(9Colonne) – Roma, 27 mar – I sindacati, a metà del semestre fissato dalla legge per la scelta sulla destinazione del Tfr, fanno il punto della situazione. “Da parte dei lavoratori – spiegano Cgil, Cisl e Uil in una nota – emerge forte la richiesta di avere a disposizione tutti gli elementi per decidere”. Se da un lato sindacati e associazioni imprenditoriali si sono mobilitati con assemblee informative nelle grandi aziende, dall’altro si registra “con preoccupazione – spiegano i sindacati – la difficoltà a svolgere la medesima attività informativa verso i lavoratori delle piccole e medie imprese, con particolare riferimento a quelle al di sotto dei cinquanta dipendenti”. Ciò, secondo Cgil, Cisl e Uil, “non deriva tanto dalla minor presenza organizzata del sindacato all’interno delle imprese, ma piuttosto da una vera e propria azione di ‘dissuasione’ che i datori di lavoro esercitano verso i lavoratori affinché lascino il loro Tfr in azienda. Pare quasi – spiegano i sindacati – che quella agevolazione che il governo ha riconosciuto alle piccole imprese esonerandole dall’obbligo di versare al fondo della Tesoreria, tramite Inps, il Tfr non destinato alla previdenza complementare venga interpretata dalle imprese medesime come titolarità assoluta di disporre del Tfr, a prescindere dalla utilità che i lavoratori potrebbero trarne destinandolo in tutto o in parte alla previdenza complementare”. “Altrettanto grave e preoccupante – proseguono i sindacati – è la modalità con la quale banche e assicurazioni si rivolgono ai lavoratori per intercettare il loro Tfr, trattato come un risparmio finanziario, anziché come un elemento retributivo fondamentale di natura previdenziale”. “Nelle piccole imprese – spiegano – ciò avviene, spesso, con la disponibilità del datore di lavoro, al quale vengono offerti vantaggi finanziari legati alla sua attività o modalità di accesso al credito più vantaggiose di quelle di mercato, senza peraltro contestualmente rendere trasparenti ai lavoratori le condizioni contrattuali e i costi diretti e indiretti dei diversi prodotti. Ciò contribuisce a creare un clima che rischia di ostacolare le adesioni alle forme pensionistiche complementari di natura negoziale, privando i lavoratori delle prerogative e dei vantaggi messi a disposizione dalla contrattazione collettiva”.