Economia

I perché della rivolta francese sulle pensioni (per molto meno della Fornero)

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E’ stata una nuova giornata di proteste in Francia, con migliaia di dimostranti scesi nelle strade per opporsi alla riforma del sistema pensionistico. Una riforma che, però, è ancora in fase di elaborazione e che non sarà presentata in parlamento prima dell’inizio del 2020.  Giovedì 5 dicembre si sono mobilitate oltre 800mila persone, in quella che è stata definita come una delle dimostrazioni di massa più grandi che la Francia abbia mai visto in epoca recente.

Anche se il tema delle pensioni è centrale anche nel dibattito italiano, sono numerose le differenze fra la situazione pensionistica francese, la riforma attualmente in discussione e la situazione italiana. Una prima differenza fondamentale sta nel fatto che il presidente francese, Emmanuel Macron, aveva promesso in campagna elettorale una riforma coerente con quanto si sta ora delineando in Francia. Si tratta di una scelta politica che, in qualche modo, era stata appoggiata contestualmente all’elezione di Macron, nel 2017. La riforma Fornero, al contrario, nacque da un governo tecnico d’emergenza e non faceva parte del programma politico di nessun partito (benché poi votata a larga maggioranza).

Fatta questa premessa, i sistemi pensionistici francese ed italiano, pur nelle differenze che vedremo, hanno in comune un notevole disavanzo. Nel 2018 la previdenza francese ha registrato un deficit pari a 2,9 miliardi di euro, lo 0,1% del prodotto interno lordo, contro i 7,839 miliardi dell’Inps (lo pari allo 0,37% del Pil).

Un’altra analogia fra il caso francese e quello italiano è l’ampiezza dello spettro politico che si dice contrario a un riordino del sistema pensionistico. In Francia i partiti a sinistra dei socialisti, il sindacato Cgt e il partito di Marine Le Pen sono uniti nella ferma opposizione al progetto. I Repubblicani e i Socialisti, da parte loro, hanno espresso più caute riserve.

Cosa prevede il progetto di riforma delle pensioni francese

Il sistema pensionistico francese attuale è di tipo retributivo (le pensioni sono pagate dai contributi di chi oggi lavora) con un’età pensionabile iniziale di 62 anni. Per accedere alla pensione piena, però, è necessario lavorare fino ai 67 anni. Nel 2017 l’età media effettiva del pensionamento in Francia era di 62 anni e un mese: ad abbassare la media è un 7% dei pensionati che gode di regimi speciali che consentono un pensionamento anticipato anche prima dei 60 anni.

La riforma, abbozzata in un documento pubblicato lo scorso luglio, non prevede di aumentare l’età pensionabile (come invece prevedeva la riforma Fornero), né di cambiare il sistema da retributivo a contributivo (come avvenuto in Italia con la riforma Dini).

Viene previsto, invece, un nuovo sistema universale che rimuove quei regimi speciali che consentono ad alcune categorie (ad esempio, i ferrovieri) trattamenti più generosi e finestre di ritiro anticipate. I beneficiari di questi regimi, tuttavia, sono una minoranza che non basterebbe a giustificare le massicce proteste viste negli ultimi giorni. Nel 2016 erano appena 700.000 i pensionati riconducibili ai regimi speciali, appena il 4% del totale.

L’aspetto più sostanziale della riforma immaginata dalla presidenza Macron è l’introduzione di un sistema a punti che, pur mantenendo i 62 anni come prima età pensionabile, incentivi i lavoratori a proseguire la propria attività, accumulando punti che si tradurranno in un assegno più ricco. A rimetterci, nel passaggio al nuovo sistema, sarebbero soprattutto quei lavoratori il cui reddito tende ad aumentare significativamente nel corso della carriera. Questo perché attualmente il valore della pensione viene effettuato mediante un calcolo del reddito medio.

La riforma, invece, incentiverebbe in modo deciso l’allungamento della vita lavorativa. A 65 anni i punti accumulati varrebbero il 5% in più, a 66 anni il 10% in più, fino ad arrivare al 55% in più per chi decide di andare in pensione a 75 anni. Secondo il sindacato Cgt, in prima linea nelle proteste di questi giorni, il nuovo sistema incoraggerebbe il “lavoro perpetuo” e abbasserebbe le pensioni rispetto ai valori attuali.
La riforma, poi, uniformerebbe le regole che al momento disciplinano i 42 fondi pensione francesi, le cui regole sono diverse per ciascuna categoria. Si verrebbe a creare, dunque, un sistema universale. Secondo il sindacato Force ouvriére, questo accentramento sarebbe inaccettabile in quanto “i governi diventerebbero gli unici decisori” e potrebbero “gestire le pensioni in base a vincoli di bilancio e finanziari”. Niente che l’Italia non abbia già visto.