
Una settimana prima della nascita di Bufaga, i quattro co-founder erano perfetti sconosciuti.
Serena Mignucci aveva sviluppato un’idea per purificare l’aria montando filtri su veicoli in movimento. L’incontro con Federico Roviglioni, Simone Cingolani e Giuseppe Spinelli è avvenuto in un incubatore di startup a Roma. Nessuno di loro aveva esperienza imprenditoriale, ma erano uniti dal desiderio di “fare qualcosa di concreto”, racconta Mignucci – oggi ceo dell’azienda – così, nei i sei mesi successivi, hanno raccolto 300.000 euro.
Due anni dopo, Mignucci e Roviglioni si sono ritrovati su un volo per New York, pronti a partecipare al Global Startup Program di ITA organizzato da Starta Ventures, azienda americana di venture capital che investe nelle startup.
Nel 2024, l’Environmental Protection Agency ha imposto nuove linee guida per ridurre le emissioni inquinanti e anche Bloomberg stima che gli investimenti globali in ESG arriveranno a 40 trilioni di dollari entro il 2030.
Così, è sembrato il momento perfetto per il sogno americano di Bufaga.
L’azienda offre due prodotti per la filtrazione dell’aria. Il primo è l’Hi-Bufaga, montato sul tetto dei veicoli, che può assorbire oltre 40 grammi di particolato ogni 11.000 chilometri, il doppio delle emissioni di un’auto a benzina. L’E-Bufaga invece è un dispositivo fisso installato in aree inquinate e può purificare fino a 130.000 metri cubi d’aria al giorno, eliminando il 90% delle particelle inquinanti.
“Da un punto di vista ingegneristico, è una soluzione pratica”, dichiara Nickolas Themelis, direttore dell’Earth Engineering Center della Columbia University. Al contrario, Robert Farrauto, professore di ingegneria ambientale, esprime dei dubbi sull’efficienza del sistema per le auto a causa del rischio che “il veicolo subisca una penalizzazione in termini di consumo energetico”.
Dal canto suo Spinelli, cto dell’azienda, assicura che il team sta modificando l’Hi-Bufaga per ridurre l’impatto aerodinamico e il consumo di carburante.
Attualmente Bufaga ha sette contratti attivi in Europa, con installazioni E-Bufaga in varie città, e un progetto pilota di Hi-Bufaga con Enjoy. Negli Stati Uniti però la start up made in Italy dovrà vedersela con la concorrenza; nello specifico di Mann+Hummel e Parker Hannifin. Roviglioni, coo dell’azienda, si mostra fiducioso: “Offriamo soluzioni che non solo rimuovono l’inquinamento, ma monitorano anche i dati in tempo reale. I nostri competitor non possono farlo”.
Se è vero che per Bufaga l’espansione negli Stati Uniti significa ripartire da zero, d’altra parte gli USA offrono maggiori opportunità di finanziamento rispetto all’Europa. “New York, ad esempio, è stata tra le prime città a implementare il monitoraggio della qualità dell’aria sui veicoli”, spiega Mignucci.
Un’opportunità potrebbe arrivare dai taxi di New York. Mignucci vorrebbe sostituire le insegne pubblicitarie sui tetti dei taxi con i filtri Hi-Bufaga e adibirli alla stessa funzione promozionale.
Nonostante le migliori premesse però, l’elezione di Donald Trump guasta le prospettive future: “Se gli investimenti non si orientano verso la sostenibilità, non ne vale la pena”, ha dichiarato Roviglioni, che non è il solo preoccupato per il suo business. Molti esperti del settore condividono le sue perplessità: anche il Wall Street Journal ha segnalato come le aziende di energia pulita stiano vivendo un momento di incertezza. Non a caso, nel suo discorso inaugurale Trump ha dichiarato l’intenzione di “porre fine al Green New Deal” e aumentare la produzione di combustibili fossili.
Nonostante questo Cingolani resta positivo: “Penso ci sarà comunque spazio per la sostenibilità in America…non può essere ignorata”. Di sicuro Mignucci non ha intenzione di arrendersi: “Sarà una sfida, ma la verità sta nel mezzo”.
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Martina Di Licosa
Cresciuta a Roma, vive a New York da 5 anni. Si è laureata in produzione di cinema e televisione alla NYU, ed ha lavorato in grandi organizzazioni mediatiche tra cui NBC, CBS, FOX e Disney. Al momento, sta conseguendo un master in giornalismo, business ed economia alla Columbia University.