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Shopping online: danni dal fast fashion, molti abiti realizzati con plastica vergine

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Per contribuire a salvare l’ambiente che ci circonda, adottare comportamenti responsabili è la soluzione vincente, anche nello shopping online. Ma anche indossare un abito può fare le differenza.

Complice il lockdown nell’ultimo anno si è registrato un vero e proprio boom dello shopping online. Ma attenzione a cosa si compra visto che metà dei vestiti venduti dai marchi di moda online sono realizzati con plastica vergine come il poliestere.

Shopping online: l’uso della plastica vergine

La plastica vergine è quella prodotta utilizzando materie prime, invece che materie prime riciclate. In base ad un’analisi condotta dalla Royal Society for Arts, Manufactures and Commerce (RSA) di 10.000 articoli presenti sui siti web di Asos, Boohoo, Missguided e PrettyLittleThing durante una quindicina di giorni a maggio, si è scoperto che una media del 49% degli abiti messi in vendita online era fatta interamente di nuove plastiche come poliestere, acrilico e nylon.
In alcuni negozi solo l’1% conteneva tessuto riciclato.

“Il boom del fast-fashion ha fatto raddoppiare negli ultimi 20 anni l’uso di fibre sintetiche, che sono fatte usando combustibili fossili. Questi materiali economici hanno alimentato un’esplosione della moda veloce e usa e getta”.

Così ha sottolineato Josie Warden della RSA, co-autore del rapporto sul Guardian. La Fast Fashiontermine coniato nel 1989 dal New York Times in occasione dell’apertura del primo negozio Zara nella Grande Mela – sta ad indicare una moda veloce e purtroppo contribuisce in modo diretto all’inquinamento ambientale causato dall’industria tessile.
Le tendenze cambiano in maniera veloce e la fast fashion risponde a questa logica: capi sempre nuovi per assecondare la moda.

Non possiamo più usare la plastica per creare indumenti di scarsa qualità che sono progettati per essere indossati solo poche volte. Queste aziende usano grandi quantità di energia e creano danni ambientali nella loro produzione, e possono richiedere migliaia di anni per rimediare.
Ma anche altri materiali, come il cotone e la viscosa, possono creare problemi ambientali, quindi alla fine è la scala della produzione che deve cambiare”.