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Usa-Iran, riassunto e cosa sta succedendo

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Lo scorso 10 settembre il presidente americano, Donald Trump, aveva annunciato l’allontanamento di John Bolton dalla carica di consigliere per la sicurezza nazionale. Allora la notizia fu interpretata come un segnale di allontanamento della Casa Bianca dalle idee più dure e interventiste di Bolton in materia di politica estera, in particolare dalle sue posizioni sull’Iran . E’ stato proprio sotto la carica di Bolton che gli Stati Uniti si sono ritirati dall’accordo sul nucleare iraniano, gettando la Repubblica islamica in una pesante crisi economica e irrigidendo le relazioni fra i due Paesi.

Venerdì 3 gennaio, con l’uccisione del generale Qasem Soleimani, il presidente Trump ha ordinato un atto completamente inatteso e contrario alla politica che ci si poteva attendere dopo il licenziamento di Bolton. Nella notte fra il 7 e l’8 gennaio è arrivata l’annunciata rappresaglia di Teheran, che ha colpito, afferma il Pentagono in una nota ufficiale “almeno due basi irachene che ospitavano militari statunitensi a Al-Assad e Irbil”. Secondo le fonti iraniane l’attacco avrebbe provocato decine di vittime, mentre il Joint Command di Baghdad, che comprende non solo soldati americani, ma anche iracheni e della coalizione internazionale a loro sostegno, ha affermato che “non è stata registrata alcuna perdita”. Al di là delle conseguenze sul piano delle vite umane, l’interrogativo di queste ore gravita intorno alle possibili conseguenze di questo botta e risposta, con la possibilità che il conflitto fra i due Paesi (rivali sullo scacchiere mediorientale) possa innalzare la sua intensità.

Iran contro Usa, i precedenti

Dall’8 maggio 2018, quando l’amministrazione americana ha annunciato il ritiro dall’accordo sul nucleare, la vita in Iran è cambiata profondamente. La reintroduzione delle sanzioni ha portato l’inflazione dall’8% dell’aprile 2018 a un picco del 40,4%, nel luglio di quest’anno. Secondo la Banca mondiale, il Pil dell’Iran cederà quest’anno il 4,9% e un ulteriore 8,7% nel 2020. La crescente pressione economica sul regime islamico, il cui obiettivo sembrerebbe quello di costringere l’Iran ad accettare un nuovo e più restrittivo accordo, ha finora provocato una serie di azioni di forza da parte di Teheran. Il 20 giugno 2019 un drone americano che, secondo le autorità iraniane avrebbe violato lo spazio aereo del Paese, è stato abbattuto sullo stretto di Hormuz. Allora la rappresaglia americana, aveva dichiarato Trump, era stata bloccata all’ultimo minuto, temendo ripercussioni sproporzionate in termini di vite umane. Il 19 luglio l’Iran ha poi deciso il sequestro di una petroliera britannica, in risposta a un analogo blocco inflitto a una nave iraniana a Gibilterra. La petroliera Stena Impero verrà rilasciata dall’Iran solo due mesi più tardi.  Il 14 settembre, un attacco condotto da droni infligge pesanti danni alle raffinerie saudite di Abqaiq e Khurais. Inizialmente rivendicato dai ribelli sciiti Houthi, in aperto conflitto con l’Arabia Saudita in Yemen, l’attacco è stato presto ricondotto all’Iran dagli Usa e, in seguito, da Regno Unito, Francia e Germania. L’indagine delle Nazioni Unite non è riuscita ad appurare se i missili utilizzati nell’attacco fossero di produzione iraniana; il regime, da parte sua, ha sempre negato ogni coinvolgimento. Secondo le forze occidentali, tuttavia, non esistono altre spiegazioni plausibili, in quanto gli Houthi (appoggiati esternamente dall’Iran nel confronto con i sauditi) non disporrebbero dei mezzi necessari a condurre un attacco del genere.

L’uccisione di Soleimani

Qasem Soleimani, leader della Forza Quds (ovvero i corpi di intelligence delle Guardie della rivoluzione iraniana) era da tempo un bersaglio degli Stati Uniti. L’ordine di eliminare il “Comandante Ombra”, come veniva soprannominato Soleimani, è arrivato in seguito alle tensioni e gli attacchi all’ambasciata statunitense a Baghdad (31 dicembre 2019). L’operazione è stata condotta con un drone presso l’aeroporto della capitale irachena il 3 gennaio 2020, e ha coinvolto anche il capo delle Forze di Mobilitazione Popolare sciite irachene Abu Mahdi al-Muhandis. L’azione è stata direttamente commissionata dal presidente americano Donald Trump, chiarendo così che l’interventismo americano nella partita per il contenimento dell’Iran è tutt’altro che concluso. I funerali di Soleimani hanno coinvolto una folla oceanica nella capitale della Repubblica islamica, mentre le autorità iraniane hanno immediatamente avvertito che la “vendetta” non si sarebbe fatta attendere. Trump ha minacciato “reazioni sproporzionate” anche presso luoghi di interesse culturale in caso di rappresaglia iraniana. In seguito all’attacco, il parlamento iracheno ha approvato una mozione che invita il governo a chiedere l’espulsione dei soldati americani sul suolo nazionale.

Il contrattacco dell’Iran

Fra il 7 e l’8 gennaio 20 missili balistici iraniani si sono abbattuti su almeno due basi irachene che ospitano anche soldati americani e della coalizione internazionale che vede impegnate Australia, Regno Unito, Danimarca, Polonia, Svezia e Italia. Anche se alcuni media iraniani come la tv “Fars” riportano la notizia di 80 militari americani uccisi negli attacchi condotti a Al-Assad e Irbil, nessuna autorità militare Usa, o degli altri Paesi potenzialmente coinvolti ha confermato che ci siano state vittime.

Le reazioni Ue

“Gli ultimi attacchi missilistici sulle basi aeree in Iraq utilizzati dagli Stati Uniti e dalle forze della coalizione, tra cui le forze europee, sono ancora un altro esempio di escalation e aumento del confronto”, ha dichiarato il capo della politica estera dell’Unione europea, Josep Borrell, “non è nell’interesse di nessuno aumentare ulteriormente la spirale della violenza”. Il presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha affermato che “l’uso delle armi deve fermarsi ora per dare spazio al dialogo”, aggiungendo, “siamo tutti chiamati a fare tutto il possibile per riaccendere i colloqui”.
Una condanna dell’attacco iraniano è arrivata anche dal ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio: “Seguiamo con particolare preoccupazione gli ultimi sviluppi e condanniamo l’attacco da parte di Teheran. Si tratta di un atto grave che accresce la tensione in un contesto già critico e molto delicato”.