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Gestori, come guadagnare nel medio e lungo periodo

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NEW YORK (WSI) – Desidero porre l’accento sugli aspetti pratici di un’operatività di “trading di posizione”, un’asserzione apparentemente contraddittoria: molti possono pensare “o si fa trading oppure si fa posizione”. Esiste invece la possibilità di coniugare i due tipi di investimento. E’ fin troppo facile dire che ci siamo ispirati a Warren Buffett, l’ Oracolo di Omaha.

L’obiettivo è quello di ottenere un ottimo rapporto fra rischio e rendimento, ponendo la massima attenzione sulla gestione del rischio. Infatti, difficilmente un investitore (o un trader) può dormire sonni tranquilli per anni se ha un portafoglio che oscilla paurosamente.

Di qui la necessità di studiare una asset allocation prudente e redditizia. Del resto, non basta più investire “passivamente” una parte del portafoglio in obbligazioni: i tassi sono di fatto a zero in tutto il mondo, quindi si è costretti a dover scegliere fra bond sicuri (dal rendimento quasi nullo), oppure ad alto (si fa per dire) rendimento, ma con una rischiosità e un rating poco rassicuranti.

Ad esempio, molti Fondi Comuni bilanciati, che in passato hanno reso bene applicando tale diversificazione, hanno ora il fiato corto, dato che la loro componente obbligazionaria è passata in poco tempo da rendimenti del 6 -7 % a rendimenti attorno all’ 1 o 2 % annuo. Allungare la duration delle obbligazioni in portafoglio (per spuntare qualche decimo di rendimento in più) li ha inoltre esposti a oscillazioni e volatilità delle loro quotazioni; chi aveva duration lunghe ha addirittura ottenuto performances negative, per via del deprezzamento delle obbligazioni.

A mio avviso, è significativo che i migliori Fondi Comuni Bilanciati abbiano conseguito una performance negativa del 18% nel 2008 e di oltre il 6% nel 2011. E’ la conseguenza di gestioni passive di miliardi di AUM: non si può essere veloci ed efficienti e “uscire in tempo” da situazioni critiche. Oggi tutto va più veloce, questo modello di Fondi – anche per i tassi a zero – che si limita a cercare lo switch fra azionario e obbligazionario non è più efficiente. La coperta è diventata corta, limitandosi a investimenti passivi si deve scegliere fra buoni rendimenti, ma ad alto rischio, oppure alla sicurezza di obbligazioni che rendono poco o nulla.

Gestione attiva

Vi è però la possibilità di una gestione attiva. Chi ha investito nella Borsa USA ha ottenuto negli ultimi anni un ottimo ritorno; basta osservare il grafico (sotto) di 14 anni di SPY, un ETF che replica S&P 500.
Oggi SPY è sui massimi storici, quota circa 200. Ma chi è riuscito a comprare a 68,92 nel marzo 2009? E soprattutto: chi è riuscito a sopportare la discesa di oltre il 55 % nel 2008, restando long?

Chi ha investito nel 2000, a causa della bolla delle “dot.com” e dell’ 11 settembre 2001, ha dovuto attendere quasi 5 anni per rivedere il suo portafoglio in attivo (ammesso che abbia avuto il sangue freddo di aspettare).

Eppure ci riferiamo ai maggiori 500 titoli quotati negli USA, fra cui Warren Buffett ha sempre scelto di investire (Nasdaq a parte).

Buffett da sempre compra, e non vende, in caso di ribassi: può permetterselo da decenni. La stragrande maggioranza degli investitori invece non può o non riesce (a livello di finanza comportamentale) a sopportare, ad esempio, che un titolo value come Coca Cola si deprezzi di oltre il 50%. Fatto sta che Warren Buffett è sempre più un grande azionista di Coca Cola, pur avendo “speso poco”. Molti investitori invece sono usciti in prossimità dei minimi, per poi perdersi il rialzo: il classico “cerino in mano”, spesso sia in entrata che in uscita. Quindi, che fare?

Stabilità e rendimento

Per coniugare stabilità e rendimento è indispensabile innanzitutto proteggere il portafoglio e le tecniche PRO-STABILITY e i COLLAR illustrate nell’ articolo di AlgoProject servono a questo. Quindi, una volta accertato che l’investimento, nel suo complesso, è sufficientemente sicuro, veniamo al rendimento.

Il nostro benchmark che vogliamo migliorare è l’indice S&P 500.
Domanda retorica: A ) preferite un portafoglio che oscilli molto e guadagni mediamente; B) oppure un portafoglio che oscilli poco e guadagni molto?
La soluzione di Rodnik, AlgoProject e Strategic Research ha una risposta nella “traduzione” dei parametri tecnici dei due grafici che troverete qui sotto.

Possiamo infatti ottenere un portafoglio che oscilla poco e guadagna molto, indipendentemente dalle fasi del mercato. E’ risaputo come la tecnica nota come “collar”, attuabile mediante il ricorso alla vendita e contestuale acquisto di opzioni call e put con strikes differenti e con un continous rolling, sia in grado di generare risultati stabili e continuativi nel tempo. In questo articolo vi mostriamo i risultati di questa tecnica abbinata a una apposita variante pro-stability, da noi concepita al fine di migliorare ulteriormente la stabilità dei risultati, giorno dopo giorno.

Si noti come in presenza di un max draw-down inferiore di 5 punti percentuali, la strategia ha performato esattamente il doppio dell’indice S&P 500. In situazioni limite, come nel 2008-2009, a fronte di una pesante perdita dei sottostanti, la strategia avrebbe prodotto un forte guadagno. Negli ultimi 5 anni, ove il mercato ha sviluppato un rally unico nella sua storia, la strategia è riuscita a tenere ampiamente il passo riuscendo sempre a sovraperformare il benchmark.

Un investimento che oscilla meno dell’ obbligazionario e guadagna più dell’azionarioè davvero possibile? Nel grafico sopra in rosso è rappresentato il Bond Index: con la diminuzione dei tassi ha perso appeal e rendimento. Il grafico in grigio è quello di S&P500, dal 2008 a oggi:

raffigura la risposta alla domanda A) sopra. Il grafico in blu è il risultato concreto delle tecniche descritte nell’articolo, il grafico blu è quindi la risposta B) relativa a un portafoglio che oscilla poco e guadagna molto, indipendentemente dalle fasi del mercato.

Riassumiamo i punti di forza di questa strategia:

1. Totale automazione dei setups di ingresso/uscita/gestione della posizione;

2. Utilizzo di opzioni su titoli particolarmente liquidi;

3. Approccio basato esclusivamente su regole matematico/statistiche (quindi niente analisi tecnica o fondamentale).

4. Strategia market neutral, per cui la performance non è legata dall’andamento rialzista o ribassista del mercato azionario.

Essere riusciti a battere le ottime performances dell’ S&P 500 dal 2009 a oggi è gratificante. Essere “meno volatili” di un investimento in obbligazioni è altrettanto importante. Ancora una volta poniamo l’accento sulla gestione del rischio e la sicurezza dell’investimento.

La radicale differenza fra un approccio passivo (buy and hold, comprare e tenere titoli per anni) e la soluzione illustrata è proprio questa.

A fronte di un crash di S&P 500 (perdita di oltre il 55 %) il nostro portafoglio registra una performance positiva del 33 %. Negli anni successivi (Borse in uptrend di lungo periodo) il nostro portafoglio sovraperforma mediamente comunque l’ indice S&P500, ma con minori oscillazioni (R squared e standard deviation migliori): oscilla meno e guadagna di più.

Il massimo draw down del nostro portafoglio è stato del -16,30 %, ma seguito da un recupero (time to recovery) velocissimo: 45 giorni per recuperare i valori precedenti il crash. Il max DD di S&P 500 è stato del -21,18%, ha avuto un time to recovery di quasi 5 anni. Cinque anni in cui chi era “in posizione” è stato in perdita, ammesso che sia riuscito a sopportare la pressione psicologica e non abbia venduto prima.

Abbiamo visto che la componente psicologica è importantissima: per mantenere con serenità un portafoglio efficiente è essenziale che sia “adatto per noi”. Quindi va costruito: che propensione al rischio abbiamo? Bassa? Sceglieremo un portafoglio prudente, dimezzando il VAR.

Avremo un massimo draw down dell’ 8,15% e un rendimento medio annuo composto del 7,87%. L’ S&P 500, in uno dei suoi migliori periodi di tutti i tempi, ha conseguito un rendimento quasi uguale, l’8,22% composto annuo, ma a fronte di un massimo draw down del 21,18%.

Su periodi temporali maggiori l’ S&P 500 ha un rendimento medio annuo di poco superiore al 3%. E’ giusto ricordare che i ribassi (riportati sopra) furono registrati nell’ annus horribilis 2008, però i record sono fatti per essere ritoccati…non ci sono garanzie per il futuro.

Al pari, non ci sono garanzie che il poderoso rally rialzista delle borse, in atto ormai da oltre 5 anni, possa proseguire ancora a lungo, con un’economia globale non in ottima salute e la progressiva diminuzione degli aiuti della Fed.

Sapete qual è il rendimento medio annuo che serve per raddoppiare il capitale in un decennio? Il 7 % annuo fa raddoppiare il capitale in 10 anni.

Il nostro 7,87% annuo quindi ci pare un risultato più che soddisfacente per chi desidera investire con orizzonti temporali lungimiranti.
Volete un portafoglio più aggressivo? Chi vorrà raddoppiare il capitale in 5 anni potrà adottare il VAR.

In conclusione: è essenziale che le performances, di trading o di investimenti a medio-lungo periodo, vengano contestualizzate.

Quando leggiamo un report, dobbiamo partire dal Value At Risk, dall’eventuale leva, dalla rischiosità e dal massimo draw down, valutando elementi come l’ R-squared, la Deviazione Standard, lo Sharpe Ratio. Ovvero tutto quanto ci può far comprendere qual è il reale e oggettivo rapporto fra rischio e rendimento.

Come una rondine non fa primavera, un periodo di osservazione troppo breve, quindi statisticamente non significativo, non fa testo. Occorre invece valutare per prima la rischiosità e poi, su periodi temporali significativi, cercare forme di investimento e protocolli di trading redditizi e confacenti alle nostre esigenze.

Il contenuto di questo articolo, pubblicato da ITForum – che ringraziamo – esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

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