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Ior: le mani della Mafia, da Calvi a oggi

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ROMA (WSI) – Gli scandali più recenti dello Ior (dal sequestro dei 23 milioni di euro che ha portato all’inchiesta penale contro l’allora presidente Ettore Gotti Tedeschi e l’allora direttore generale Paolo Cipriani, fino al blocco dei Bancomat in Vaticano, nel gennaio del 2013, e ai due arresti di monsignor Nunzio Scarano, don 500 euro) sono una conseguenza diretta dello scandalo del vecchio Banco Ambrosiano.

Questa una delle novità contenute nella riedizione aggiornata del libro investigativo di Maria Antonietta Calabrò sul crac Ambrosiano, il libro che agli inizi degli anni Novanta ha riaperto le indagini sulla morte di Roberto Calvi.

In tre gradi di giudizio risulta ormai definitivamente accertato (la sentenza della Cassazione e’ del novembre 2011) che Il banchiere Calvi e’ stato ucciso ( anche se manca la prova della penale responsabilità degli imputati sottoposti a giudizio) e che lo IOR riciclava soldi della mafia.

Lo IOR ha continuato il riciclaggio grazie proprio ai cosiddetti “conti misti a gestione confusa ” attivi dai tempi dell’ Ambrosiano, questi conti , individuati dalla famosa relazione ispettiva della Banca d Italia del 1978 , sono ” sfuggiti ” al processo per bancarotta e sono rimasti attivi fino al 20O9, quando l UIF della Banca d’Italia in base alla nuova normativa antiriciclaggio e contro il finanziamento del terrorismo ( AML/CFT) del GAFI, seguita all’attentato delle Torre Gemelle, ha segnalato l anomalia alla Procura di Roma.

Come l’ entrata in vigore del Trattato di Shengen ha determinato la prima stretta antiriciclaggio in Europa, nel 1991, e l’avvio delle indagini per l’assassinio di Calvi , così l’attentato alle Torri Gemelle di Al Quaeda ha determinato per il Vaticano la stretta di Moneyval, e il blocco dei conti misti a gestione confusa in cui lo IOR operava senza rivelare l’identità dei clienti per cui effettivamente trasferivano i fondi.

La presenza di questi conti era tornata alla luce nel corso del processo per l’omicidio del «banchiere dagli occhi di ghiaccio» (iniziato in Assise a Roma nel 2005) . Durante le udienze era infatti emersa la realta` dei cosiddetti «conti R», almeno sei, che erano «sfuggiti» al processo milanese per bancarotta del vecchio Ambrosiano.

Si trattava di conti dello Ior in lire, su cui figuravano transazioni con clienti esclusivamente italiani. A differenza di quanto avvenuto con i creditori esteri dell’Ambrosia- no (nei cui confronti lo Ior pago` a titolo di risarcimento transattivo, nel 1984, 250 milioni di dollari), i debiti dello Ior in lire vennero pagati per circa 100 milioni di dollari, subito dopo il fallimento della banca di Calvi, in modo che entrassero nelle poste attive di avviamento del Nuovo banco ambrosiano. Questi conti, anche detti «misti» (perche´ sono dello Ior, ma gli amministratori dello Ior vi operavano «in gestione confusa», cioé senza rivelare i nomi dei clienti per cui compivano le operazioni), sono rimasti attivi, sono cioé «sopravvissuti», per quasi trent’anni senza che di essi si parlasse piu`.

L’unica traccia ufficiale della loro esistenza risaliva al 1978, alla famosa Relazione ispettiva della Banca d’ Italia sul vecchio Banco ambrosiano firmata da Giulio Padalino.

Ma nella seconda meta` del primo decennio degli anni Duemila le griglie piu` strette delle normative internazionali li hanno infine messi nel mirino degli investigatori.

Pierluigi Maria Dell’Osso, oggi alla Superprocura antimafia e pubblico ministero nel processo per la bancarotta del Banco ambrosiano (trentatre condanne definitive), a fine luglio del 2013, dopo l’arresto di monsignor Nunzio Scarano, ha dichiarato a «l’Espresso»: «Se si fosse fatto buon governo di quanto avevamo detto, non sarebbe accaduto di nuovo».

Il «quanto avevamo detto» si riferisce pero` soltanto, in sostanza, a quanto riportato nella sua requisitoria scritta a proposito dei cosiddetti «conti interni in lire» tra Ambrosiano e Ior. Il processo milanese per l’insolvenza del Banco ambrosiano, iniziato nel marzo del 1991, infatti, non si occupo` mai dei conti interni, in quanto i pagamenti ai debitori italiani da parte dello Ior avevano avuto luogo al momento della liquidazione del vecchio Istituto.

Il rapporto ispettivo della Banca d’Italia dopo le visite che si svolsero dal 17 aprile 1978 al 17 novembre dello stesso anno, al capitolo «Irregolarita` in materia valutaria – Linea di credito in lire a non residente» annotava: «Il Banco ambrosiano intrattiene intensi rapporti di conto con l’Istituto per le opere di religione sia in lire che in valuta». E proseguiva: «I saldi in lire sono anticipi erogati nell’ambito di una linea di credito concessa dall’ispezionata a Ior […]. L’operazione non e` consentita dalla vigente normativa […]. Ior non puo` intrattenere presso banche italiane conti e depositi in lire interne per cui lo stesso dovra` necessariamente munirsi di autorizzazione».

«Mio padre teneva con se´ sempre aggiornati i saldi di questi depositi di reciprocita` con Ior in Italia» ha confermato Carlo Calvi, il figlio del banchiere, durante il processo per omicidio. «Si trattava di sei conti che gli ho visto spesso esaminare.»

Carlo Calvi ha aggiunto: «Neppure la Commissione mista italovaticana per la composizione dello scandalo si occupo` dei depositi di reciprocita` in lire. Il Vaticano riconobbe immediatamente questi debiti, gia` nei primi giorni di ago- sto del 1982, ma non produsse la relativa “corrispondenza parallela” che si applicava anche in Italia. Non si trattava di ordinari depositi interbancari. Servivano a nascondere all’interno del Vaticano prestiti a terzi e farli apparire come depositi dall’Ambrosiano».

I «lira back to back», cosi` si chiamavano, rivestono ancora oggi particolare rilevanza perche´ sono «rimasti attivi» fino al 2012 e sono all’origine delle piu` recenti istruttorie della magistratura romana e del clamoroso blocco dei bancomat in Vaticano scattato il 1° gennaio 2013.

L’attenzione sulla normativa antiriciclaggio della Santa sede, infatti, si e` rivolta sull’uso cumulativo in favore di clienti terzi dei conti Ior con le banche italiane o di diritto italiano. «Il processo romano per l’omicidio di mio padre non ha colto il legame con il processo milanese per l’insolvenza» ha sottolineato il figlio di Calvi, nella testimonianza riportata nella nuova edizione de Le Mani della mafia.

I conti Ior con banche italiane sono sfuggiti alle indagini fino all’entrata in vigore della Convenzione monetaria tra Santa sede e Unione euro- pea che, come ha sottolineato il Comitato Moneyval del Consiglio d’Europa, attribuisce piu` larga discrezione agli organi di vigilanza.

«Somme ingentissime hanno continuato a transitare in questo modo per destinazioni sconosciute fino al 2009 e questo perche´ si e` consentito allo Ior di rimborsare al vecchio Banco ambrosiano i debiti diretti. Nel processo per l’omicidio di mio padre poche testimonianze hanno portato sui conti Ior con Ambrosiano in Italia e su trent’anni di liquidazioni» ha scritto infine Carlo Calvi, domenica 29 dicembre 2013.

I conti misti a gestione confusa dello Ior – cui fa riferimento Carlo Calvi – hanno giocato un ruolo decisivo nel caso che ha portato all’arresto prima per truffa e poi per riciclaggio di monsignor Nunzio Scarano.

Anzi, e` proprio il gip Dolores Zarone di Salerno a dare la migliore descrizione dei conti misti dello Ior a gestione confusa, nell’ordine di arresto di Scarano del 15 gennaio 2014. Nella nuova edizione de Le Mani della Mafia si pubblicano ampi stralci della ordinanza contro Scarano che illustrano questo meccanismo.

È proprio vero: se si fosse fatto buon governo di quanto emerso nel crac del vecchio Ambrosiano, non sarebbe accaduto di nuovo. (Chiarelettere)

LE MANI DELLA MAFIA di Maria Antonietta Calabrò
Prefazione di Nando dalla Chiesa

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