di Matteo Ramenghi (Ubs)  

Mercati azionari, come orientarsi con la volatilità

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L’inizio dell’anno è stato particolarmente complesso per i mercati per via dei timori circa la stretta monetaria della Federal Reserve (Fed), l’incertezza relativa alle attuali tensioni tra Russia e Ucraina, alcuni indicatori economici incerti e i risultati sotto le attese da parte di alcune aziende americane di alto profilo.

La pandemia non arretra, ma l’esperienza accumulata sinora con le varie ondate del coronavirus suggerisce un impatto economico via via decrescente. Il primo trimestre di quest’anno potrebbe essere caratterizzato da un battuta d’arresto nella ripresa ma, con tutta probabilità, sarà solo una fase temporanea. I fattori che caratterizzano questo ciclo economico, dagli investimenti pubblici fino all’aumento della produttività, non sono cambiati.

Le crescenti tensioni tra Russia e Ucraina creano un rischio per i mercati che può essere difficile da quantificare. L’invasione della Crimea nel 2014, per esempio, aveva avuto un impatto modesto sui mercati globali, ma eventuali riflessi sulle forniture di petrolio e gas potrebbero innescare un’ulteriore impennata dei prezzi e ostacolare l’economia globale. Inoltre, le ripercussioni in termini di sanzioni sono ovviamente una fonte di preoccupazione per gli investitori.

Finora i risultati del quarto trimestre dello scorso anno si stanno rivelando solidi: in media gli utili riportati hanno battuto le stime del 5%. Ci aspettiamo che le società quotate continuino a registrare una buona crescita degli utili nonostante i rincari delle materie prime e dell’energia. Tuttavia, l’aumento dei costi di alcune società di ampia capitalizzazione negli Stati Uniti è stato visto come un segnale negativo, anche se spesso si è trattato di problematiche specifiche.

Il principale problema del mercato è la virata delle banche centrali, in particolare della Fed. Per buona parte dell’ultimo decennio, la volatilità di mercato è stata tenuta a bada dalla consapevolezza che le banche centrali erano pronte a intervenire per sostenere l’economia in caso di un indebolimento della congiuntura o di shock esterni.

Il quadro è evidentemente molto diverso oggi perché, a fronte di un’inflazione elevata, le banche centrali sono prevalentemente in ritirata. Sui mercati Il presente rapporto è stato elaborato da UBS Europe SE, Succursale Italia. Vi preghiamo di leggere i commenti di natura legale in coda al documento. obbligazionari, gli investitori hanno scontato un rialzo dei tassi d’interesse a breve termine ma, a fronte di un atteso rallentamento della crescita e dell’inflazione a lungo termine, i tassi per le scadenze più lontane sono rimasti sotto controllo. In altre parole, in proporzione sono saliti soprattutto i rendimenti di breve termine, mentre quelli di lungo termine sono rimasti abbastanza contenuti.

L’entità della correzione del mercato azionario è in linea con quelle registrate durante altri shock dei tassi d’interesse nella storia recente. Dal 2010 si sono verificati sei episodi in cui i rendimenti reali (al netto dell’inflazione) sono saliti di più dello 0,4% in tre mesi. Durante questi periodi l’indice statunitense S&P 500 ha accusato una perdita media del 6,7%, non lontano da quanto osserviamo oggi.

Gli incrementi dei tassi d’interesse sono sempre un fattore che aumenta la volatilità ma, superato lo shock iniziale, non hanno necessariamente un impatto negativo sui mercati azionari. Dal 1983 le azioni sono salite in media del 5% nei tre mesi precedenti il primo rialzo dei tassi della Fed. E, anche se la volatilità può aumentare subito dopo l’avvio di un ciclo di rialzi, gli indici azionari nel passato sono saliti mediamente del 5% nei sei mesi successivi.

Le turbolenze sui mercati portano ad alcuni automatismi, perché la gran parte degli algoritmi che vengono impiegati sui mercati reagisce soprattutto alla volatilità: se questa aumenta diventano venditori (e viceversa), amplificando le oscillazioni.

Nel complesso si sono difesi meglio i mercati emergenti che beneficiano del rialzo dei prezzi delle materie prime e di politiche monetarie in controtendenza; la Cina infatti ha tagliato i tassi, mentre gli Stati Uniti si preparano ad alzarli. Prosegue inoltre la rotazione settoriale: energia e finanza in particolare hanno sovraperformato, mentre tecnologia e beni di consumo hanno sofferto di più, penalizzati dai timori legati all’aumento dei tassi d’interesse e all’impatto dell’elevata inflazione sui margini aziendali e sui consumi.

Mercati, i settori da preferire con la volatilità

La situazione per i mercati rimane quindi fluida e le borse potrebbero continuare a mostrare un’elevata volatilità a breve termine. Per gli investitori che al momento hanno un’allocazione al mercato azionario inferiore a quella alla quale ambiscono nel lungo termine, una fase di volatilità può offrire l’opportunità di incrementare le posizioni strategiche.

È importante ricordare che rimaniamo in un contesto di crescita, che dovrebbe continuare a favorire i settori ciclici con valutazioni più basse. Preferiamo le aree del mercato che non vengono penalizzate dai rialzi dei tassi d’interesse come energia e finanza: entrambi i settori hanno sovraperformato da inizio anno e dovrebbero rimanere relativamente protetti dall’aumento dei tassi d’interesse.

Il settore sanitario è difensivo e beneficia di temi strutturali come l’invecchiamento della popolazione e le nuove opportunità offerte dalla tecnologia. Per queste ragioni resta tra i nostri preferiti.

Il settore tecnologico è visto come il più vulnerabile ai rialzi dei tassi d’interesse. Ma ci sono nicchie (come intelligenza artificiale, big data e cybersecurity) nelle quali alcune società di media capitalizzazione continuano a offrire elevati tassi di crescita e opportunità per gli investitori.

Infine, il prezzo delle opzioni dipende in larga misura dalla volatilità e, quindi, le strategie basate sulla vendita di volatilità beneficiano delle condizioni attuali e possono permettere agli investitori di ottenere rendimenti maggiori.