Società

RISANAMENTO NON FALLISCE

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La sezione fallimentare del Tribunale di Milano ha respinto l’istanza di fallimento richiesta dalla Procura nei confronti di Risanamento, il gruppo immobiliare fondato da Luigi Zunino, e ha omologato gli accordi di ristrutturazione del debito dalla società. Le «risorse finanziarie» messe sul piatto dalle banche per salvare Risanamento «appaiono idonee, come evidenziato dall’esperto, a fronteggiare tutti i debiti scaduti e in scadenza» sino a fine 2010, «e dunque ad oltre un anno da oggi» scrive il Tribunale fallimentare.

«Il saldo positivo di cassa previsto per il 31 dicembre 2010 è addirittura di 82 milioni di euro e appare pertanto più che sufficiente a coprire rischi e imprevisti motivatamente e prudenzialmente quantificati dalla stessa Risanamento nella somma di circa 17,5 milioni», aggiunge il tribunale.

Nel provvedimento si legge inoltre che il pm dovrà vigilare sull’attuazione degli accordi di ristrutturazione. «All’ufficio del pm – si legge nel documento – sarà pertanto affidata, per quanto di ragione, e sempre nei limiti precisamente segnati dalla legge, un’opera di attenta vigilanza sulla regolare attuazione degli accordi di ristrutturazione che il tribunale ritiene di dover omologare». Secondo il tribunale il compito del pubblico ministero è stato «rilevante» in quanto, nel rispetto delle sue attribuzioni, «ha reso possibile con una pervicace analisi delle situazioni patrimoniali pregresse la compiuta emersione di una situazione di crisi, ragguardevole per qualità e quantità degli interessi coinvolti».

Il disco verde è arrivato per gli accordi di ristrutturazione presentati per Risanamento spa, Milano Santa Giulia spa, MSG Presidenze srl, Tradital spa, RI Investimenti srl, RI Rental spa e per le società Zunino Investimenti Italia spa, Tradim spa e Nuova Parva spa.

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Ora quindi comincia a delinearsi il futuro di Risanamento: alla presidenza del gruppo immobiliare fondato da Luigi Zunino dovrebbe venir confermato Vincenzo Mariconda, mentre le deleghe operative andranno quasi certamente a Claudio Calabi, attuale amministratore delegato de Il Sole 24 Ore, l’uomo per cui le banche azioniste di Risanamento hanno espresso il proprio gradimento. Calabi, 60 anni, dovrebbe quindi lasciare via Monterosa.

Complessivamente i posti nel consiglio di amministrazione di Risanamento saranno undici: oltre a Mariconda e Calabi, sono stati proposti Mario Massari (docente dell’Università Bocconi, già nel consiglio di Risanamento da agosto, quando ha sostituito Luigi Zunino), Massimo Mattera (già in SanPaolo Imi), Alessandro Cortesi, gli avvocati Carlo Pavesi e Luca Arnaboldi, Anna Maria Ruffo, il commercialista Matteo Tamburini, Ciro Piero Cornelli e Luigi Ragno.

Il primo obiettivo di Calabi dovrebbe essere quello di fare cassa, cedendo le grandi aree ex industriali milanesi Falck e Santa Giulia. Ma non è detto che si cerchi un acquirente puro, impresa particolarmente difficile di questi tempi. Tra chi segue il titolo Risanamento in Piazza Affari, circola infatti l’ipotesi che serva soprattutto un “partner” per poter prima rilanciare il valore dell’area. Le prospettive per Risanamento fanno schizzare il titolo a Piazza Affari, che, fermato in asta di volatilità, segna un rialzo teorico del 18,28% a 0,52 euro.

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di Andrea Cinquegrani [29/10/2009]

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – Da una procura all’altra, dalla sezione fallimentare di Napoli a quella di Milano (dove i pm pero’ bocciano a meta’ settembre il piano di “risamento” e parlano ancora di insolvenza) corre l’acrobatica e miliardaria avventura della societa’ Risanamento, al timone l’immobiliarista veneto di spiccate simpatie Opus Dei, Luigi Zunino. Un crakkista da quasi 3 miliardi di euro, in piena estate raggiunto da un salvagente e da un salvadanaio stracolmo lanciato dalla banche creditrici-erogatrici: 500 milioni di euro di cui 150 cash, contro gli “appena” 250 richiesti.

Come dire: il piccolo risparmiatore va allo sportello, chiede 5.000 euro per fronteggiare la crisi di liquidita’, lo sbattono fuori a calci in c**o, a meno che non fornisca garanzie per 10.000. Se invece e’ il Tanzi di turno a presentarsi in pompa magna con montagne in rosso e istanze di fallimento sul groppone, magicamente si aprono i rubinetti del credito.

«Non sono bastate le storiacce di Cirio e Parmalat – osserva un operatore di borsa – i colossali finanziamenti per le scalate dei furbetti del quartierino, adesso il copione continua. E la vicenda Risanamento e’ emblematica. Negli Usa, intanto, i crakkisti vanno in galera, e per 150 anni…». Commenta il senatore dell’Italia dei Valori Elio Lannutti, presidente dell’Adusbef, la battagliera associazione in difesa dei risparmiatori: «I grandi banchieri strozzano la clientela medio piccola, fatta di tante imprese e tante famiglie, con la revoca dei fidi, eppure trovano il modo per salvare i loro sodali e fare allegre concessioni di credito agli amici degli amici, neppure sorrette dalle necessarie garanzie per salvaguardare il pubblico risparmio. L’operazione Risanamento e’ semplicemente scandalosa».

Ma ripercorriamo gli ultimi bollenti anni della Societa’ pel Risanamento di Napoli (questo il suo nome in origine), un’istituzione “storica” del capoluogo partenopeo, che per decenni ha fronteggiato l’assaltato di predoni-mattonari (raccontati da Franco Rosi nel suo epico Mani sulla citta’) al seguito di questo o quel ministro, sottosegretario o assessore. Dieci anni fa, siamo a fine 1999, il colosso semipubblico in un baleno passa ai privati, ovvero al tandem Alfio Marchini-Luigi Zunino.

Ecco cosa scrive nella cover story di marzo 2000 la Voce: «Un affare da oltre mille miliardi pagati meno della meta’. Tutto per acquistare seimila immobili del patrimonio storico partenopeo. Un pezzo di citta’ svenduta che se ne va a Milano, nuova sede della societa’ acquirente, per essere gestita da una cordata che – colmo dei colmi – ha pagato la esigua cifra attraverso anticipazioni bancarie e per giunta ha varato un aumento di capitale da 10 a 100 miliardi solo dopo la delibera per questo colossale investimento. Manovre che in episodi analoghi, come nel caso dell’Alta Velocita’, fanno gia’ parlare di truffa ai danni dello Stato».

In linguaggio tecnico si chiama “leverage buy out”, in soldoni e’ la classica vendita della fontana di Trevi da Toto’ all’americano di turno. E la Procura di Napoli in quei mesi accese i riflettori; si mobilito’ la sezione fallimentare, pm Magda Cristiano (con una lunga esperienza proprio al tribunale civile di Milano) per vederci chiaro in una operazione che piu’ scura non si poteva. Poi intervennero le solite banche-salvatutto (come ore la quattro soccorritrici Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Popolare e Banca Popolare di Milano) e tutto fini’ in gloria. Per la gioia di Zunino e del dalemiano purosangue Marchini (gia’ co-editore dell’Unita’), a bordo di Domus Italica, la societa’ che porta a segno l’affare del secolo.

Nell’inchiesta di quasi dieci anni fa, la Voce scopre il trucco. Ossia una sigla, Imar, che si occupa come al solito di mattoni, con una dote azionaria da ben 156 miliardi di vecchie lire. A fondarla, nel 1991, Nicola Migliore, presidente della Risanamento. Quattro anni dopo a guidare il consiglio di amministrazione arriva Luigi Scimia, che poi diventera’ vice presidente del colosso assicurativo pubblico Consap, al cui vertice siede Lorenzo Pallesi (entrambi in orbita dalemiana, come Marchini).

Non basta, perche’ Scimia e Migliore sono gemellati in un’altra sigla, Sovigest, solito pallino per gli immobili, nata nel 1985. La terza “coincidenza” si chiama Sige, corazzata del mattone con la bellezza di 500 miliardi in dote, sede in corso Matteotti a Milano: nel suo cda, per anni, Pallesi ed Antonio Zunino, fratello del piu’ noto Luigi.

«Un affare tutto fatto tra vecchi amici, costruito a tavolino, la “strana” vendita o svendita del Risanamento – commentano ancora oggi alla fallimentare di Napoli – nessuno pero’ allora ne pago’ le conseguenze. Perche’ l’andazzo era quello: pugno di ferro con i piccoli, fatti fallire a raffica, guanto di velluto con i forti. E con i poteri forti». L’Opus Dei, del resto, non e’ proprio la bocciofila…

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