di Flavio Carpenzano (Capital Group)

Inflazione sotto la lente

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Per valutare l’evoluzione dell’inflazione nei prossimi mesi e anni, è utile passare in rassegna i cicli inflazionistici del passato e il relativo impatto sugli investimenti. In generale, le cause principali dell’inflazione sono state quattro, in alcuni casi sovrapposte:

  1. Crescita eccessiva della massa monetaria – Il denaro in circolazione è di gran lunga superiore ai beni disponibili. La crescita della massa monetaria determina un aumento dei prestiti bancari e quindi un’accelerazione della crescita economica.
  2. Elevati tassi di utilizzo delle risorse – I tassi di utilizzo che superano costantemente l’80% hanno rappresentato in passato una linea di demarcazione approssimativa tra l’aumento e la diminuzione dell’inflazione negli Stati Uniti.
  3. Shock dei prezzi – L’inflazione da costi può essere determinata dai prezzi dell’energia, da altri aumenti dei prezzi dei fattori produttivi, da interruzioni della catena di approvvigionamento o da flessioni valutarie.
  4. Aspettative inflazionistiche – L’inflazione può essere integrata nel sistema economico se i partecipanti iniziano a dare per scontato un aumento costante dei prezzi, di solito mediante aumenti salariali e contratti a lungo termine.

Mentre vi sono sufficienti differenze in termini di cause e contesto di mercato, è difficile trarre conclusioni certe su ciò che potrebbe accadere in futuri periodi di inflazione. L’inflazione è complessa, e le cause e gli effetti sono diversi non solo in ogni singolo episodio, ma anche all’interno dell’episodio stesso.

In generale, esistono due tipologie di inflazione: l‘inflazione vischiosa, che tende a durare più a lungo e riguarda categorie di spesa come salari, spesa per locazioni, assicurazioni e cure mediche; e l’inflazione flessibile, che è più volatile e si applica ad esempio a generi alimentari, energia e automobili, deriva dalla presenza di squilibri fra domanda e offerta.

I prezzi delle materie prime sono aumentati molto più rapidamente negli ultimi mesi, soprattutto a causa del conflitto tra Russia e Ucraina che ha creato un significativo shock negativo a livello di offerta, dato che entrambi i paesi sono grandi esportatori di materie prime. L’aumento dei prezzi di generi alimentari ed energia non solo metterà sotto pressione l’inflazione complessiva ma potrebbe anche portare a disparità a livello d’inflazione, dato che le famiglie a basso reddito sono costrette a destinare una quota maggiore del loro reddito ai beni di prima necessità.

Tuttavia, è importante notare che, diversamente dagli anni Settanta, finora le aspettative inflazionistiche a lungo termine sono rimaste relativamente stabili.  Ad esempio, negli Stati Uniti i mercati prevedono un’inflazione a lungo termine di circa il 2,6%.

L’inflazione negli Usa

Attualmente le principali cause dell’inflazione Usa sono:

  • Gli squilibri tra domanda e offerta risultanti dalle chiusure provocate dalla pandemia, a cui ha fatto seguito una sostenuta ripresa dell’economia.
  • Un eccesso di domanda sul mercato del lavoro che sostiene la crescita dei salari.
  • Un incremento dei canoni di locazione a causa dei bassi livelli degli stock di immobili residenziali e degli immobili in locazione sfitti.
  • L’offerta insufficiente, in particolare per quanto riguarda semiconduttori e microchip, incide sulla produzione di nuove vetture, facendo salire i prezzi di auto nuove e usate.
  • Anche i costi della sanità sono in rialzo.

Inflazione in Europa (esclusa la Gran Bretagna)

In quest’area, le principali cause dell’inflazione sono:

  • Gli squilibri tra domanda e offerta, accentuati dalle strozzature sul fronte dell’offerta.
  • L’aumento dei prezzi dell’energia, amplificato dal conflitto tra Russia e Ucraina, ancora non del tutto assorbito dai consumatori.
  • La crescita dei salari rimane contenuta rispetto agli Stati Uniti e al Regno Unito, anche se i lavoratori stanno finalmente iniziando a percepire pagamenti più elevati.

All’interno dell’Ue, l’inflazione dovrebbe raggiungere il picco nella seconda metà del 2022, anche se un embargo dell’Ue sull’energia russa potrebbe far ritardare ulteriormente il raggiungimento del picco. La Bce ha intensificato l’orientamento aggressivo, in linea con le aspettative del mercato, segnalando l’imminente conclusione degli acquisti netti di asset e il primo rialzo dei tassi del ciclo a luglio, con almeno un altro rialzo in autunno. Cresce l’ansia per l’entità e la portata del superamento del target d’inflazione, mentre aumentano le evidenze di un’ampia pressione inflazionistica e di un balzo delle aspettative di imprese e famiglie. Una recessione protratta è improbabile, ma nei prossimi mesi potrebbero avvenire delle recessioni tecniche in alcuni ambiti dell’economia europea particolarmente sensibili all’aumento dei prezzi energetici, come l’Italia e la Germania. La possibilità che si verifichi una recessione più grave dipende, invece, dall’embargo sull’energia russa. Un embargo totale decreterebbe una notevole recessione in Germania, nell’Ue e anche nei paesi non Ue.

La situazione nei mercati emergenti (Cina esclusa)

Le principali cause dell’inflazione dei mercati emergenti (ME), Cina esclusa, sono:

  • L’aumento dei prezzi dei generi alimentari. Gli alimentari sono la componente più importante nel paniere dell’inflazione di molti paesi emergenti e rappresentano in media circa il 25% del paniere dell’IPC e fino al 50% in paesi come l’India[1]. Tuttavia, alcuni mercati emergenti, soprattutto in America Latina, non sono stati particolarmente colpiti dall’aumento dei prezzi degli alimentari a livello globale; gran parte della loro produzione alimentare avviene a livello locale e, in alcuni casi, questi paesi sono meno dipendenti da grano e cereali.
  • L’impatto dell’aumento dei prezzi dell’energia è ancora più disomogeneo. Per la maggior parte, i paesi emergenti sono importatori netti di petrolio e i più importanti sono Ucraina, Ungheria, Sudafrica, India e Polonia. I principali beneficiari dell’aumento delle quotazioni petrolifere sono invece Russia, Venezuela e Ghana.
  • Gli effetti della transizione dalla debolezza valutaria all’inflazione, soprattutto per i paesi che sono grandi importatori.

L’inflazione core dei ME è cresciuta meno di quella statunitense, in quanto le banche centrali dei ME sono intervenute più proattivamente rispetto a quelle dei mercati sviluppati sul fronte dei tassi, con la maggior parte che ha iniziato ad aumentare i tassi già nel 2021. Il fatto che questi mercati non debbano interrompere alcun quantitative easing dovrebbe contribuire a tenere a freno la domanda interna, anche se la forza del dollaro Usa è motivo di preoccupazione. Nei ME si riscontrano nette differenze regionali: molti paesi asiatici devono ancora effettuare dei rialzi poiché l’inflazione è rimasta sotto controllo, le economie dell’Europa centrale e orientale hanno effettuato dei rialzi anche se i tassi reali sono ancora negativi e l’America Latina ha già anticipato il ciclo.

Conclusioni

Gli indicatori di utilizzo delle risorse, tra cui in particolare il costo unitario della manodopera, possono darci indicazioni ragionevolmente affidabili in merito all’andamento dell’inflazione intorno al prossimo anno; al di là di questo, però, l’inflazione è più difficile da prevedere sulla scia di una maggiore incertezza e una più ampia possibilità di eventi inaspettati che potrebbero influenzare l’aumento dei prezzi. Molto dipende dalla volontà delle banche centrali di riportare l’inflazione vicino al target.

Dato che il raggiungimento di questo obiettivo potrebbe comportare turbolenze economiche, è possibile che le banche centrali capitolino, lasciandoci alle prese con un’inflazione superiore all’obiettivo nel medio/lungo periodo. Pur confermando il proprio impegno a contenere l’inflazione, le banche centrali potrebbero comunque concludere che fattori strutturali, tra cui la crescente polarizzazione geopolitica che incide sulle relazioni commerciali e sulle catene di approvvigionamento, impediscono di riportare l’inflazione verso l’obiettivo a meno di imporre un costo inaccettabile all’economia; è evidente che la soluzione sarà semplicemente spostare più in alto l’obiettivo di inflazione.