Roma – In Italia 2,2 milioni di giovani e’ senza lavoro e non studia. I cosiddetti “Neet” nel 2010 hanno raggiunto quota 23,4%. Lo rileva la Banca d’Italia nel rapporto ‘Economie regionali’. Intanto le famiglie percepiscono che la propria situazione e’ peggiorata nel 43,7% dei casi, secondo l’Istat.
Quasi un ragazzo su quattro tra i 15 e i 29 anni che non fa nulla, significa un quarto di un’intera generazione sprecata a livello produttivo (e arrabbiata a livello sociale). I giovani della classe media sono indignati e protestano in tutto il mondo, perche’ hanno paura di diventare il nuovo “proletariato” del secondo millennio.
I due gruppi si stanno per fondere in un’unica entita’ sociale: il precariato, come scrive Guy Standing nel suo nuovo libro, dove definisce “pericolosa” questo nuovo tipo di classe, in cui “un numero sempre maggiore di persone ha una partecipazione attiva nella societa’ civile e vuole rendersi protagonista dei cambiamenti economici”.
L’unica via d’uscita, sostiene Standing, almeno dal punto di vista delle misure politiche mirate per risolvere il problema – che e’ il vero dramma dell’Italia e di altri paesi indebitati e che stanno subendo un progressivo “invecchiamento” della popolazione – e’ offrire un reddito fisso minimo per tutti i precari, assicurato dallo stato e che puo’ essere ampliato in base ai salari delle varie occupazioni temporanee.
Le politiche neoliberali e i cambiamenti istituzionali in atto stanno producendo una nuova classe che vive in costante stato di precarieta’, strappando contratti a breve termine e senza accumulare contributi per la pensione.
I precari non sono coperti dal sistema di welfare statale, bensi’ dagli aiuti dei genitori – frutto della classe media borghese creatasi durante il boom economico della generazione precedente – e sono sempre piu’ alienati dalla societa’ mainstream.
A differenza dei proletari, i precari non potranno basare la loro unica risorsa sulla prole, tuttavia, perche’ non avranno mai figli, visto che oltre alle tante occupazioni sporadiche, anche le relazioni sono – purtroppo – diventate occasionali.