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Taglio dei tassi Bce: come andranno azioni e obbligazioni

Mercati e analisti sono tutti d’accordo: dopo una lunga serie di rialzi avviati a luglio del 2022, giovedì 6 giugno, la Banca centrale europea taglierà i tassi d’interesse. Una decisione favorita dal raffreddamento dell’inflazione, confermata da Philip Lane, membro esecutivo della BCE, il quale, parlando al Financial Times lo scorso 27 maggio ha detto: “Salvo grandi sorprese, in questo momento ciò che vediamo è sufficiente per rimuovere il livello massimo di restrizione”.

Come posizionarsi in caso di taglio dei tassi?

Secondo Mark Haefele, Chief Investment Officer Global Wealth Management, “primo, il rallentamento dell’inflazione e la discesa dei tassi d’interesse dovrebbero sostenere i mercati azionari e obbligazionari. I livelli più elevati dei tassi hanno indotto tanti investitori a detenere posizioni maggiori del consueto in liquidità e strumenti del mercato monetario. A fronte del calo dei tassi, questi investimenti verranno almeno in parte spostati su altre opportunità. Il reddito fisso rappresenta l’alternativa più logica e anche le strategie di carry su valute dovrebbero acquistare attrattiva. Queste circostanze premieranno anche le azioni, in linea con le nostre attese”.

Tra obbligazioni e azioni, UBS continua a preferire le prime.

“Il reddito fisso – continua l’esperto di UBS – si conferma la nostra asset class preferita. Al suo interno privilegiamo le obbligazioni di qualità, che nei prossimi mesi dovrebbero registrare un calo dei rendimenti a misura che i mercati inizieranno a scontare un allentamento monetario più deciso. Una posizione “core” in obbligazioni di qualità può essere integrata da un’esposizione satellite ai titoli di credito più rischiosi per potenziare i rendimenti complessivi del portafoglio. In un contesto di crescita economica ancora discreta, i tassi d’insolvenza dovrebbero rimanere contenuti malgrado i livelli ristretti degli spread”.

Anche se ridotto il potenziale stimato dei mercati azionari, la view resta positiva. Oltre al settore tecnologico, che dovrebbe beneficiare degli investimenti nell’intelligenza artificiale, secondo Haefele l’allargamento del rialzo azionario globale dovrebbe favorire “i portafogli azionari diversificati. Inoltre, crea una serie di opportunità specifiche per gli investitori interessati a diversificare le fonti di rendimento al di fuori della tecnologia”.

In particolare, “negli Stati Uniti, le small cap in particolare ci sembrano offrire buone occasioni. In Europa vediamo opportunità nei settori di consumo che dovrebbero beneficiare del vigore del mercato del lavoro, del calo dell’inflazione e dell’allentamento monetario. Più in generale, i recenti risultati nell’eurozona sembrano indicare che gli utili hanno toccato il punto minimo e si apprestano a ripartire”.

Complessivamente, “nell’attuale contesto ci sembra positivo per gli investitori che operano in varie asset class e ci aspettiamo rendimenti totali del 5% circa per le azioni globali e del 7% per le obbligazioni (rispettivamente, MSCI ACWI in valuta locale e Treasury a 10 anni) entro fine 2024. A nostro avviso, la diversificazione a livello di asset class dovrebbero consentire agli investitori di posizionarsi per un rialzo sia a breve che a lungo termine, oltre a mitigare la volatilità”.

E se la Bce non tagliasse?

Gli investitori, dunque, sembra possano dormire sonni tranquilli. Ma se ci fosse qualche “grande sorpresa” cosa potrebbe accadere?
“Se, invece di un atteso taglio dei tassi, la banca centrale sorprendesse i mercati lasciandoli invariati, ciò potrebbe causare una riduzione nei prezzi delle azioni e delle obbligazioni”, spiega Nicolò Bragazza, associate portfolio manager di Morningstar Investment Management (MIM). “Una politica monetaria più restrittiva delle attese ha solitamente un impatto negativo sul prezzo delle obbligazioni”, afferma aggiungendo che  “i titoli di Stato con maggiore durata (duration) sono i più coinvolti in quanto più sensibili ad aspettative più restrittive di politica monetaria”.

Gli investitori italiani che hanno in portafoglio titoli di stato, devono – secondo Bragazza – poi mettere in conto il rischio di un aumento del differenziale (spread) rispetto ai titoli governativi tedeschi, presi a riferimento per l’eurozona. Oggi lo spread BTP-Bund è a 130 punti (al 29 maggio), un valore relativamente basso rispetto allo storico dal 2011 in poi, ma l’Italia resta molto vulnerabile a causa dell’elevato debito pubblico.

“Una politica monetaria più restrittiva delle attese potrebbe causare un aumento del differenziale di tasso rispetto alle obbligazioni tedesche, in quanto costi più alti del debito italiano potrebbero spingere gli investitori a percepirlo come più rischioso”.

Sul fronte azionario, un mancato taglio avrebbe effetti negativi sull’azionario. Secondo Bragazza, i settori maggiormente colpiti potrebbero essere quelli delle utilities, l’immobiliare e i beni di consumo voluttuari, ossia non di prima necessità.

“Il comparto dei servizi di pubblica utilità è molto sensibile alle politiche monetarie a causa soprattutto dell’alto livello di indebitamento e dell’elevato rendimento dei dividendi. Nel real estate, una discesa dei tassi è attesa da chi ha contratto un mutuo a tasso variabile e ha visto lievitare rapidamente la rata durante la fase di rialzo. Infine, il settore dei beni di consumo è stato fortemente penalizzato dall’aumento dei saggi di riferimento e dall’elevata inflazione. Le aspettative di un ribasso hanno generato l’attesa che il peggio sia alle spalle, mentre il mancato allentamento da parte della BCE potrebbe pesare negativamente”.