ROMA (WSI) – Altro che Grecia spaccata in due, come i primi sondaggi avevano lasciato intendere. Il paese ritrova la sua unità, almeno apparentemente, proprio nel giorno del referendum indetto dal premier Alexis Tsipras. Trionfa il no, “oxi”, in greco. Che non è un no all’Europa, ma un no alla troika, alla politica di austerity che ha messo in ginocchio un popolo intero.
Il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis ha rassegnato le dimissioni, in una decisione che dovrebbe influenzare in positivo i negoziati con i creditori internazionali. E che sembra porti la mano di Merkel e degli altri paesi più intransingenti. All’economista è stato detto che “non era il benvenuto” alle trattative. Va ricordato che le autorità europee avevano escluso la possibilità di sedersi al tavolo dei colloqui in caso di no.
Secondo il Wall Street Journal c’entrerebbero invece le dichiarazioni fatte ad Ambrose Evans-Pritchard del Telegraph domenica, in cui non escludeva la possibilità di introdurre una valuta parallela all’euro per il problema di liquidità nel paese.
Il governo ellenico invece ha già inviato emissari a Bruxelles per riaprire i colloqui ed è ottimista sulla possibilità di trovare un accordo entro 24 ore, ovvero prima della riapertura delle banche. Cruciale sarà in questo senso la decisione della Bce di aiutare gli istituti di credito ellenici in deficit di liquidità, alle prese con una fuga di capitali.
Sembra che per convincere i creditori a offrire un nuovo pacchetto di aiuti subito, senza bisogno di grandi trattative, Tsipras abbia intenzione di presentare un’offerta che si basa su quella di Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione Ue, di una settimana fa.
Atene deve fare presto perché rischia un collasso del sistema finanziario che la spingerebbe automaticamente fuori dall’area euro. Senza i fondi ELA della banca centrale europea le banche finirebbero i soldi e il governo si vedrebbe costretto a ricorrere a una moneta parallela, forse tornando alla dracma, per poter pagare pensioni e salari dei funzionari pubblici. Un ritorno alla moneta nazionale, svaluterebbe il potere di acquisto dei greci del 30-40% secondo le stime disponibili.
Dal Fondo Monetario Internazionale arriva un’apertura. Il direttore Christine Lagarde afferma infatti chiaramente che “siamo pronti ad aiutare la Grecia, se richiesto”. Inoltre Tsipras conquista il sostegno anche dei partiti interni alla grecia. Il partito di centro-sinistra Pasok decide di essere al suo fianco nelle trattative sul debito che riprenderanno con i creditori; stessa cosa per il partito di opposizione Nuova Democratia, che durante la notte ha sofferto un forte terremoto, con le dimissioni del leader Antonis Samaras. Il partito ora è rappresentato da Vangelis Meimaraki. “Aiuteremo a realizzare quanto è stato deciso”, ha detto Meimarakis, che non risparmia critiche al governo: “Questo incontro avrebbe dovuto realizzarsi molto tempo fa. Abbiamo sprecato tanto tempo. E la colpa è del governo”. Oggi Tsipras ha incontrato diversi leader politici, allo scopo di riunire il paese. Il Guardian scrive che “i leader dei partiti politici di opposizione hanno dato per iscritto rassicurazioni sul fatto che appoggeranno Tsipras nelle trattative con i crefitori”.
Intanto Valdis Dombrovskis vice presidente della Commissione europea, sottolinea che “in Eurozona abbiamo 19 democrazie, abbiamo bisogno di una soluzione che sia accettabile per tutti”. Ancora, “la stabilità dell’Eurozona non è in questione. Siamo pronti e abbiamo la capacità di assicurare una stabilità finanziaria con tutti i mezzi”. “I controbuenti – continua Dombrovskis – hanno offerto un’assistenza finanziaria senza precedenti alla Grecia; a partire dal 2010, 184 miliardi di euro sono stati sborsati dal Fondo Salvastati e dalla Greek Loan Facility”.
Detto questo “per negoziare, abbiamo bisogno di un mandato dall’Eurogruppo”.
Il 5 luglio 2015 è una data che rimarrà nella storia, non solo ellenica. I greci dicono no al referendum e Atene crea un precedente, dopo che il governo Tsipras decide di dare voce al popolo, rivendicandone la sovranità. Il no trionfano con oltre il 60%. Affluenza alle urne alta, pari a quasi il 65%.
Tsipras precisa nelle sue prime dichiarazioni che la vittoria del No non è un mandato a combattere contro l’Europa, anche se tiene a precisare che la “democrazia non può essere ricattata”, mentre il ministro delle finanze Yanis Varoufakis commenta il no sottolineando che “abbiamo detto no a cinque anni di ipocrisia”.
Ancora Tsipras: “I cittadini hanno superato la paura, prendendo una decisione forte e storica (..) andremo avanti con la fiducia della nostra gente verso i nostri sforzi, e con la democrazia e la giustizia al nostro fianco”.
E “se oggi celebriamo la vittoria della democrazia, domani continueremo a protendere verso il raggiungimento di un accordo”.
Immediata la reazione dei funzionari dell’Unione europea.
“Prendo nota del risultato del referendum della Grecia. Questo risultato è molto spiacevole. Per la ripresa dell’economia greca, l’adozione di riforme e misure difficili è inevitabile. Non aspetteremo le iniziative delle autorità greche. L’Eurogruppo discuterà lo stato delle cose, martedì 7 luglio”, ha commentato Jeroen Dijsselbloem, numero uno dell’Eurogruppo, dopo che la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Francois Hollande avevano chiesto un meeting di emergenza.
E’ stata una notte di festa nella piazza Syntagma. Verso le 12.54 ora italiana, erano rimasti nella piazza 200-300 persone, a chiacchierare, leggere birra e scherzare. Nelle ore precedenti, erano in migliaia.
Di certo però l’incertezza è lungi dall’essere conclusa. Tutt’altro: Sigmar Gabriel, vicecancelliere tedesco e numero uno dell’Spd, ha affermato che “Tsipras ha distrutto l’ultimo ponte verso un compromesso tra l’Europa e la Grecia”. E il Financial Times scrive: la Grecia ha appena firmato il suo messaggio di suicidio.
Gabriel affeerma anche che a questo punto sarà difficile immaginare trattative su un nuovo piano di bailout dopo l’esito del referendum.
Una cosa appare sicura: i greci non vogliono tornare alla dracma, qualsiasi cosa succeda. Ben l’81%, stando a uno degli ultimi sondaggi, ritiene che rimanenere l’euro sia la migliore prospettiva per il futuro. (Lna)