerca lanciato dal precedente governatore della Fed Laurence Meyer, un ennesimo taglio dei tassi non e’ affatto uno scenario improbabile. E questo non solo per la performance negativa dell’azionario, ma per gli stessi indicatori macroeconomici diffusi nelle settimane precedenti che non sembrano preludere a nulla di positivo.

Le previsioni parlano chiaro.

Nel primo trimestre del 2002 il tasso di crescita del PIL ha stupito tutti, con un incremento del 5,6%. Ma molti economisti prevedono per il secondo trimestre una crescita dell’1,5% se non inferiore.

Sarebbe un duro colpo per l’economia Usa. Un tasso di crescita cosi’ basso significherebbe che l’economia sta crescendo al di sotto del suo potenziale. In casi del genere gli effetti collaterali sono tristemente noti e si concretizzano nell’aumento del tasso di disoccupazione e nella pressione al ribasso dei salari e dei prezzi.

Allo stesso tempo, tuttavia, alcuni osservatori di mercato ritengono che un taglio dei tassi sarebbe opportuno solo se l’economia scivolasse nella recessione o in caso di un altro attacco terroristico.

D’altronde, come affermano i piu’ scettici, di fronte all’eventualita’ e alla stessa efficacia di un’ulteriore riduzione del costo del denaro, la debolezza dell’azionario e’ comunque compensata dai bassi rendimenti dei titoli obbligazionari, che potrebbero rivitalizzare il mercato immobiliare, e dal calo del dollaro che potrebbe invece restituire competitivita’ alle societa’ Usa esportatrici.

L’enigma nel frattempo rimane. Molto dipendera’ tuttavia anche dalla performance del tasso di inflazione e dai nuovi segnali provenienti dal fronte macroeconomico.