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La Legge 194 funziona: diminuiscono gli aborti in Italia

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ROMA – In Italia sono sempre di meno le donne che decidono di porre fine alla propria gravidanza. Dai dati rilasciati oggi dal ministro della Salute Renato Balduzzi sono una conferma del buon funzionamento della legge 194: gli aborti volontari sono in diminuzione di anno in anno. Nel 2011 (ma i dati non sono definitivi) le interruzioni volontarie di gravidanza hanno segnato un -5,6% rispetto all’anno precedente. Rispetto al 1982, l’anno in cui si è registrato il più alto ricorso con circa 234.801 casi, gli aborti sono dimezzati.

“Il valore italiano è tra i piu bassi di quelli osservati nei Paesi industrializzati”, sottolinea il ministro. Solo 7,8 donne su 1000, tra i 15 e i 49 anni, ha deciso di porre fine alla gravidanza nel 2011. Sono soprattutto le giovani donne italiane a ricorrere meno all’aborto rispetto alle coetanee degli altri Paesi occidentali. Per quanto riguarda le minorenni, il tasso di abortività nel 2010 è risultato pari a 4,5 per 1.000 (4,4 Per 1.000 Nel 2009), con valori piu elevati nell’Italia settentrionale e centrale.

“Nel nostro Paese – afferma il ministro Balduzzi – prosegue la tendenza alla diminuzione del numero di aborti, che nella maggioranza dei casi rappresentano l’ultima scelta, essendo stati tentati prima metodi per evitare gravidanze indesiderate”. I risultati, per il ministro, sono legati anche “alla promozione di un maggior ricorso a metodi di procreazione consapevole”.

Intanto il numero di ginecologi obiettori aumenta. Sono oltre otto su dieci i medici specialisti in alcune regioni del sud che dicono no alla pratica dell’interruzione di gravidanza. Il maggiore concentramento si presenta in Molise, Campania e Basilicata. In quest ultima regione si arriva all’85%. Anche per gli anestesisti i valori più elevati si osservano al sud con un massimo di 75% in Molise, in Campania e 78,1% in Sicilia. Al posto più basso della classifica ci sono invece la Toscana e la Valle d’Aosta rispettivamente con il 27,7% e il 26,3%. Per il personale non medico i valori sono più bassi, con un massimo di 86,9% in Sicilia e 79,4% in Calabria.

Secondo il ministero nel 2010 si riscontra “una stabilizzazione generale” dell’obiezione di coscienza tra i ginecologi e gli anestesisti, “dopo un notevole aumento negli ultimi anni”. Per il personale non medico si è osservato invece un ulteriore incremento, con valori che sono passati dal 38,6% nel 2005 al 44,7% nel 2010.

Anche l’uso della pillola Ru486 risulta in crescita. In Italia a ricorrere alla pillola sono per lo più le donne meno giovani, più istruite, in maggior proporzione di cittadinanza italiana e nubili. Il farmaco è stato usato nel 2010 in 3.836 casi – il 3,3% degli aborti- e in 3.404 casi nel primo semestre del 2011. Per il monitoraggio di questa metodologia, il ministero della Salute ha deciso di attivare, per un periodo temporaneo, una specifica raccolta dati con un questionario trimestrale in collaborazione con l’Istituto superiore di Sanità.

“Questi dati – si legge nella relazione del ministro – mostrano che in Italia, è aumentato negli anni il ricorso a questo mezzo, in particolare da quando ne è stata autorizzata la commercializzazione nel luglio 2009.”

Per quanto riguarda le complicazioni legate all’aborto, si è quasi raggiunta l’assenza di problematiche. Nel 96,1% non c’è stata nessuna complicazione immediata – e la necessità di ricorrere per terminare l’intervento all’isterosuzione o alla revisione della cavità uterina nelle donne che avevano avviato la procedura dell’Ivg farmacologica – si è presentata nel 5,9% dei casi. Anche al controllo post dimissione nel 92% dei casi non è stato riscontrato nessun problema. “Questi dati – spiega il ministero – sono simili a quanto rilevato in altri Paesi e a quelli riportati in letteratura”.

In conclusione Balduzzi ribadisce che per promuovere una procreazione responsabile e prevenire l’aborto, “è importante potenziare la rete dei consultori familiari, che costituiscono i servizi di gran lunga più competenti nell’attivazione di reti di sostegno per la maternità, in collaborazione con i servizi sociali dei comuni e con il privato sociale. Specifica attenzione – conclude – dovrà anche essere posta verso i gruppi di donne straniere a maggior rischio di ricorso di aborto con specifici interventi di prevenzione”.

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