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C’è un mercato toro in pieno svolgimento, ma pochi sembrano essersene accorti. Il riferimento è all’oro, che ha raggiunto nuovi massimi storici in dollari, pur in assenza di un supporto pieno da parte degli investitori tradizionali. Ned Naylor-Leyland, gestore del Jupiter Gold & Silver Fund, definisce questo fenomeno un “mercato rialzista nascosto”, poiché “il tonnellaggio dell’ETF in oro fisico è del 25% inferiore al picco del 2020”, a dimostrazione del fatto che il rally non è ancora sostenuto da flussi significativi provenienti dagli investitori long-only.
A trainare il prezzo del metallo giallo finora sono stati soprattutto gli hedge fund e i trader attivi sul mercato dei futures, mentre gran parte dei fondi passivi e dei gestori istituzionali è rimasta alla finestra.
“Riteniamo che sia solo questione di tempo prima che chi decide l’allocazione degli asset si riprenda dallo shock dell’estrema volatilità vissuta nel primo trimestre e inizi a prendere in considerazione gli investimenti in oro, argento e aziende minerarie”, afferma Naylor-Leyland in una nota, ricordando che questo è esattamente ciò che hanno fatto le banche centrali più importanti del mondo, che negli ultimi tre anni queste istituzioni hanno aumentato le loro disponibilità.
Oro e argento: dinamiche diverse, stesso potenziale
Se l’oro è già in forte ascesa, l’argento si muove con ritardo — una caratteristica storica del suo comportamento nei cicli di mercato. Naylor-Leyland ricorda che “il prezzo dell’argento è aumentato ma rimane ben al di sotto del massimo storico di 50 dollari l’oncia”, e che anche in questo caso si rileva “una scarsa partecipazione degli investitori long-only”.
L’argento, oltre a essere un metallo monetario, è impiegato in larga misura in ambito industriale, in particolare nelle tecnologie legate alla transizione energetica. Ma la sua offerta non sta tenendo il passo con la domanda. “Prevediamo una possibile contrazione dell’offerta nei prossimi anni”, afferma Naylor-Leyland, sottolineando che le condizioni di mercato potrebbero innescare un’accelerazione dei prezzi.
Le aziende minerarie restano sottovalutate
A beneficiare dell’attuale contesto sono anche le aziende attive nell’estrazione di oro e argento.
“Quando i prezzi dei metalli aumentano, aumenta anche la redditività di chi li estrae”, spiega il gestore, ricordando che oggi molte società del settore presentano margini operativi solidi, distribuiscono dividendi regolari — e in alcuni casi speciali — e si muovono in un mercato in fase di consolidamento.
Nonostante ciò, le valutazioni restano depresse. “La valutazione dei titoli delle aziende aurifere e argentifere non riflette quello che riteniamo essere il loro potenziale di rialzo”, osserva Naylor-Leyland, rimarcando che questi titoli, storicamente più volatili, tendono a reagire con maggiore forza nelle fasi avanzate del ciclo rialzista dell’oro.
Dalla supremazia del dollaro al ritorno dell’oro
Naylor-Leyland spinge l’analisi oltre la semplice dinamica di mercato. A suo giudizio, l’attuale fase riflette un profondo cambio di paradigma globale. “Stiamo assistendo alla fine della globalizzazione, alla fine del sistema del petroldollaro”, afferma, alludendo al modello economico internazionale che ha visto il dollaro e i Treasury statunitensi come principali asset di riserva da oltre mezzo secolo. Oggi, secondo il gestore, “il dollaro si trova in un mercato ribassista strutturale rispetto all’oro”. Il mercato starebbe cioè rivalutando cosa significhi davvero “assenza di rischio” in un contesto segnato da instabilità geopolitica, crescita del debito e multipolarismo economico.
In quest’ottica, l’oro non è più solo un bene rifugio, ma torna a essere una moneta vera e propria: “Non esiste un ‘prezzo dell’oro’, perché l’oro è l’oro, uno strumento contabile che mostra cosa sta accadendo alla valuta locale”.
Il ritorno al potere dell’amministrazione Trump, con una politica economica orientata alla ricostruzione della capacità manifatturiera interna e alla rinuncia del ruolo di “poliziotto globale”, aggiunge ulteriori elementi di instabilità al quadro. “È sempre più diffusa la consapevolezza che il ritmo di crescita del debito pubblico statunitense non è sostenibile”, sottolinea Naylor-Leyland. La combinazione di debito elevato, tensioni geopolitiche e ristrutturazione delle catene di fornitura internazionali potrebbe minare ulteriormente la fiducia nella valuta americana.
Una nuova centralità per l’oro e i metalli monetari
In questo scenario, Naylor-Leyland invita a guardare all’oro non come a un semplice asset decorrelato, ma come a uno strumento centrale in un portafoglio ben diversificato.
“L’oro è denaro reale, non può essere stampato dai governi e dalle banche centrali, mentre l’argento e le aziende minerarie sono i cugini ‘a beta più elevato’ dell’oro”, conclude. Una combinazione di strumenti che, nel suo scenario di riferimento, potrebbe giocare un ruolo chiave nei prossimi anni — specialmente se, come crede, “il vincitore sarà l’oro, non i dollari o i Treasury USA”.