Società

ISRAELE SEMPRE PIU’ FRONTIERA
DELL’ HI-TECH

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(WSI) – Non solo Far East. Chi l’ha detto che l’hi-tech parla solo giapponese o che l’India sola è la nuova frontiera della tecnologia? Il futuro è geograficamente più vicino a noi di quanto non si pensi. Nel Mediterraneo, per la precisione, dove il piccolo ma operoso Stato di Israele sta mettendo nuova benzina nel turbo.

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Del resto, non è una novità che il Paese mediorientale è al primo posto nel mondo per la spesa in ricerca e sviluppo. Secondo il Central bureau of statistics la cifra del 2004 ha raggiunto quota 6 miliardi di dollari: in pratica, il 4,8% del pil. Una percentuale che fa impallidire l’Italia (al 15esimo posto con l’1%) e permette a Israele di superare anche la modernissima Svezia (in seconda posizione con il 4,1%).

Inutile dire che la terra di Giudea inizia a far gola ai mercati. «Dopo tre anni turbolenti, Israele è tornata a crescere a un ritmo annuo del 4-5% – ha detto Roger Abravanel, direttore McKinsey di Milano, in occasione di un convegno promosso dall’associazione Israele.net – Grazie all’avvio di una politica di privatizzazioni, le grandi società pubbliche stanno raggiungendo ottimi livelli di reddittività e rappresentano interessanti opportunità di investimento». Buon per l’Italia, partner privilegiato di Israele: con 1,5 miliardi di dollari di interscambio siamo il terzo Paese esportatore e il quinto importatore.

Il comparto delle tlc rappresenta l’11% di tutto l’export. Nei primi quattro mesi del 2005 gli investimenti italiani in Israele sono saliti del 30%, superando 5 milioni di dollari. Una briciola rispetto al totale. La Banca di Israele stima che per fine anno, gli investimenti esteri possano raggiungere la cifra record di 15 miliardi di dollari (4,05 nei primi quattro mesi). Una sorpresa? Non proprio. Generali per esempio ha iniziato a investire in Israele fin dal 1934, ancora prima della costituzione dello Stato. Ora, come si diceva, è il turno dell’hi-tech con in prima fila aziende del calibro di Alcatel o Pioneer.

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