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Il mondo intero si ferma per rendere omaggio a Papa Francesco, scomparso lunedì mattina all’età di 88 anni a causa di un ictus cerebrale. Il Pontefice, primo gesuita e primo Papa proveniente dall’America Latina, ha segnato un’epoca nella storia della Chiesa cattolica, cercando di avvicinare il Vaticano ai più fragili, ai poveri e agli esclusi.
Papa Francesco non era solo il capo spirituale di oltre un miliardo di cattolici nel mondo, ma anche il capo di Stato della Città del Vaticano, il più piccolo Stato sovrano del pianeta. Un microcosmo che però custodisce enormi responsabilità: legislative, giudiziarie ed esecutive.
Con la sua morte, si chiude un capitolo importante anche dal punto di vista finanziario.
Papa Francesco: le sfide economiche del Vaticano
Ma il vuoto lasciato dal Papa si estende anche sul piano economico. Negli ultimi anni, il Vaticano ha attraversato una fase finanziaria complessa. Secondo stime interne, il deficit operativo nel 2023 avrebbe superato i 90 milioni di dollari. E Papa Francesco, già a novembre, aveva lanciato l’allarme sul fondo pensionistico vaticano, parlando di “grave squilibrio prospettico” che rischia di peggiorare se non si interviene.
Il Vaticano, attraverso la Santa Sede, non pubblica bilanci dettagliati, ma secondo la CIA World Factbook, nel 2013 le entrate pontificie erano attorno ai 315 milioni di dollari, contro spese pari a 348 milioni.
Da dove arrivano i soldi del Vaticano?
Le entrate del Vaticano provengono da fonti diversificate. Una parte importante arriva dalla Pence di Pietro, la raccolta di offerte che ogni anno i fedeli inviano direttamente al Papa. Secondo l’American Magazine, i principali donatori sono Stati Uniti, Germania e Italia, con un totale di circa 27 milioni di dollari.
Un’altra fetta significativa deriva dalla gestione delle proprietà immobiliari vaticane, anche se solo il 20% di esse produce effettivamente reddito. Il resto delle risorse arriva da donazioni delle diocesi (circa il 24%) e dai proventi del turismo. Ogni anno, oltre cinque milioni di persone visitano il Vaticano, generando incassi tramite musei, visite guidate, pubblicazioni, francobolli e monete da collezione.
Non manca il contributo dell’Istituto per le Opere di Religione – la cosiddetta “Banca Vaticana” – e del Governatorato, che gestisce i servizi dello Stato vaticano, inclusi i musei.
Un’economia fragile
Nonostante le molteplici entrate, l’economia del Vaticano è estremamente vulnerabile. La forte dipendenza dal turismo e la natura statica degli investimenti – spesso legati ad arte sacra, oro e immobili – rendono le finanze papali sensibili a crisi esterne e a cali di affluenza, come si è visto durante la pandemia.
Ciononostante, la missione sociale della Chiesa resta centrale. Gran parte dei fondi – circa il 63% – è destinata ai servizi interni e all’amministrazione, mentre una quota rilevante sostiene l’ospedale pediatrico Bambino Gesù. Il resto finanzia attività caritative e progetti umanitari nel mondo, in linea con lo spirito che ha sempre animato il pontificato di Francesco.