Petrolio, fine della corsa: Opec e Russia annunciano tagli ma estraggono di più
Sfuma sui mercati energetici l’euforia suscitata dall’accordo stretto tra Opec e Russia per un taglio ai livelli di produzione di petrolio. Dopo il balzo di oltre il +15% dei giorni scorsi, iniziato con l’intesa stretta mercoledì scorso a Vienna dal cartello dei maggiori produttori della materia prima, i prezzi del greggio Usa hanno ritracciato, complici anche fisiologici prese di profitto, scendendo dai massimi di 16 mesi.
A influire è anche il fatto, riferiscono i gestori, che Opec e Russia, nonostante abbiano promesso tagli concordati alla quantità barili prodotti, intanto estraggono più petrolio di prima. Un sondaggio condotto da Bloomberg ha infatti mostrato che i grandi paesi esportatori dell’oro nero a novembre hanno prodotto petrolio a livelli record (34,16 milioni di barili al giorno per l’Opec). Quanto alla Russia, i barili prodotti continuano ad aggiornare i massimi dell’era post sovietica mentre i funzionari statali vanno dicendo che i tagli saranno implementati gradualmente.
Il cartello si riunisce sabato per provare a convincere i paesi che non fanno parte dell’Opec a tagliare a loro volta la produzione. Sul mercato il contratto Wti sul petrolio cede l’1,7% a New York. Ieri aveva chiuso in calo del 2% circa a 50,93 dollari. Il future analogo sul Brent quota 53,93 dollari. Sono comunque livelli di prezzo decenti, tuttora in grado incoraggiare le trivellazioni da parte dei produttori di petrolio di scisto.
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L’oro ha raggiunto un nuovo record storico a marzo, chiudendo a 2.254,80 dollari l’oncia, con un incremento complessivo del 9% nel mese, il maggiore dal luglio 2020. Questo aumento è stato influenzato dalle previsioni di taglio dei tassi della Federal Reserve.
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