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Profumo lascia la guida di Unicredit, deleghe al presidente Rampl

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Dopo circa quattro ore non senza tensione il cda di UniCredit ha sancito l’addio di Alessandro Profumo, sfiduciandolo. Le deleghe dell’ormai ex AD (che era in carica da 13 anni e mezzo) sono state affidate ad interim al presidente Dieter Rampl.

Nel corso del board, l’operato dell’amministratore delegato uscente sarebbe stato difeso da alcuni consiglieri tra cui il vice presidente Farhat Bengdara, Governatore della banca centrale della Libia (che ha una quota del 4,988% di UniCredit) e da Salvatore Ligresti.

La giornata è stata lunga e densa di colpi di scena. Profumo avrebbe presentato le sue dimissioni con una lettera presentata ai consiglieri prima dell’inizio del cda straordinario. La banca ha subito smentito, probabilmente per questioni formali. Poi sono emerse voci di un braccio di ferro tra consiglieri. In serata pero’ Profumo avrebbe chiesto la conta dei voti ma alla fine l’istituto di Piazza Cordusio ha deciso di cambiare rotta.

Prima della diffusione del comunicato ufficiale della banca, arrivato alla una e trenta di notte, la conferma e’ arrivata dalla moglie del banchiere Sabina Ratti le cui dichiarazioni sono state raccolte dalle agenzie di stampa lasciando lo studio Eredi Bonelli Pappalardo. “C’e’ stata una richiesta del consiglio di amministrazione e si e’ dimesso. Ha firmato, ha rassegnato le dimissioni”, ha spiegato.

Ecco il comunicato

UniCredit: decisioni del Consiglio di Amministrazione

Il Consiglio di Amministrazione di UniCredit e Alessandro Profumo hanno, a seguito dell’orientamento maturato dal Consiglio, concordato che, dopo 15 anni, è giunto il momento per un cambiamento al vertice del Gruppo. Alessandro Profumo ha quindi rassegnato le dimissioni da Amministratore Delegato, che il CdA ha accettato ringraziandolo per gli ottimi risultati raggiunti in questi anni. In particolare il CdA ha sottolineato che sotto la guida di Alessandro Profumo il Gruppo si è trasformato da banca puramente domestica in uno dei principali Gruppi Europei. La capitalizzazione di mercato è cresciuta in questo periodo da €1,5 miliardi a circa €37 miliardi. Anche durante la crisi finanziaria globale UniCredit ha realizzato utili in ogni trimestre.

Con questi risultati e attraverso i progetti in corso quali One4C sono state preparate le condizioni per un futuro di successo sostenibile per il Gruppo.

Fino alla nomina di un nuovo Amministratore Delegato, il CdA ha trasferito in via temporanea le deleghe esecutive al Presidente Dieter Rampl, che, supportato dai Deputy CEOs guiderà il Gruppo.

Inoltre, il CdA ha dato mandato al Presidente Rampl di identificare e proporre il successore di Alessandro Profumo nelle prossime settimane.

Alessandro Profumo ringrazia il CdA, gli azionisti e tutti i colleghi del Gruppo per averlo sempre supportato in questi anni.

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“Mi mandano via”. Sono le poche parole, riportate dal Corriere della Sera di questa mattina, che Alessandro Profumo, amministrore delegato di Unicredit, ha confidato ad un amico già domenica, riferendosi alle pressioni di alcuni grandi azionisti della banca. Il numero uno di Unicredit “non cede – scrive il Corriere – alla tentazione di rassegnare subito le dimissioni” preferendo “aspettare il consiglio di amministrazione straordinario convocato per questo pomeriggio” ma non nasconde “la forte amarezza per essere trattato così, dopo quindici anni” di dedizione assoluta alla “sua” banca.

“Amarezza, ripete, anche per il “rapporto personale con Rampl”, andatosi deteriorandosi fino alla rottura, prosegue il Corsera. Profumo, riferisce il quotidiano di via Solferino, “si rammarica con i suoi dell”incomprensione’ delle Fondazioni che temono di venir scalzate dai fondi del governo di Muammar Gheddafi, ma riconosce di non essere riuscito a comunicare nei tempi e nei modi giusti le scelte fatte ‘solo nel nome della stabilità della banca’”. E, spiega alle persone a lui più vicine, “non si capisce” perché “la polemica sui libici si sia spostata a quella sulla redditività”. Unicredit, sostiene il suo amministratore delegato, fa meglio dei suoi concorrenti e tenuto conto dei tempi difficili “c’è di che essere soddisfatti”.

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Il retroscena – Il banchiere si sfoga con i suoi

“Sono scomodo, fuori dal sistema”

Profumo: alcuni azionisti mi hanno detto che avevano deciso di sostituirmi. Poi va al concerto intitolato ad Ambrosoli. Lega in pressing. Impegno politico. Sempre più forti le pressioni della politica sulle Fondazioni

di GIOVANNI PONS

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – “Sono rientrato sabato scorso dall’America dove ero stato per un road show e nel pomeriggio una parte degli azionisti mi hanno detto che avevano deciso di sostituirmi”. Si sfoga così Alessandro Profumo, amministratore delegato di Unicredit dall’aprile 1997, con alcuni dei suoi più stretti collaboratori all’interno della banca. Il momento, inutile negarlo, è molto difficile e il banchiere ha passato tutta la giornata in trincea, a parlare con i manager a lui fedeli e con gli azionisti che sembrano voler voltar pagina e metter finalmente il naso nella gestione della quinta banca europea.

“La verità è che sono un personaggio scomodo, non faccio parte del sistema, ho rifiutato la Telecom quando al governo c’era il centro-sinistra, ho sbattuto la porta dal cda Rcs”, riferiscono fonti interne alla banca che nel weekend hanno potuto parlare con il banchiere. La giornata è lunga, in serata viene convocato il cda straordinario, ma poco prima delle 20 Profumo si presenta al teatro Dal Verme per assistere al Concerto Civile “Giorgio Ambrosoli” in ricordo di Guido Galli. Il viso è sereno, nonostante tutto, e come al solito cerca di evitare i giornalisti schierati con una scusa non certo banale: “Vado a salutare Annalori”.

Il banchiere genovese ha sempre mostrato un forte senso civile e rispetto per le istituzioni del paese, dunque non sorprende vederlo presente al secondo concerto promosso dalla borghesia milanese in ricordo di un uomo, Ambrosoli, che ha pagato con la vita il suo voler essere fedele fino in fondo ai propri principi etici e al dovere istituzionale. Ma la bufera interna a Unicredit ormai è innescata e oggi bisognerà affilar le unghie per la resa dei conti.

Il presidente Dieter Rampl ha cavalcato fino all’estremo l’affare del rafforzamento dei soci libici nell’azionariato Unicredit, cercando di coagulare un fronte anti-Profumo. Poi ha spinto sull’acceleratore pur senza avvertire tutti gli azionisti: il fronte, dunque, c’è ma non è unanime, probabilmente Luigi Maramotti e Carlo Pesenti non sono così convinti che sia giunta l’ora di cambiare ad.

Tantopiù che sull’affare Libia i punti oscuri sono ancora molti: “Il primo a sapere che i libici volevano prendere una posizione importante nella banca è stato proprio Rampl – rivela un banchiere vicino a Piazza Cordusio – e anche Palenzona sapeva per via governativa o diplomatica”. Basta chiedere all’ambasciatore libico in Italia, Hafed Gaddur. A un certo punto Profumo ha saputo del rastrellamento di azioni dai suoi uffici interni, poiché il fondo sovrano di Muhammar Gheddafi, il Lybian Investment Authority, ha scelto proprio Unicredit come intermediario per l’acquisto delle azioni. Ma a quel punto, ripeterà oggi Profumo a tutti i consiglieri, l’ad era vincolato al segreto dall’art.134 della legge Draghi che prevede risvolti anche penali per chi rivela all’esterno informazioni privilegiate. Certo Rampl non è un “esterno” alla banca ma se il presidente avesse parlato con qualcuno con intenti speculativi a quel punto la responsabilità sarebbe ricaduta anche su Profumo.

Questione delicata, dunque, e dai possibili risvolti legali. Qualcuno prevede che oggi ci sarà baruffa in cda, sicuramente prenderà la parola il rappresentante della Banca Centrale libica Farhat Bengdara, per dimostrare che c’è autonomia di decisioni tra loro e il fondo sovrano Lia e che non c’è alcuna stranezza nel comprare azioni di una banca che valgono 2 euro che in futuro potrebbero raddoppiare. E lo stesso Profumo, stando a chi lo conosce bene, cercherà in extremis di proporre delle regole, un metodo nel cda per sancire una più corretta separazione tra azionisti e management.

La sensazione, comunque, è che si sia ormai logorato il rapporto umano tra il manager e i suoi principali azionisti. Non è un mistero che da due anni a questa parte la banca produce molti meno utili rispetto al passato e che nel 2009 ha distribuito il dividendo in azioni invece che in cash come negli anni passati. A ciò si aggiungano le crescenti pressioni della politica sulle Fondazioni, con la Lega che più volte ha minacciato una sorta di spoils system per far sì che i crediti bancari affluiscano in maniera più fluida verso le piccole e medie imprese.

È l’eterna contraddizione tra una banca che deve essere legata al “territorio” ma anche alle dinamiche internazionali, quale Unicredit è da tempo. L’acquisto della Hypovereinsbank, nell’estate del 2005, aveva proiettato Profumo tra i principali banchieri europei, poi nel 2007 e 2008 è arrivata la crisi finanziaria innescata dai titoli tossici che Unicredit aveva inglobato proprio con i conti della banca tedesca. Le Fondazioni hanno così cominciato a stringere la morsa, chiedendo assicurazioni sulla distribuzione dei dividendi futuri. La Cariverona con il dominus Paolo Biasi fu la prima a fare lo sgambetto nel marzo 2009 quando si ritirò all’ultimo minuto dalla sottoscrizione del bond legato all’aumento di capitale.

E in quell’occasione il soccorso arrivò proprio dai libici e dalla Fondazione Crt, teleguidata dal vicepresidente di Unicredit Fabrizio Palenzona. Proprio colui che ha difeso Profumo nelle situazioni più delicate ora sembra avergli voltato le spalle, ascoltando sempre più i malumori dei gestori della Crt. Ma anche colui che è molto sensibile al richiamo della politica, soprattutto romana. Se è vero che in questo frangente il principale difensore di Profumo sembra essere Giulio Tremonti, non si può escludere che Palenzona possa compiere un’altra piroetta delle sue nel consiglio di amministrazione di oggi.

Se invece tutto andrà nella direzione voluta da Rampl bisognerà mettere una pietra sopra all’era Profumo in Unicredit. Anche se non si può escludere, vista la giovane età e l’impegno civile del personaggio dimostrato in più occasioni, una discesa nell’agone politico in questo momento di grande confusione morale e istituzionale per l’Italia repubblicana.

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