Economia

Tassi: FED ferma per tutto il 2025? Trump su tutte le furie

Il prossimo taglio dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve non arriverà prima di settembre, se addirittura prima del 2026. Sono le stime del mercato e degli analisti dopo che l’ultimo rapporto sull’inflazione, pubblicato ieri, ha segnalato un aumento dei prezzi nel mese di gennaio al 3%, oltre le attese. E ben sopra il target del 2% della banca centrale americana. dell’anno.

Le parole di Powell

Che la Fed non avesse fretta di tagliare il costo del denaro, mettendo uno stop alla strada imboccata nel 2024, era già emerso dalle parole del governatore della Fed Jerome Powell, che l’11 febbraio, nel suo primo giorni di audizione in Congresso, aveva spiegato che la Banca centrale deciderà di tagliare ancora i tassi se il mercato del lavoro dovesse indebolirsi inaspettatamente.

“Ma l’economia statunitense è forte, nel complesso, l’inflazione resta ancora elevata”. Dopo aver tagliato il tasso di riferimento di un intero punto percentuale negli ultimi tre mesi dello scorso anno, con “l’economia che rimane solida, non dobbiamo avere fretta di modificare la nostra posizione politica” ha spiegato chiaramente il numero uno della banca centrale Usa.

La FED ha iniziato il ciclo di tagli dei tassi il 18 settembre 2024: da allora fino a dicembre 2024, la banca centrale americana ha ridotto il costo del denaro tre volte, portandolo nella forchetta tra il 4,25% e il 4,5%.

Scontro Powell-Trump

Le ultime dichiarazioni di Powell non sono piaciute al neo presidente Donald Trump, che dal primo giorno del suo insediamento ha iniziato un pressing convinto finalizzato ad un ridimensionamento del costo del denaro.

“I tassi d’interesse dovrebbero essere abbassati, in modo che vadano di pari passo con i prossimi dazi! Avanti, America!”, ha scritto Trump su Truth Social, spiegando che il taglio va fatto “ora”.

A stretto giro è arrivata la riposta di Powell, impegnato nel secondo giorno di testimonianza semestrale in Congresso:

“La gente può stare tranquilla che continueremo a fare il nostro lavoro e a prendere le nostre decisioni in base all’andamento dell’economia”. I dati sull’inflazione confermano il quadro generale secondo cui la Fed è “vicina”, ma “non ha ancora raggiunto” l’obiettivo sull’inflazione, fissato al 2%. “Vogliamo tenere” i tassi a livello “restrittivo, al momento”, ha aggiunto Powell, facendo notare che “è possibile che la Fed aggiusterà i tassi d’interesse in base ai dazi”.

I dati sull’inflazione

Ma torniamo all’inflazione. Dai fati pubblicati dal Bureau of Labor Statistics sull’inflazione relativa al mese di gennaio negli Stati Uniti, è emerso che l’indice dei prezzi al consumo (CPI), su base annuale, ha segnato un rialzo del 3%, superiore alle attese del mercato (fissate per un +2,9% a/a) e una una variazione mensile del +0,5% (aspettative fissate per un +0,3%). L’indice core (ovvero esclusi energetici ed alimentari) ha mostrato una crescita annuale del 3,3% (previsioni del mercato al 3,1%) e mensile l’aumento dello 0,4%, superiore alle stime del consensus (+0,3% m/m).

I dati hanno mostrato che le pressioni inflazionistiche sono tornate a salire in modo consistente. I rincari non sono solamente nel comparto energetico ma anche in quello dei trasporti e in quello sanitario. L’inflazione core mostra la crescita su base mensile (+0,4%) più alta degli ultimi dieci mesi. L’inflazione si surriscalda e non ha ancora integrato gli effetti delle politiche protezionistiche dell’amministrazione Trump” ha spiegato Filippo Diodovich, Senior Market Strategist di IG Italia, aggiungendo che “Nel breve termine non esistono al momento le condizioni per procedere a un cambio nelle strategie monetarie da parte della Federal Reserve. Crediamo che sia altamente probabile che la FED possa continuare a monitorare l’andamento delle variabili macroeconomiche (in particolare inflazione, PIL e disoccupazione) e decidere nel corso dei prossimi mesi la direzione della politica monetaria. I tassi di interesse rimarranno sui livelli attuali per un prolungato periodo di tempo. Le nostre attese non prevedono alcun taglio da parte della Federal Reserve nel 2025.

Reazione mercati

La reazione è stata molto negativa sull’azionario USA. Ieri, il Dow Jones ha ceduto 225,09 punti (-0,50%), lo S&P 500 ha perso 16,53 punti (-0,27%). Si salva solo il Nasdaq, passato nel finale in positivo (+ 6,09 punti, +0,03%).

Sul mercato valutario si rafforza notevolmente il dollaro in particolare contro sterlina e yen. Salgono i rendimenti dei treasuries (il rendimento del decennale sale dal 4,54% al 4,64%, quello con scadenza a due anni dal 4,30% al 4,36%).