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Ospedali e Asl al collasso: superticket e code più lunghe

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Roma – Liste d’attesa sempre chilometriche; superticket che mettono in fuga gli assistiti da farmacie, ambulatori specialistici e centri diagnostici; tagli ai posti letto che iniziano a far sentire il loro peso rendendo più complicato ottenere un ricovero.

E poi le solite lamentele su errori medici, poca chiarezza nelle informazioni, lungaggini nelle pratiche per ottenere gli assegni di invalidità. Il tutto moltiplicato per due nelle Regioni in piano di rientro dai deficit sanitari, dove i tagli si fanno più con l’accetta che con il bisturi.

A leggere il 15° rapporto del Pit salute, basato sulle segnalazioni dei cittadini al Tribunale dei diritti del malato (Tdm), sembra non reggere molto lo slogan «non tagli ma lotta agli sprechi» che ha accompagnato le ultime manovre sanitarie, mettendo in cura dimagrante Asl e ospedali per ben 31 miliardi di euro dal 2010 al 2014, come certificato di recente dalla Corte dei Conti.

Nei Pronto soccorso cominciano a scarseggiare medici e ambulanze attrezzate, mentre i quasi 20 mila posti letto tagliati dal 2009 ad oggi fanno compiere un deciso balzo in avanti alle segnalazioni degli assistiti che hanno accusato problemi ad ottenere un ricovero, balzate dal 23,5% dello scorso anno al 28,6%.

Un coro di lamentele al quale fanno riscontro i dati oggettivi, che danno in forte crescita i tempi medi di attesa per ottenere un letto in ospedale, con attese che per le cinque tipologie di ricovero esaminate vanno dagli 8 mesi per un intervento alla tiroide ai 16 per una plastica ricostruttiva.

E la situazione non sembra destinata a migliorare, visto che la legge di stabilità di letti ne sforbicia altri 7389, che il regolamento appena varato dal ministro della Salute, Renato Balduzzi, concentra però sui reparti sottoutilizzati.

Tagli sostenibili, per il Presidente delle Federazione di Asl e ospedali (Fiaso), Giovanni Monchiero, «se ci fossero strutture residenziali e di assistenza sul territorio che invece sono assenti nel 90% del Paese».

Se l’assistenza ospedaliera inizia a zoppicare, quella territoriale resta stabile ma non per medici di famiglia, pediatri e guardie mediche, bocciati dai cittadini perché non li informano e orientano a sufficienza. Un’accusa segnalata dal 16,2% degli assistiti, contro il 12,2 del passato.

I tempi medi per ottenere visite specialistiche, analisi e accertamenti diagnostici, dicono le rilevazioni del Tdm, si allungano. Ma i sudditi di Asl e ospedali sembrano oramai assuefatti alle liste d’attesa, perché le segnalazioni negative paradossalmente diminuiscono. Anche se restano ancora saldamente al primo posto della classifica di quel che non va nella nostra sanità a dieta forzata.

Una rassegnazione che spinge sempre più cittadini nelle braccia del privato per ottenere quel che non riesce ad avere in tempi accettabili nel pubblico, ma che non stimola le Regioni a fare di meglio, visto che il rapporto rileva come diverse di loro siano assolutamente inadempienti nella redazione di un piano di interventi per ridurre i tempi di attesa.

Cure dunque meno accessibili ma almeno più umane, visto che diminuiscono le segnalazioni per incuria, sgarberie o maltrattamenti. Resta invece sempre un’impresa ottenere informazioni e documentazione, in particolare le cartelle cliniche.

Ma alle lamentele sui servizi si aggiungono quelle di chi denuncia di non farcela più ad accollarsi il peso sempre più gravoso dei ticket, che soprattutto nelle Regioni in piano di rientro sono oramai più cari del prezzo da pagare per ottenere, subito, la prestazione dal privato.

Oramai quasi un assistito su due dichiara di avere difficoltà a far fronte alla spesa e questo, per il coordinatore del Tdm, Giuseppe Scaramuzza, «dimostra che fra tagli e piani di rientro i cittadini hanno l’impressione che lo Stato sociale stia diventando sempre più a-sociale a danno e sulla loro pelle».

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