ROMA (WSI) – “Prima attiviamo l’articolo 90 e poi si va alle urne, perché bisogna parlamentarizzare questa crisi”. Così ieri sera Luigi Di Maio al telefono con Fabio Fazio.
Se andiamo al voto e vinciamo poi torniamo al Quirinale e ci dicono che non possiamo andare al governo. Per questo dico che bisogna mettere in Stato di accusa il Presidente. Bisogna parlamentarizzare tutto anche per evitare reazioni della popolazione.
Così Di Maio che parla così di impecheament per il capo dello Stato. Il tutto è partito dal nome di Paolo Savona, economista euroscettico e famoso per aver proposto un piano B per l’uscita dell’Italia dall’euro, come prossimo titolare del ministero dell’economia. Un nome che a Sergio Mattarella non è andato giù. Da qui la rinuncia del professor Giuseppe Conte all’incarico per formare il nuovo governo gialloverde e all’apertura di una crisi istituzionale senza precedenti.
E’ doveroso ricordare come la nostra Costituzione prevede che Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri. Nel suo discorso, Mattarella ha detto che al momento della nomina di Conte aveva fatto presente, sia ai rappresentanti dei due partiti, sia al presidente incaricato, senza ricevere obiezioni, che, per alcuni ministeri, avrei esercitato un’attenzione particolarmente alta sulle scelte da compiere.
Al posto di Paolo Savona al dicastero di via XX Settembre, Mattarella aveva proposto un autorevole esponente politico della maggioranza, coerente con l’accordo di programma – riferendosi probabilmente a Giancarlo Giorgetti della Lega, braccio destro di Salvini. Ma dal Carroccio è arrivato il vero assoluto e il governo Lega-M5S è andato a farsi benedire.
Di Maio e Giorgia Meloni hanno avanzato la proposta di attivare l’articolo della Costituzionale, l’impeachment o più propriamente la procedura di messa in stato di accusa del Presidente della Repubblica. Cosa prevede la norma?
Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri”.
L’ammissibilità della messa in stato d’accusa del Capo dello Stato, in Italia è una prerogativa esclusiva del Parlamento, mentre una eventuale sentenza in merito spetta alla Corte costituzionale, con una composizione diversa da quella consueta perché ‘integrata’. Non è la prima volta che un Presidente della Repubblica pone un veto alla nomina di un ministro – era successo nel 2014 quando Napolitano non volle come ministro della Giustizia il magistrato Nicola Gratteri più recentemente – e anche con la procedura di impeachmente l’Italia ci andò vicino con Leone e Cossiga ma ora con Mattarella, se dovesse attivarsi l’articolo 90, sarebbe la prima volta che il capo dello Stato potrebbe esser giudicato per alto tradimento o attentato alla Costituzione.