Economia

Pensioni: scopri gli aumenti dal 2023 grazie alla rivalutazione

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Pensioni più alte dal 2023 per effetto della rivalutazione come certifica l’Inps con la circolare n. 15 del 2022 che, come ogni anno, fissa i minimali e massimali utili per il calcolo delle contribuzioni dovute ai fini previdenziali e assistenziali.

Nel 2023 in particolare si prevede la rivalutazione delle pensioni ad un tasso dell’1,9% dall’attuale 1,7%. Sulla base di ciò, l’Inps precisa anno prossimo le pensioni dovranno essere adeguate corrispondendo anche gli arretrati maturati nel 2022. Su questo incremento, peraltro, si aggiungerà anche il tasso ISTAT previsionale registrato per l’anno corrente diffuso a fine novembre.
A conti fatti una pensione di 2.000€ al mese riceverà dal 1° gennaio 2023 adeguamento di 4 euro lordi al mese e circa 50 euro lordi di arretrati come calcola PensioniOggi.it.

Rivalutazione pensioni: cosa significa

La rivalutazione delle pensioni è un meccanismo attraverso il quale l’importo delle prestazioni sociali, come la pensione appunto, viene adeguato all’aumento del costo della vita, secondo i dati pubblicati dall’Istat. Si parla di rivalutazione o perequazione, termine che identifica la rivalutazione dell’importo pensionistico legato all’inflazione. In pratica come riporta il sito PensioniOggi.it, si tratta di un meccanismo attraverso il quale l’importo delle prestazioni medesime viene adeguato all’aumento del costo della vita come indicati dall’Istat.
Il fine che la legge intende perseguire è quello di proteggere il potere d’acquisto del trattamento previdenziale pensionistico qualsiasi esso sia. In questi ultimi anni le modalità di erogazione della rivalutazione sono state più volte riviste dal legislatore per esigenze endemiche di contenimento della spesa pubblica sino a generare molta confusione.

La rivalutazione tocca anche le pensioni di reversibilità che per effetto della novità subiranno un aumento di qualche decina di euro. In merito alla pensione di reversibilità si ricorda l’ultima novità sancita da una sentenza della Corte Costituzionale (n.88 del 2022) secondo cui la pensione di reversibilità  spetta anche agli eredi maggiorenni inabili al lavoro a carico del soggetto deceduto e in particolare stabilisce l’illegittimità costituzionale dell’art 38 del DPR 818 1957 nella parte di cui esclude tale ipotesi.