09:16 mercoledì 5 Gennaio 2022

Petrolio: Opec + continua a non temere Omicron ma il timore ora è per il ‘Reset’ da $4,6 miliardi

Petrolio poco mosso dopo la decisione dell’Opec + – che avrà probabilmente turbato di nuovo il presidente americano Joe Biden -. Non si registra al momento alcuna scossa in vista di quello che sarà il grande ‘reset’ de due principali indici al mondo delle commodities, ovvero lo S&P GSCI Index e il Bloomberg Commodities Index.

Così come anticipato dal consensus degli analisti l’Opec +, l’alleanza tra paesi Opec e non Opec, ha confermato per il mese di febbraio la strategia lanciata ad agosto, che l’ha portata ogni mese ad alzare il target dell’offerta di 400.000 barili al giorno.

La mossa conferma la convinzione, da parte dei paesi produttori di oil, che l’impatto di Omicron sulla domanda globale di petrolio avrà breve durata, e che in generale la domanda di crude rimarrà sostenuta, grazie alla crescita economica in corso. L’Opec + aveva già fatto orecchie da mercante all’appello di Joe Biden di aumentare la produzione per frenare la corsa dei prezzi e in un’intervista rilasciata alla CNBC prima dell’annuncio ufficiale dell’alleanza, Herman Wang, managing editor della divisione Opec e di notizie sul Medio Oriente di S&P Global Platts aveva fatto notare che “i prezzi del petrolio stanno tuttora oscillando attorno a $80 al barile, un prezzo probabilmente più alto di quello che (il presidente americano) Biden desidera“.

I prezzi del petrolio, che nel 2021 sono balzati di oltre il 50% riflettendo la fiducia degli investitori negli effetti bullish del reopening dell’economia post Covid, oggi sono poco mossi, lievemente negativi. Incide la pubblicazione dei dati dell’API American Petroleum Institute che, nella giornata di ieri ha riportato che, nella settimana terminata il 31 dicembre, le scorte di benzina sono salite negli Stati Uniti di 7,1 milioni di barili, a fronte di un balzo di 4,4 milioni di barili delle scorte di distillati (che includono il combustibile da riscaldamento). Vandana Hari, fondatrice di Vanda Insights, società che stila analisi sul mercato petrolifero, ha commentato il dietrofront dei prezzi facendo notare che “due sessioni consecutive di forti rialzi hanno portato il crude in un territorio di ipercomprato”.

Secondo Hari, il sentiment di mercato continuerà a oscillare.

Da segnalare che, nelle Dieci sorprese top del 2022 per i mercati presentate nelle ultime ore, Byron R. Wien e Joe Zidle, rispettivamente vice presidente e responsabile strategist degli investimenti della divisione di Private Wealth Solutions Group di Blackstone, hanno parlato anche di petrolio. A loro avviso, “sebbene i principali paesi produttori di petrolio arriveranno alla conclusione secondo cui gli elevati prezzi dell’oil accelereranno la realizzazione dei programmi di energia alternativa, consentendo ai produttori americani di gas di scisto di tornare a essere redditizi, i loro aumenti di produzione non saranno sufficienti a soddisfare la domanda”. Per Byron Wien i “prezzi del petrolio WTI creeranno scompiglio nelle curve forward e tra gli analisti, quando saliranno al di sopra dei $100 al barile”.

Allo stesso tempo, occhio all’articolo di Bloomberg, che avverte che il mercato americano sarà colpito da una forte ondata di sell off, in quanto i due principali indici al mondo delle commodities, ovvero lo S&P GSCI Index e il Bloomberg Commodities Index -saranno sottoposti a un ‘reset’ che scatenerà forti vendite sui contratti futures.

Non si tratta certo di un reset straordinario, in quanto il fenomeno si verifica ogni anno, puntualmente nel mese di gennaio, provocando flussi di investimenti in entrata e in uscita. Questi flussi interessano di norma un arco temporale di cinque giorni (per ogni indice), con il primo che cade di solito il quinto giorno lavorativo del primo mese dell’anno.

Gli analisti di Société Générale hanno detto di prevedere già in una nota di novembre che, per il contratto WTI scambiato a New York, il grande reset si tradurrà  l’implicazione sarà che gli investimenti che replicano entrambi gli indici potrebbero essere pronti a ritirare dal mercato contratti futures che interessano quasi 60 milioni di barili, per un valore corrispondente in dollari che la banca francese stima fino a $4,6 miliardi di sell off.

Citigroup prevede invece, in base a un rapporto di dicembre, che gli smobilizzi saranno pari a circa $3,1 miliardi. Al momento nessun panico sui mercati, con il contratto WTI poco mosso attorno a $76,96 al barile e il Brent inchiodato attorno alla soglia di $80 al barile.

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