Economia

ICHINO E LA FABBRICA DEI CERTIFICATI FACILI

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(9Colonne) – Roma, 10 apr – Sulla prima pagina del Corriere della Sera Pietro Ichino replica alle proteste degli Ordini dei medici per le accuse contro l’ “inerzia di fronte ai milioni di giornate di malattia di nullafacenti sani come pesci, certificate da medici irresponsabili”. “Non è compito nostro controllare le certificazioni”, obiettano gli Ordini. “Ma in moltissimi casi – scrive il giuslavorista – la malafede del medico è evidentissima. Uno di questi, il più clamoroso per dimensioni, è quello degli 800 certificati di un giorno di malattia rilasciati a Fiumicino il 2 giugno 2003 ad altrettanti assistenti di volo dell’ Alitalia, che intendevano così bloccare i voli senza preavviso, nel corso di una vertenza sindacale”, “ma l’Ordine non mosse un dito”. “Assistiamo tutti i giorni – aggiunge Ichino – a casi in cui la malafede del medico curante è altrettanto evidente; e, anche quando questi vengono denunciati, l’Ordine chiude entrambi gli occhi. E’, per esempio, il caso del medico di una Asl friulana che, il 5 febbraio 2004, certifica una prognosi di 20 giorni per un’ impiegata bancaria, indicando che essa è – quel giorno stesso – reperibile a Santa Fe in Argentina, pur essendo l’assenza imputabile soltanto a un ‘trattamento fisioterapico per artrosi post-traumatica della caviglia’; il 24 giugno successivo identica certificazione, con paziente reperibile sul Mar Morto; per l’Ordine e la Asl, cui la cosa viene denunciata, la certificazione è ‘professionalmente corretta e contrattualmente ineccepibile'”. “L’Ordine non ha mosso un dito neppure nel caso del professor M. di un liceo di Milano – aggiunge Ichino -, denunciato dal Corriere il 16 ottobre scorso, che da anni per centinaia di volte si è fatto certificare infermo regolarmente nelle giornate di lunedì, di venerdì, o di ponte tra due festività, e sempre al paesello natale in Sicilia; o nel caso del sig. A. di Parma, cui il medico certifica per tre volte di seguito 30 giorni di lombosciatalgia, senza disporre alcun accertamento diagnostico, né tanto meno alcuna terapia; o nel caso del sig. D. di Roma, che il giorno stesso in cui gli viene comunicato il trasferimento a un ufficio a lui sgradito è colto da ‘depressione del tono dell’umore’, per la quale il medico di famiglia arriva a prescrivere complessivamente sei mesi di astensione dal lavoro, ma non una visita specialistica, e neppure alcuna cura appropriata”.