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La truffa del broker suicida di Prati. Indagini puntano verso Genova

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ROMA – Adesso che è esplosa la bomba, sono tantissimi i piccoli e grandi risparmiatori che avevano dato fiducia a Giovanni Paganini Marana, il broker che la mattina del sette settembre scorso si è lanciato dal quinto piano del prestigioso studio professionale dove era appoggiata la sua società fiduciaria, in via Nicotera 7 a Roma.

Leggere l’articolo con le prime news:
Roma, il suicidio di un broker. Nuova truffa da 80 milioni

L’inchiesta sta muovendo i primi passi, e ieri il pm Francesco Dall’Olio ha ricevuto alcuni avvocati che hanno preannunciato il deposito di nuove denunce per conto di una ventina di clienti truffati. E altre ne seguiranno nei prossimi giorni. Intanto, il dirigente del commissariato Prati, Bruno Failla, sta terminando le indagini sulla vita privata della vittima, per escludere definitivamente la pista del suicidio provocato da una momentanea crisi coniugale. La pista privilegiata rimane quella della istigazione al suicidio e ben presto l’inchiesta potrebbe puntare con decisione a Genova, dove ha sede la società di intermediazione mobiliare Abbacus, alla quale Paganini girava le somme milionarie che rastrellava a Roma, anche tra i clienti dello studio professionale Chiaron Casoni, uno dei più blasonati di Roma, che cura gli interessi di esponenti dell’imprenditoria romana, del mondo dello spettacolo e dello sport, oltre che di moltissimi proprietari terrieri.

In quello studio, Giovanni Paganini Marana aveva due stanze che divideva con la ex segretaria, Paola Taccone, poi divenuta anche lei socia della Auditors Italiana. E si era guadagnato negli anni la fiducia illimitata di tutti, a cominiciare dal fondatore dello studio, quel Gian Casoni che fondò la Auditors e lo volle con sè ritagliandogli un ruolo di primo piano nello studio.

«Tutti noi – racconta uno dei soci – gli avevano affidato i risparmi. Credevamo in lui, avevamo fiducia e invece ci siamo trovati tra le vittime di questa gigantesca truffa». Giovanni Paganini Marana ci sapeva fare. Nello studio c’è chi ricorda le sue grandi passioni di cui parlava spesso. Amava stare in compagnia, giocare a golf e raccontare della sua barca a motore, un cabinato Cantieri Estensi, che ormeggiava tra Cala Galera e Genova, sua terra natale. E poi la passione per gli scacchi. «Era bravo a mistificare quello che stava accadendo – continua il commercialista – tanto che quando abbiamo saputo del suicidio e dei soldi spariti è stata una cosa inaspettata». Ma Giovanni Paganini Marana aveva nemici? Chi lo conosce è sicuro: «No». Nemmeno una delle segretarie dello studio ha dubbi in proposito. «Se avesse visto che uomo era», dice con un filo di malinconia.

A via Frisi ai Parioli, nella villa dove il broker viveva, non si muove foglia. Al cancello una donna – molto vicina alla moglie – sta per entrare in casa. Accetta di parlare con discrezione. «Credo che serva molta chiarezza – dice -. Nemmeno noi sapevamo nulla. Dopo un periodo passato fuori casa, almeno due anni, si era riavvicinato alla moglie, le cose sembrava andassero bene e quello che è accaduto ha dell’incredibile». Scuote la testa, volta le spalle incamminandosi verso casa. Ma chi era Giovanni? La donna si volta, spiega che il manager si era posto come un’altra persona, «tutti a casa sono caduti dalle nuvole – conclude – Giovanni? A questo punto nemmeno noi sapevamo chi fosse».

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