Economia

Tari gonfiata: come ottenere i rimborsi

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

La Tari gonfiata resta al centro delle cronache, dopo l’errore nel calcolo da parte di molti Comuni italiani.  Mentre il ministero dell’Economia è al lavoro su un documento in cui verranno messe nero su bianco le regole sull’applicazione corretta del tributo, i Comuni sono al lavoro per verificare la propria situazione, con approcci diversi fra loro. A Milano, per esempio, il sindaco Giuseppe Sala ha aperto ai rimborsi. Per ottenerli, non è necessario alcun modulo prestabilito.

Come scrive il Sole 24 Ore:

È sufficiente proporre una istanza in forma libera che contenga tutti i dati necessari a far comprendere l’importo pagato e l’importo che si chiede a rimborso, con le relative motivazioni. Non è neppure necessario presentare istanze separate per ciascun anno di imposizione ma si può redigere una domanda unica per tutte le annualità interessate. Al riguardo, si ricorda che il termine di decadenza per la domanda di rimborso è di cinque anni dal pagamento.

Dal punto di vista dei Comuni, resta aperta la questione su come saranno coperte le spese che verranno a mancare per via dei rimborsi.

La Tari – continua l’articolo del quotidiano economico – serve a coprire i costi del servizio, per cui gli euro che vengono a mancare con i rimborsi rischiano di essere ribaltati sugli altri contribuenti sotto forma di conguagli.  L’ipotesi si fa certezza per l’anno prossimo, quando i Comuni interessati dal problema dovranno correggere le delibere incriminate: senza cambiare il peso complessivo della torta, ma solo la distribuzione delle fette. Ma quello sulla tassazione di garage, cantine e solai, è solo l’ultimo inciampo di una delle tasse più tormentate d’Italia.

Ancora più pesante, almeno per i valori complessivi in gioco, è il dilemma dei magazzini (e degli uffici) delle imprese. In sintesi, come rileva il Sole 24 Ore, il problema è il seguente.

Gli impianti delle aziende, così come i negozi di molti artigiani, smaltiscono in proprio i loro “rifiuti speciali”, pagando un servizio aggiuntivo. Nella Tari, allora, entrano solo i rifiuti che i Comuni “assimilano” a quelli urbani. Ma fin dove possono arrivare queste assimilazioni? La questione alimenta conflitti infiniti fra aziende e amministratori locali, accusati di allargare le assimilazioni fino ad abbracciare rifiuti speciali con il risultato di far pagare due volte lo smaltimento.

Al netto del caos scoppiato in questi giorni, quello che appare scontato è che, secondo i dati Cgia di Mestre, quest’anno le famiglie e le imprese italiane pagheranno 9,1 miliardi di euro.