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PAURA DEGLI HACKERS: VERTICE ALLA CASA BIANCA

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Hanno invaso e bloccato i siti più grandi e frequentati al mondo. Hanno fatto tremare per un pomeriggio la borsa di New York con i suoi brillanti titoli tecnologici e ora di loro si occupa anche Bill Clinton in persona che ha convocato per martedì alla Casa Bianca un meeting sul tema.

Loro sono gli Hacker, i pirati dell’informatica, gli abili manovratori dei programmi, gli scassinatori del linguaggio htlm. In genere giovani che giocano, almeno fino ad ora, ad entrare là dove un comune navigatore non può accedere.

Uno di loro era già finito in carcere ed è stato liberato pochi giorni fa, ma non può avvicinarsi ad un computer per due anni. Ma aveva ricattato una società.

Ma chi ha agito nei giorni scorsi non è di quel genere di pirati che in passato sono riusciti a rubare i numeri di carta di credito dei clienti di alcuni siti commerciali. Sono, forse, un fenomeno diverso. Ma tale da aver fatto scattare l’allarme, per tutta una settimana, in quello che è ormai il grande mondo di Internet e dei suoi interessi finanziari.

Non solo i navigatori, che tra l’altro gia’ lo sapevano, ma anche la gente comune ha scoperto che Internet è vulnerabile, a volte poco protetto, e senza una legislazione precisa per quanto riguarda la sicurezza. Un fenomeno che ha conquistato le prime pagine dei quotidiani. Ma non a caso.

Il motivo è che mai come in questi ultimi giorni l’interesse degli investitori di borsa era puntato proprio sui titoli legati al mondo di Internet. Non solo. I siti americani bloccati dagli hackers erano quelli più interessanti da un punto di vista azionistico: Yahoo.com; ebay; e-buy ; cnn.com; Amazon.

E’ per questa ragione che dopo un primo momento di sgomento e di grido d’allarme, anche i singoli risparmiatori hanno incominciato a vendere i titoli di quelle aziende che tanto li avevano fatti felici per i rapidi e alti guadagni. Un passa parola che velocemente ha fatto il giro del mondo al grido di: “vendere subito”. Se quelle società non sono più sicure anche il titolo non lo è hanno pensato chi possedeva quelle azioni.

E anche questa volta non è un caso che il giorno dopo, giovedì scorso, c’e’ stato un balzo positivo dei titoli legati alla produzione di software in grado di proteggere il commercio elettronico dagli hackers. Proprio come durante la guerra del Golfo crescevano le azioni della Raytheon, la casa produttrice dei missili anti missile Patriot.

E così Verisign, ISS Group, Axent, McAfee hanno tutti messo a segno rialzi superiori al 6% in una sola seduta di Wall Street.
E solo dopo c’e’ stato il recupero dei titoli legati al commercio elettronico.

E dopo che anche il Presidente Americano si è chiesto “cosa possiamo fare?”, e ha convocato una riunione per discutere la materia, e gli otto paesi più industrializzati hanno deciso di dedicare a maggio un G8 alla materia, il gioco dei pirati dell’informatica diventa un possibile incubo per il mondo nuovo del Web.

Anche al Pentagono è scattato l’allarme rosso. IL sospetto e’ che l’arrembaggio a Internet possa essere scattato da un “computer geek” (genialoide informatico) proprio del massimo sistema della difesa americano. O che i computer militari siano stati penetrati e utilizzati come specchio riflettente da pirati esterni.

Una prima risposta è arrivata domenica grazie alle fitte indagini dell’FBI.

L’assalto è partito dalla Germania. Un piccolo gruppo di Hackers guidati da un tranquillo personaggio che la sera diventa un pirata: nome in codice Mixter.

Grazie ad un programma chiamato “Stacheldracht” (Filo spintao) i sabotatori hanno inviato il programma killer verso i computer americani, in particolare quelli delle Università di Santa Barbara e Stanford che sono stati usati come ripetitori per bloccare i siti.

Ma il programmatore autore del sistema si è fatto vivo ammettendo di essere stato lui a creare “filo spinato”, ma di non essere responsabile degli attacchi. Anzi, ha spiegato di aver creato il programma proprio per dimostrare la vulnerabilità dei siti: motivo per il quale ha anche trovato il modo per bloccare la sua stessa invenzione.

Nulla è certo al momento. La polizia tedesca è al lavoro. Ma dagli Stati Uniti indiscrezioni di stampa ritengono che per siti come Yahoo gli autori del blocco potrebbero essere noti pirati: uno americano e uno canadese, e chissà che non siano in contatto con quelli o quello tedesco.

Per prevenire danni ancora più seri è stato comunque disposto un attento controllo sugli oltre 7600 sistemi di supercomputer militari americani. Non bisogna infatti scordare che il Web è nato proprio grazie agli studi e alle necessità della Difesa statunitense.

La dimostrazione è l’uso che della pirateria informatica è stato recentemente fatto dalla Cia che mise in atto una guerra informatica contro la Yugoslavia di Slobodan Milosevic durante la guerra in Kosovo. E per farlo si fecero aiutare proprio da alcuni Hackers.

Almeno questo tipo di pirati non sono dunque del tutto anonimi e sconosciuti. Hanno addirittura un loro convegno annuale e i loro siti. Molti vengono ricercati e “comprati” a suon di bigliettoni verdi proprio dalle più grandi società informatiche.

Ma gli hackers, diciamo “ufficiali”, hanno fatto sapere che i sabotatori non sono stati loro. E contrattaccano.

Dalle pagine di 2600.com sostengono che forse sono stati i comunisti, forse le stesse compagnie commerciali colpite ad aver bloccato i siti come Yahoo. Oppure, ipotizzano, potrebbe essere opera di qualcuno che ha perso i risparmi di una vita nel commercio elettronico.

Insomma alla loro specializzazione di “abili ragazzacci della tastiera” ci tengono. Ma allora, cosa è successo la scorsa settimana? Per ora non lo si sa con certezza, ma tre fatti sono sicuri. Il primo è che ora è partita a livello planetario una più seria campagna per modificare e ampliare i sistemi di sicurezza di Internet. Che però deve la sua fortuna al fatto di essere un sistema aperto.

Il secondo è che l’Fbi ha verificato che almeno una parte dell’attacco, quella alla CNN, sia partito da un computer dell’Università di Santa Barbara, California.

Il terzo fatto ce lo spiegano alcuni esperti secondo i quali l’attacco è stato fatto grazie a “daemons” -demoni- un programma che permette di concentrare miliardi di richieste di collegamento a un computer nello spazio di pochi secondi. In pratica riproduce in pochi istanti il traffico che un grande computer, un server, è predisposto a ricevere nell’arco di un mese.

Alla fine però il blocco è durato solo poche ore, anche se è arrivato fino a Yahoo Germania, ma ha fatto conoscere a molti non solo un problema, ma anche dei siti commerciali. E la pubblicità, si sa, è l’anima proprio del commercio.

Ma il pericolo, per la stessa natura del Web, è planetario.

Ora i sospetti arrivano fino in Cina. E in Giappone c’è già chi avverte che sta partendo una guerra commerciale via Internet.