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Risparmio gestito: l’accelerazione digitale vista dagli asset manager

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L’articolo fa parte di un lungo dossier “Stargate, investire sul futuro” pubblicato sul numero di febbraio del magazine Wall Street Italia.

Tre domande sui nuovi strumenti tecnologici e i settori più promettenti a Lorenzo Alfieri di J.P. Morgan AM, Gianluca Maione di Ninety One e Mario Amabile di Pictet

L’industria dell’asset management segue i grandi trend con nuovi prodotti per rispondere alle esigenze degli investitori. A valle, nel frattempo, intermediari e distributori sono in prima linea nel processo di digitalizzazione e rischiano di venire sostituiti da App, società fintech, grandi colossi internet.
Come asset manager siete pronti a cambiare la modalità di distribuzione dei vostri prodotti, per raggiungere le nuove generazioni?

Lorenzo Alfieri: “Nel settore della gestione del risparmio il processo di innovazione è iniziato più tardi rispetto ad altre industrie e si è sviluppato più lentamente. Al di là di questo, oramai tutti gli operatori del segmento stanno facendo importanti investimenti per garantire l’innovazione in termini di sistemi e di prodotti. Il passaggio fondamentale però, non è introdurre un sistema di interazione con i clienti, comprese le nuove generazioni, diverso rispetto al passato.
Basta considerare i brillanti risultati ottenuti dalle reti di consulenza durante il periodo di lockdown dello scorso anno per capire come i canali di comunicazione e interazione dei consulenti abbiano funzionato bene. Occorre piuttosto spostare l’attenzione sul modo in cui si interagisce e si comunica, che deve essere volto a semplificare e illustrare con maggiore trasparenza i prodotti finanziari, sia sulle piattaforme, sia sui social. Ciò al fine di fornire ai clienti un’informazione esaustiva ma soprattutto tempestiva. La rapidità, infatti, è diventata l’elemento centrale di questo processo di innovazione”.

Mario Amabile: “Si stanno diffondendo nuove metodologie di investimento che, pur presentando vantaggi di tipo funzionale e operativo, comportano dei rischi a livello di efficacia nella gestione degli investimenti. Quei rischi tipici del ‘fai da te’ in ambito finanziario che possono portare a effettuare scelte di investimento e disinvestimento basate sulle mode e sull’emotività del momento, dimenticando i pilastri di una corretta pianificazione finanziaria.
Per questo motivo, per quanto sempre pronti ad abbracciare l’innovazione, siamo poco propensi a immaginare nel prossimo futuro la diffusione di modelli di distribuzione disintermediati: la funzione di consulenti, promotori e private banker è cruciale per il buon funzionamento del nostro sistema. Un po’ come la telemedicina è in grado di migliorare l’efficienza del sistema sanitario senza sostituirsi in tutto al medico, così le nuove tecnologie sono uno strumento potente da affiancare al lavoro dei consulenti finanziari. Detto ciò, il nostro impegno verso le generazioni più giovani (e non solo) assume soprattutto le vesti dell’educazione finanziaria. Tramite il nostro blog Pictet per Te e altre numerose iniziative cerchiamo di migliorare la comprensione delle dinamiche economiche e dei mercati finanziari delle persone, aiutandole ad assumere scelte di investimento più consapevoli”.

Gianluca Maione: “È molto importante mantenere un approccio agile e sapersi adattare al cambiamento per soddisfare le esigenze in continua evoluzione degli investitori. Questo aspetto si riflette nel modo in cui offriamo i nostri servizi agli intermediari e nel modo in cui guardiamo alle nuove piattaforme per capire quali gap sul mercato queste possano colmare. Player del calibro di Amazon, Google e Facebook sono casi interessanti e sicuramente potrebbero intercettare una vasta gamma di esigenze degli investitori. A nostro avviso, queste piattaforme potrebbero essere inizialmente applicate in settori che non prevedono attività di consulenza, ma ci sarà anche una richiesta da parte degli investitori che cercano nello specifico proprio servizi di questo tipo.
Un’area di interesse in rapida crescita tra tutti i tipi di investitori è la sostenibilità. Con il supporto degli asset manager, è qui che consulenti, intermediari e associazioni di investitori istituzionali possono svolgere un ruolo cruciale nell’educazione dei propri clienti e membri. Pensiamo che questo sia un aspetto che resterà sempre molto importante”.  Dati e informazioni valgono oro. Chi ne può raccogliere di più ed è più efficace nell’analizzarli ha in mano le carte vincenti.

Che ruolo giocano i Big Data e l’analisi dei dati nel vostro modo di lavorare?

Mario Amabile: “I dati sono la materia prima fondamentale della nostra epoca. L’analisi dei Big Data e l’implementazione di software di intelligenza artificiale per ricavarne indicatori di sintesi è determinante per il successo in tutti i settori dell’attività economica, incluso quello del risparmio gestito.
L’utilizzo che in Pictet facciamo dell’intelligenza artificiale va oltre l’ambito puramente gestionale e ci consente anche, tra le altre cose, di misurare concretamente l’impatto dei nostri investimenti su ambiente e società. Ad esempio, un processo proprietario di elaborazione del linguaggio naturale (NLP, Natural Language Processing) viene impiegato, combinato con un’analisi dei fondamentali condotta dai gestori stessi, per calcolare l’esposizione delle nostre strategie tematiche agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Onu. Parliamo di strumenti che ci permettono di valutare l’aderenza delle aziende che finanziamo alle indicazioni dettate dall’Onu per ottenere una crescita sostenibile, e di comunicare in modo assolutamente trasparente il risultato di tale analisi ai nostri clienti”.

Gianluca Maione: “I Big Data sono sia una tecnologia sia una sfida per ogni processo di ricerca. L’aspetto su cui ci concentriamo maggiormente è la costruzione della struttura per l’archiviazione, l’analisi e l’elaborazione di enormi volumi di dati in modo sistematico, con l’obiettivo di generare insight.
I dati in sé non sono sufficienti; è necessaria una conoscenza fondamentale per affinarli e interpretarli e creare strumenti proprietari pertinenti per sostenere il processo di investimento. Anche le fonti di dati alternative sono cambiate rapidamente negli ultimi anni e i nostri team di investimento dedicano molto tempo per determinare dove e in che modo queste fonti possano integrarsi e dare valore aggiunto alle nostre analisi. Mentre le fonti di dati sono in rapido aumento, rimane una significativa dispersione nella loro qualità e pertinenza e questo è evidente nella disclosure su aspetti della sostenibilità come le emissioni di carbonio, dove molte aziende ancora non forniscono informazioni dettagliate. È quindi importante sviluppare strumenti proprietari in grado di arricchire il livello di informazioni disponibili nella nostra compagnia.
Un esempio è il Carbon-Risk tool di Ninety One, che fornisce una valutazione più olistica del profilo di carbonio di un emittente utilizzando diverse tecniche per determinarlo e, ove necessario, anche per stimare l’impronta di carbonio diretta di un’azienda e le emissioni incorporate nelle sue catene di approvvigionamento e nel ciclo di vita dei prodotti”.

Lorenzo Alfieri: “La possibilità di disporre di una grande quantità di dati comporta dei vantaggi sotto due aspetti. Innanzitutto è possibile utilizzare i dati per metterli al servizio dell’attività di gestione. Una maggiore quantità di informazioni efficiente ed efficace consente di interpretare meglio i mercati e gestire i portafogli in modo più ottimale.
Il secondo aspetto, invece, è quello di poter utilizzare i dati per realizzare prodotti più in linea con le esigenze del cliente, rispondendo così in modo più specifico e puntuale ai bisogni di determinate categorie di investitori, come quella più anziana per esempio, che necessita di soluzioni specifiche legate alle loro necessità”.

Il 2020 è stato l’anno dei social media e delle piattaforme di entertainment che hanno moltiplicato i loro utenti. Nel mega trend digitale c’è però anche altro. Quali sono i settori che seguite con maggiore attenzione?

Gianluca Maione: “La tecnologia non è un fattore disruptive per via di un particolare strumento o processo. Lo è perché fornisce un mezzo per il cambiamento. La tecnologia è un fattore abilitante. La disruption tecnologica è uno dei cinque mega-temi evidenziati in un’importante ricerca del nostro Ninety One Institute, Road to 2030.
All’interno di questo mega-tema evidenziamo cinque sotto-temi: il miglioramento nel settore healthcare; la trasformazione dei luoghi di lavoro; le innovazioni nella mobilità personale; l’aumento della disponibilità di beni e servizi; il maggiore coinvolgimento dello Stato in tema di tecnologia e disruption”.

Lorenzo Alfieri: “Tra i settori che riteniamo interessanti rientrano quelli legati allo sviluppo delle terapie geniche e all’healthcare, quello legato all’utilizzo più efficiente di fonti energetiche e quello denominato ‘internet of things’, ovvero tutte quelle attività focalizzate sullo sviluppo di tecnologie che consentono un utilizzo diverso rispetto al passato degli oggetti che sono a nostra disposizione, come quelli per esempio all’interno delle nostre abitazioni”.

Mario Amabile: “Il 2020 verrà ricordato come l’anno della grande transizione verso il digitale. Siamo stati costretti dalla pandemia e dai conseguenti lockdown a traslare online molte nostre abitudini. Abbiamo imparato a lavorare da remoto, sostituito le riunioni di lavoro, i pranzi di famiglia e gli aperitivi tra amici con videochiamate, abbiamo guardato film, in streaming, abbiamo effettuato acquisti online utilizzando metodi di pagamento digitali.
Nuove abitudini che sono destinate a persistere, almeno in parte. Si tratta di una serie di cambiamenti ineluttabili che abbiamo individuato anni fa, ben prima della pandemia. Tra i vari segmenti, guardiamo in questo momento con particolare interesse al già citato e-commerce, al fintech, ai software per le aziende e infine alla digital health. Nel complesso, per chi intende investire nelle aziende digitali, risulta cruciale la selezione, cercando di non  innamorarsi delle mode ed evitando le operazioni speculative, soprattutto quelle legate alle Ipo programmate in modo opportunistico”.