Economia

Sostenibilità, imprese italiane più consapevoli

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Sostenibilità, imprese italiane più consapevoli

Come affrontano la ripresa le imprese italiane dopo la crisi Covid-19? Una “domanda da un milione di dollari”, come si dice di solito. Ma ora è da almeno 55 miliardi di euro, che è il valore del decreto Rilancio Italia varato dal governo italiano per contenere l’impatto del Covid-19 su imprese, partite iva, dipendenti, famiglie e terzo settore.
A rispondere è il rapporto Cerved di luglio Termometro Italia Aziende.

Segnali incoraggianti per la sostenibilità

Il quadro che viene delineato è, come prevedibile, a tinte fosche. Ma in mezzo all’emergenza emergono segnali incoraggianti, soprattutto per la sostenibilità del Paese in cui viviamo e quindi per le prospettive di lungo periodo.
Infatti, tra i vari risultati ottenuti dall’indagine trapela che sta cambiando la direzione del vento, fino a maggio fortemente contrario.  Alla ricerca di una nuova normalità, le imprese italiane si lasciano alle spalle l’emergenza e dal clima universalmente pessimistico della fase post lockdown si passa ai primi segnali di ottimismo per la ripresa.

E segnali chiaramente positivi arrivano dal fronte dei fattori ambientali, sociali e di governance. In effetti, i numeri riguardo alla sostenibilità sono confortanti: la crisi ha rafforzato nel 75% delle aziende la consapevolezza dell’importanza degli impatti sociali e ambientali del business.
Quasi la metà delle imprese italiane (45,2%) dichiara l’intenzione di introdurre nella strategia aziendale un piano di sostenibilità. La crisi tuttavia riduce la disponibilità di risorse e agisce come fattore limitante, soprattutto nei settori maggiormente colpiti. L’emergenza ha indotto molte aziende ad avviare politiche di sostenibilità sociale, con azioni di sostegno a favore dei dipendenti (36,4%), dei clienti (23,4%) e delle comunità locali (23,9%).

La struttura del rapporto

Questi risultati risultano particolarmente interessanti, tenuto conto di come viene redatto il rapporto Termometro Italia. Il piano di ricerca punta a monitorare l’impatto della crisi Covid-19, la ripresa e la percezione del futuro delle imprese italiane. L’indagine è condotta da Innovation Team, società di ricerca del gruppo Cerved, leader nei servizi e tecnologie dell’informazione.

Il piano prevede interviste periodiche, con frequenza mensile. Nel Termometro Italia Aziende vengono coinvolte 500 aziende con almeno 10 addetti, stratificate per settore di attività, classe dimensionale, area geografica. Va anche detto che il rapporto di luglio è basato su una rilevazione effettuata nell’ultima decade di giugno.

Altri risultati significativi

Il Termometro Italia Aziende evidenzia altri risultati interessanti, a fianco di quelli direttamente legati alla sostenibilità. Intanto, pur in una situazione ancora pesante rispetto al rapporto pubblicato a giugno, diminuiscono le aziende che si considerano a rischio sopravvivenza, dal 17,4% al 14,3%. Il ritardo nella ripresa dei consumi è il timore principale delle imprese: questa preoccupazione è cresciuta in un mese a inizio luglio dal 43,2% al 58,2%.

Le difficoltà finanziarie restano importanti ma solo per le imprese più a rischio: sono la preoccupazione maggiore per il 20,6% delle aziende. Quanto tempo occorrerà per tornare ai livelli produttivi pre-crisi? Le valutazioni su questo tema ci mostrano che il sentiment delle imprese sta cambiando, facendo registrare i primi segnali di fiducia.
Per il 27,7% ci sarà una piena ripresa già entro la fine di quest’anno, mentre più della metà la prevedono nel 2021. Su questo punto la visione delle grandi e medie aziende è molto più ottimistica di quella delle imprese minori.

Trasformazione industriale e sostenibilità

Guardando ai prossimi due anni, oltre la metà delle aziende modificherà l’organizzazione, e tutti gli ambiti della vita aziendale subiranno cambiamenti: la gestione del personale, i canali commerciali, le tecnologie, i fornitori, le scelte di mercato. Oggi, intanto, si osserva già un progressivo ritorno in ufficio delle persone.

L’esperienza del lavoro a distanza, introdotto dal 43,9% delle aziende (per la maggior parte non l’utilizzavano prima dell’emergenza), è stata giudicata molto positivamente.
Ora però diminuiscono gli entusiasti e si riconduce lo smart working alla sua funzione non sostitutiva del lavoro tradizionale: un modo per organizzare il lavoro in modo più agile, allo scopo di migliorare la produttività e venire incontro alle esigenze dei dipendenti.

L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero di settembre del magazine Wall Street Italia