Mercati

Natixis IM: la seconda ondata?

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a cura di Esty Dwek, head of global market strategy di Natixis IM Solutions

Seconda ondata

Uno dei maggiori timori sui mercati è una seconda ondata di Covid e in particolare un secondo lockdown, che bloccherebbe nuovamente l’attività economica zavorrando la ripresa. Dal nostro punto di vista lo riteniamo improbabile, almeno per il momento.

Il ritorno del rischio geopolitico

I rischi geopolitici sono tornati alla ribalta, a partire dall’aumento delle tensioni tra Stati Uniti e Cina, innescate dal rimpallarsi le responsabilità per quanto riguarda la pandemia e dalla legge sulla sicurezza nazionale per Hong Kong, ma hanno rapidamente travasato sul fronte commerciale. Mentre queste tensioni è probabile rimangano sotto traccia fino alle presidenziali, in particolare con Biden che cerca di guadagnare terreno su Trump, crediamo che continueremo a vedere più parole che fatti.

L’economia statunitense è fragile e aggiungere tariffe o mettere a repentaglio il rally non ha molto senso prima di novembre. Un atteggiamento intransigente nei confronti della Cina può far guadagnare voti, ma comporta rischi. Man mano che ci avviciniamo a novembre, le presidenziali occuperanno sempre più le prime pagine dei giornali e gli investitori dovranno valutare quale candidato si mostrerà più market-friendly.

A nostro avviso, nel periodo che precede le elezioni, è lecito aspettarsi maggiore volatilità, soprattutto perché i sondaggi si sono dimostrati piuttosto inaffidabili negli ultimi tempi, ma non dovrebbe portare a un forte sell-off. Infine, sullo sfondo, le relazioni commerciali post-Brexit tra Europa e Regno Unito sono ancora da risolvere.
A poche settimane di distanza dal termine per prorogare il periodo di transizione oltre il dicembre 2020 – ed è improbabile che il Regno Unito chieda una proroga – il rischio di hard Brexit probabilmente rimarrà in piedi. Non escludiamo un accordo commerciale completo entro la fine dell’anno, ma è probabile che ci siano abbastanza accordi su aree strategiche per consentire l’avvio delle attività post Brexit e per negoziare un accordo più ampio.

Danni e conseguenze sconosciuti

Dopo la crisi, si prevede un aumento dei fallimenti e, anche alla riapertura, non sappiamo quante imprese si dimostreranno ancora convenienti con le misure di distanziamento sociale in corso.
Il primo rischio riguarda i consumi, in quanto il persistere di un alto tasso di disoccupazione potrebbe portare a un calo dei consumi, anche se non sottovaluteremmo mai il consumatore statunitense e le prime indicazioni sono che la spesa riprenderà man mano che torneremo alla normalità. L’effetto di ricaduta dei fallimenti sui mercati del debito deve essere monitorato, poiché si prevede che le inadempienze raggiungeranno quasi il 10% nel segmento dell’High Yield statunitense.

Riteniamo che le Banche centrali si adopereranno per evitare i peggiori scenari legati ai mercati del credito, ma rimaniamo comunque più cauti guardando all’High Yield, dato che i rischi permangono.
Naturalmente si possono trovare opportunità in maniera selettiva, ma un’allocazione più ampia appare in questo momento rischiosa. Più avanti ci sarà il rischio dibolle”, dato che le valutazioni sono aumentate notevolmente con il rimbalzo di mercato, alcune regioni hanno raggiunto i massimi su base storica e i flussi continueranno probabilmente a crescere, data la quantità di liquidità iniettata dalle Banche centrali a livello globale.

Dato che le “bolle” sono state una preoccupazione delle Banche centrali nel passato, ci chiediamo se le vedremo intraprendere una qualche azione volta ad evitarne di nuove nell’attuale contesto. Powell ha escluso con decisione una preoccupazione della FED al riguardo e continua a concentrarsi su un tasso di disoccupazione costantemente elevato.
La liquidità illimitata sta anche facendo crescere I timori legati all’inflazione, ma molto dello stimolo fino a questo momento è stato rappresentato da una forma di sollievo o di “sostituzione” del reddito mentre la velocità del denaro rimane bassa, suggerendo per il momento poche pressioni inflazionistiche.
La perdita di produttività dovuta a nuove misure di sicurezza potrebbe portare a maggiori costi per i consumatori e il rimpatrio di industrie strategiche potrebbe anche aprire le porte ad un incremento dell’inflazione a lungo termine, ma nessuno di questi due fenomeni sembra possa manifestarsi nel breve termine.

Rischio di delusione

Il rischio che ci preoccupa di più è il cosiddetto rischio di delusione. Infatti, i mercati hanno il prezzo per una perfetta ripresa a V che difficilmente si materializzerà senza qualche interruzione. Mentre ci avviciniamo ai dati del secondo trimestre e alla stagione delle trimestrali, c’è il rischio che i dati appaiano deludenti.
Finora, in particolare negli Stati Uniti, i dati hanno sorpreso al rialzo, portando gli indici di sorpresa economica a livelli record, ma con la riapertura dell’economia e l’aumento delle aspettative, i dati potrebbero non essere abbastanza solidi da sostenere le attuali aspettative di mercato. Senza dubbio la ripresa sarà scaglionata e graduale, e ci vorrà molto tempo per tornare ai livelli pre-crisi, ma la maggior parte delle principali economie sembra essere sulla buona strada.