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Italia dei Valori: Di Pietro sotto processo dopo scandalo rimborsi

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ROMA – Niente congresso straordinario. Neppure un’assemblea nazionale, pure straordinaria. Donadi chiede, propone, incalza. Di Pietro è fermo, tetragono, recalcitra. Del resto l’ufficio di presidenza (dieci membri: mancava solo il sindaco di Palermo, Orlando) è tutto con lui, come un solo uomo. Donadi, almeno lì dentro, è solo e isolato. Di Pietro concede solo un vago «apriremo una fase costituente, supereremo l’Idv, apriremo il partito agli esterni». «Alle elezioni toglierò il nome dal simbolo», annuncia. «Comunque – aggiunge – se il Pd ci vuole, bene, altrimenti andremo da soli. Il 5% lo facciamo». Donadi scuote la testa più volte. Non è convinto. Soprattutto è deluso, amareggiato.

Poi lancia l’affondo, micidiale: «Tonino, ma te l’immagini un dibattito sulla legalità in campagna elettorale in cui un giornalista si alza e ti chiede dei rapporti tra il tuo ex avvocato (Vincenzo Maruccio, consigliere regionale del Lazio per l’Idv, oggi dimissionario perché indagato per peculato in merito ai rimborsi elettorali sottratti al suo stesso gruppo, ndr.) e la ‘ndrangheta?».

Donadi vuole dimostrare a Di Pietro che non solo la sua strada di separazione (forzata) dal Pd è profondamente sbagliata, ma anche che Tonino non può pensare di rilanciare il suo partito e la sua immagine personale, dopo gli ultimi, pesanti, scandali che hanno colpito l’Idv e dopo l’inchiesta-macigno di Report andata in onda domenica scorsa, con il solito tocco di bacchetta magica. Del resto, come ha detto ieri il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, a latere di una seduta straordinaria del consiglio comunale partenopeo davanti a palazzo Chigi per protestare contro i tagli del governo agli enti locali, all’indirizzo proprio di Di Pietro: «La favola delle mele marce non regge più. Se le mele marce sono tante, diventano un frutteto».

Insomma, dentro l’Idv è scoppiata la questione morale, il paradosso è che, stavolta, rischia di ritorcersi contro l’ex pm di Mani pulite e fondatore del partito che, della legalità, aveva fatto la sua bandiera. La differenza, però, tra i due accusatori di Tonino è che le parole di De Magistris sono pubbliche, quelle di Donadi sono private. Sono state pronunciate, appunto, nel corso di una lunga, tesa e a tratti drammatica riunione fiume dell’ufficio di presidenza dell’Idv. E’ durata quasi nove ore e si è tenuta che nella sede nazionale del’Idv, a Santa Maria in Via, dietro la galleria Sordi. Lì i dieci membri dell’ufficio di presidenza (oltre a Di Pietro e Donadi, ne fanno parte Mura, Belisario, Rinaldi, Rota, Costantini, Messina, Zipponi, l’assente Orlando) si sono chiusi a discutere, lontani da occhi indiscreti.

La riunione, formalmente, è stata riaggiornata a oggi, verso le 13, e si sarebbe conclusa – sempre formalmente – in modo interlocutorio con un nulla di fatto, ma il nulla di fatto preannuncia tempesta. All’esterno non trapela nulla. Ufficialmente, il capogruppo non parla, si limita solo a un laconico tweet: «Congresso straordinario per rinnovare e non morire». Anche Di Pietro, quando si presenta nel Transatlantico di Montecitorio per votare, si trincera davanti ai cronisti dietro un mutismo impenetrabile e per lui molto insolito.

La verità è che l’Idv è un partito entrato in piena sofferenza, altro che fibrillazioni. Il risultato in Sicilia è stato disastroso, il sondaggio Ipr-Marketing lo dà fermo al 5%, il Pd non ha nessuna intenzione di aprire l’alleanza dei progressisti all’Idv di Tonino. Potrebbe farlo, invece, a De Magistris e alla sua nascente lista arancione aperta a sindaci, movimenti, società civile.

Lì potrebbero confluire i dipietristi delusi e stanchi della dittatura che, a loro dire, Tonino gli impone. Del resto, fa notare qualcuno, «Letta, il più a destra del Pd, ha detto che con De Magistris lui l’alleanza la farebbe». Nel frattempo, dai territori sale l’ansia e la voglia di recuperare l’alleanza con il Pd e il responsabile Sud Nello Formisano azzarda: «Si può governare anche con l’Udc».

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Roma – “Io non faccio più parte di Idv da quando sono stato eletto sindaco perciò non mi interessa il congresso straordinario, ma penso che Idv debba cambiare”. Così Luigi De Magistris a Montecitorio per incontrare il Presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha risposto ai giornalisti a proposito della crisi interna a Idv.

“Di Pietro è stato un leader che si è opposto al sistema ma ultimamente credo non abbia colto in pieno la sfiducia che si è creata tra i cittadini verso i partiti e neanche l’allarme che anni fa lanciammo sulla questione morale – ricorda il sindaco di Napoli -: non regge più la favola della mela merce se sono tante diventa un frutteto. E mi dispiace perchè penso che Idv abbia ancora delle speranze, ma deve cambiare. Non vanno più i partiti leaderistici retti da una figura carismatica, Di Pietro ha detto spesso che vuole togliere il suo nome dal simbolo, spero che lo faccia”. (TMNEWS)

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