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Governo: nella notte riunione di emergenza sull’economia

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ROMA – Il secondo round, annunciato per la settimana prossima, tra Silvio Berlusconi, Umberto Bossi e Giulio Tremonti è stato giocato, a sorpresa, la notte scorsa. Un incontro di oltre tre ore, presente anche Roberto Calderoli, con l’obiettivo di chiarirsi dopo l’incontro di lunedì ad Arcore e rilanciare l’azione di governo.

Il tema centrale dell’incontro è stato lo stesso del vertice di Arcore: dare in breve tempo un segnale di spinta dell’economia, anche con la riduzione delle tasse, pur mantenendo il necessario rigore nei conti pubblici, come richiestoci dall’Europa.

Bocche cucite dei diretti interessati che si sono lasciati a notte fonda con l’intenzione di rivedersi ancora. E’ stato un vertice ristrettissimo ma vero, si sbilancia qualche esponente della maggioranza, nel corso del quale tutti gli interlocutori hanno scoperto le carte. Partendo da questa base, si è ragionato sui possibili interventi valutando i pro e i contro, fissando le regole e il modo di procedere.

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di Francesco Bei – La Repubblica

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ROMA — C’è un tarlo che in questi giorni tiene sveglio Silvio Berlusconi, impegnato in un braccio di ferro con il ministro dell’Economia per arrivare al sospirato taglio delle tasse. Un sospetto che gli è stato soffiato nell’orecchio da alcuni ministri del Pdl, categoria nella quale non abbondano gli amici di Tremonti. Il timore del Cavaliere è che il ministro dell’Economia, certo per tutelare il paese da una tempesta sul debito, certo per ottemperare agli obblighi assunti in sede europea, certo per assicurare un futuro ai risparmi degli italiani, sotto sotto stia anche giocando una sua partita molto personale. «Tremonti vuole andare al Quirinale al posto tuo», gli suggeriscono i suoi uomini. E il premier, stupito dall’ostinazione con cui il ministro si oppone a qualsiasi ipotesi di abbassamento della pressione fiscale, se ne starebbe convincendo davvero.

È l’incubo “Ciampi”, quello che tiene sveglio Berlusconi. Il fantasma di un ministro dell’Economia che salva i conti italiani, si trasforma in un “padre della patria” eviene sospinto con tutti gli onori (e i voti del centrosinistra) sul Colle più alto. Vanificando così ogni sogno del Cavaliere di finire la sua carriera politica entrando nel Pantheon della Repubblica. Con questi pensieri in mente Berlusconi si prepara al duello decisivo con il ministro, che ieri si è fatto forte del richiamo di Bruxelles all’Italia per orientare ogni euro in più alla riduzione del debito pubblico. Senza pensare quindi a tagliare le tasse.

Oggi Berlusconi riunirà lo stato maggiore del Pdl, coordinatori, segretario politico e capigruppo. La Russa: vanno aiutati i nostri ceti di riferimento, militari, autonomi e giovani disoccupati per mettere sul tavolo le richieste da portare al ministro dell’Economia. Lunedì nuovo incontro ad Arcore con Tremonti e Bossi. Si spera quello decisivo. Durante lo scorso ufficio di presidenza del Pdl era stato proprio Tremonti, poco prima dell’inizio della riunione, a chiedere a Berlusconi di non aprire la discussione sulla riforma fiscale.

«Oggi limitiamoci a parlare di politica, ti prego — gli ha chiesto il ministro — e mi impegno a fornirvi qualche utile materiale per impostare la discussione la prossima settimana». Quel materiale non è ancora arrivato e il Pdl non intende più aspettare. «Il problema non è Tremonti — spiega Ignazio La Russa — perché il rigore lo abbiamo accettato tutti. Ma dobbiamo prendere esempio dalla sinistra, che nei momenti di crisi ha sempre avuto un occhio di riguardo peri suoi ceti sociali di riferimento. Si può fare, anche stressando i conti pubblici, perché è necessario dare risposte ai cittadini: partiamo intanto dai militari, dai lavoratori autonomi, dai giovani in cerca di lavoro. La riforma del fisco va bene, ma intanto bisogna fare delle scelte selettive su chi si può aiutare subito».

Anche il Carroccio scalpita per ottenere qualcosa. Ieri il capogruppo a Montecitorio, Marco Reguzzoni, si è preso sottobraccio Niccolò Ghedini, il consigliere del premier, ed entrambi si sono chiusi nella stanza del presidente del Consiglio per telefonare a Berlusconi. Reguzzoni ha annunciato al premier la mozione (poi approvata) che impone a Equitalia di usare la mano leggera con gli evasori che non sono in grado di pagare. Una mozione che il capo del govemo è stato felice di avallare: «Benissimo, avanti così».

Un altro leghista ieri se la prendeva espressamente con Tremonti: «Vuole imporci una manovra da 40 miliardi e non riesce a trovarne dieci per il quoziente famigliare?». Insomma, anchela Lega è scossa dal «mal di tasse» che ne ha decretato la sconfitta elettorale. E reclama una soluzione miracolistica dal ministro dell’Economia. Lo stesso Umberto Bossi, parlando alla Padania, si guarda bene dall’assumere la difesa della linea rigorista. «Sono Berlusconi e Tremonti a dover trovar la quadra», premette il Senatur.

Certo, il leader del Carroccio ammette che «dovremo stare molto attenti, perché non dobbiamo tenere conto solo dell’Europa, contano anche i grandi mercati: Londra, New York…quindi, bisogna essere cauti». E tuttavia, aggiunge perentorio, «alla fine Tremonti dovrà trovare il modo di ridurre un po’ le tasse perle famiglie e per le imprese». Il 19 giugno a Pontida Bossi intende arrivarci con qualcosa di più concreto che non la kafkiana duplicazione dei ministeri al Nord. Anche perché di quella e non di altro si sta parlando.

«L’accordo c’è — rivela Niccolò Ghedini — e riguarda solo l’apertura di uffici di rappresentanza dei ministeri a Milano. I leghisti? Lo sanno benissimo anche loro e infatti ieri ad Arcore ne abbiamo parlato con assoluta tranquillità. Del resto questi uffici a Milano già esistono da tempo e diversi ministri li usano per i loro incontri». Ogni lunedì ad esempio, tanto per restare in tema, nel suo “ufficio distaccato” di Milano, il ministro Tremonti dà appuntamento alla gente che conta: imprenditori, ma soprattutto banchieri.

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Si incrina l’asse Bossi-Tremonti: “Giulio deve abbassare le tasse”

di Francesco Cramer – Il Giornale

Al vertice di Villa San Martino Berlusconi ha incrinato l’asse fra il Senatur e il titolare dei conti. Nel Pdl cresce il dissenso sul ministro: “Se fosse candidato premier troverebbe le risorse…”. In nottata, poi, convocato un vertice di maggioranza per rilanciare l’azione del governo: al centro dell’incontro la riduzione delle tasse, il rigore dei conti pubblici e i paletti necessari per ridare slancio all’economia.

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Roma – Il giorno dopo il vertice di Arcore per fare il punto con l’alleato leghista dopo la batosta elettorale, Berlusconi tace. Tuttavia filtrano le indiscrezioni su un summit abbastanza teso. Al centro dell’attenzione il solito ministro dell’Economia Tremonti, oggetto di pressioni da parte di tutti per dare una scossa da qui al termine della legislatura.

Un elemento di novità è senza dubbio la spaccatura del tradizionale asse tra il Senatùr e il titolare di via XX Settembre, fino a ieri cementato nel «Tremonti non si tocca». Questa volta, però, anche il capo della Lega ha convenuto con Berlusconi: si devono trovare le risorse necessarie per lasciare qualche euro in più nelle tasche degli italiani. Il capo del Carroccio ha dettato il suo pensiero in un articolo sulla Padania di ieri: «Dovremo stare molto attenti, perché non dobbiamo tenere conto solo dell’Europa. Contano anche i grandi mercati: Londra, New York… Quindi bisogna essere cauti». Fin qui la tesi tremontiana. Poi però, ha detto Bossi, «Alla fine Tremonti dovrà trovare il modo di ridurre un po’ le tasse per le famiglie e per le imprese».

Umberto adesso la pensa come Silvio: la gente non mangia di solo pane e federalismo e occorre fare qualcosa per far ripartire l’economia e dare un aiuto agli artigiani, alle partite Iva, alle piccole imprese, alle famiglie. Non basta tirare soltanto la cinghia per presentare i conti a posto a Bruxelles. Non basta pigiare soltanto sul tasto del rigore. Occorre, da qui al 2013, pensare anche allo sviluppo.

Tremonti, al vertice, s’è trovato sostanzialmente solo. E ha dovuto ripetere «cautela, cautela, cautela». In pratica ha ribadito quello che giusto ieri la commissione europea di Strasburgo ha emanato come raccomandazione al nostro Paese: «Correggere il deficit eccessivo, prevenire sforamenti del bilancio, rimuovere gli ostacoli normativi e ridurre i costi per le piccole medie imprese». Insomma, un «vedrò cosa potrò fare», consapevole che questa volta non ci sono soltanto le pressioni di Berlusconi ma anche quelle di Bossi.

Il quale, ormai da un po’ di tempo, sente sul collo il fiato dei tanti amministratori leghisti che lamentano l’eccessiva rigidità del sistema. Molti sindaci del Carroccio si sono lamentati: «Dobbiamo trovare il modo di premiare le amministrazioni virtuose e far sì che comuni, province e regioni possano spendere se governano bene. Altrimenti saremo costretti ad aumentare il costo dei servizi e, in definitiva, aumentare le tasse».

Ora si tratta di capire quale possa essere il sentiero stretto da percorrere tra il rigore e lo sviluppo. Ci sono spiragli per avviare una riforma tributaria già entro l’estate ma la vera rivoluzione fiscale non potrà avvenire prima del 2013. Una bella grana per il ministro dell’Economia che, a livello politico, ha visto risalire dubbi e sospetti sul suo conto da parte pidiellina. A Montecitorio, infatti, qualcuno si domandava: «Ma a che gioco sta giocando?».

I maligni sostengono che, forte di un potere smisurato in un periodo di vacche magre, Tremonti giochi una partita tutta sua chiudendo i rubinetti delle risorse pubbliche. Qualche pidiellino andava giù duro in Transatlantico: «E se, qualora Berlusconi dovesse passare la mano nel 2013, Tremonti si autopresentasse come candidato premier? Scommettiamo che a ridosso di quella data i soldi salterebbero fuori?». Graffiate, infondate o meno, che senza dubbio danno il senso dell’atteggiamento di alcuni deputati berlusconiani. I quali hanno pure ricordato come Tremonti non abbia proprio fatto i salti di gioia alla notizia dell’investitura di Alfano a segretario politico del Pdl: «Cuius regio, eius religio», aveva commentato sarcastico il ministro dell’Economia. Ossia: «Il suddito deve conformarsi alla religione del principe dello Stato in cui vive». Traduzione: me lo faccio andar bene ma se fosse per me…

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