Società

Fini presidente Camera: l’ossessione di Silvio, che non ce la fa proprio più

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

(In aggiornamento)
da Francesco Bei di Repubblica

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI)-Silvio Berlusconi non si cura troppo della sfida lanciata ieri dai terzo polisti. “Quei due in televisione – ha scherzato il premier con un amico – mi sono sembrati De Mita e Forlani… mamma mia com’erano vecchi”. Oltretutto il Cavaliere è convinto che l’alleanza tra i due leader non sia destinata a durare a lungo. “Fini si è aggrappato a Casini per mascherare la sua debolezza, ma vedrete che, alla prima occasione, Pier lo scaricherà”.

“Quando stavano entrambi con me Casini mi ha sempre detto delle cose terribili su Fini”. Insomma non è dal terzo polo che, in questo momento, Berlusconi si aspetta le insidie maggiori. Nel corso del vertice del Pdl di ieri sera a palazzo Grazioli il Cavaliere ha fatto spallucce. È un progetto “inesistente”, che “non ha futuro”.

Ma intanto il gruppo di Fli esiste eccome, condiziona tutte le commissioni parlamentari, e Fini è ancora presidente della Camera. Due problemi che Berlusconi intende affrontare senza indugio. “Fini l’abbiamo sconfitto ma non basta, adesso dobbiamo renderlo davvero inoffensivo”.

Per questo l’idea è quella di smontare pezzo a pezzo il partito finiano, prima ancora che nasca. Mentre dall’Udc, per la stessa ammissione dei “reclutatori” del Pdl, ancora non giungono segnali di defezioni, al contrario i parlamentari del Fli non sarebbero sordi alle sirene berlusconiane.

Andrea Augello, architetto insieme a Silvano Moffa della lettera-appello a Berlusconi e Fini, quella che avrebbe dovuto scongiurare il voto di sfiducia, ieri si aggirava in Transatlantico parlando senza sosta ora con questo ora con quello. E lo stesso faceva Denis Verdini, mai troppo presente a Montecitorio ma ieri inchiavardato tutto il giorno in aula.

Secondo chi sta lavorando all’operazione sarebbero sei le colombe finiane tentate dall’esodo. Gli interessati hanno tutti smentito, ma i nomi che girano sono quelli di Carmine Patarino, Gianfranco Paglia, Luca Bellotti, Checchino Proietti, Claudio Barbaro e Andrea Ronchi. Colmo dell’ingiuria, Berlusconi vorrebbe sottrarre a Fli il decimo senatore necessario per mantenere il gruppo a palazzo Madama. E l’anello debole sarebbe il senatore Egidio Digilio.

L’operazione prevede di arrivare a 10-15 deputati, contando anche qualche uscita dall’Udc e dal Pd. “Ma speriamo molto anche nell’Mpa di Lombardo”, confida Saverio Romano, fuoriuscito dall’Udc prima di tutti. Proprio Romano si sta lavorando alle corde diversi deputati centristi e lombardiani, ma lontano da Montecitorio, portandoli a pranzo in ristoranti del centro.

Berlusconi ha assoluto bisogno di puntellare la maggioranza per far fronte alle prossime votazioni e l’idea è quella di riunire tutti i “responsabili” – i transfughi da Fli, Udc e Mpa – in un unico gruppo calamita.

Tutti gli ex An sono scatenati nel corteggiare i “camerati” rimasti con Fini. In questo li aiuta l’odio per il loro ex leader. “Fini è uno stronzo – si sfoga Massimo Corsaro – e scriva bene l’aggettivo. È arrivato qui con 83 deputati di An e si ritrovano con Briguglio e Granata. Complimenti, bel capolavoro”.

Questo nuovo gruppo di “responsabilità nazionale” a cosa dovrebbe servire? “Si vive giorno per giorno – ammette un ministro di peso – ma intanto puntiamo ad arrivare a fine gennaio per capire quale sarà la decisione della Corte costituzionale”.

Se infatti la Consulta dovesse dare il via libera al legittimo impedimento, il Cavaliere avrebbe tutto l’interesse ad andare avanti fino ad ottobre del prossimo anno (tanto dura l’ombrello stoppa-processi). Al contrario, se a gennaio la sentenza fosse di incostituzionalità, a quel punto “non avrebbe senso restare appesi a pochi parlamentari, molto meglio andare al voto”.

L’altro “problema” che Berlusconi intende risolvere al più presto è quello della presidenza Fini. Ormai è un’ossessione, non può più vederlo seduto lassù e le sta pensando tutte. È stata rispolverata anche l’idea di far uscire dall’aula i deputati Pdl e Lega ogni volta che toccherà a Fini di presiedere la seduta. Berlusconi ha pronto il candidato alternativo, in pole position c’è Rocco Buttiglione, che servirebbe a insinuare un altro cuneo nell’Udc. Altrimenti la carta di riserva è Maurizio Lupi del Pdl, l’altro vice di Fini

Copyright © La Repubblica. All rights reserved
******************************************************************************
di Federico Garimberti, Ansa

Per Silvio Berlusconi il terzo Polo non ha “grandi prospettive”, ma neanche un’alleanza con l’Udc di Pier Ferdinando Casini: meglio corteggiare i singoli parlamentari centristi e finiani delusi dai loro leader, magari per riunirli in un ‘gruppo di moderati’. Parole alle quali l’ex-Dc e Gianfranco Fini rispondono con i fatti, ufficializzando la nascita di un Polo che porterà ad un coordinamento unico di oltre 100 parlamentari. La giornata di oggi segna un allontanamento fra il Cavaliere e l’ex Dc, dopo la cauta apertura di ieri del premier.

Il primo a far capire di non credere più alla possibilità di ‘sostituire’ le truppe finiane con i centristi è proprio il presidente del Consiglio che, forse intuendo quanto accadrà in serata, candidamente ammette di voler sottrarre truppe al leader centrista, così da replicare l’operazione già avviata con gli uomini del presidente della Camera. Una strada, quella imboccata dal Cavaliere, che rischia di mandare definitivamente all’aria l’opera di ‘corteggiamento’ di quanti, nel Pdl, si stanno tutt’ora spendendo per un’intesa ‘organica’ con i centristi.

All’indomani del voto di fiducia, il presidente del Consiglio ribadisce la sua strategia per evitare le urne che in questa fase congiunturale gli sembrano una scelta “irresponsabile”. Ed è un percorso che sembra antitetico a quello cui, forse perché incalzato da Bruno Vespa e Stefano Folli, aveva ventilato appena ieri dicendo di non “escludere a priori” una crisi pilotata pur di accontentare le richieste dell’Udc. Ma in collegamento telefonico con la trasmissione Mattino Cinque di Maurizio Belpietro, cambia registro.

Interrogato su come pensi di andare avanti con tre deputati di vantaggio, il premier dapprima ricorda che “molti si sono resi conto” di come “un’opposizione ideologica” non serva “né al Paese né a loro stessi”. Ecco perché rinnova l'”appello” a tutti i parlamentari “di buona volontà” a dare un “contributo concreto” al governo. un invito rivolto a ai ‘malpancisti’ cattolici del Pd (sono girate voci di una telefonata fra Berlusconi e Fioroni, smentite da ques’tultimo), ai finiani, ma soprattutto ai parlamentari della “comune famiglia del Ppe”. E a Belpietro che gli ricorda come il leader dell’Udc abbia già risposto picche, Berlusconi replica: “Ma io sto pensando a singoli deputati che militano nei partiti di cui non condividano più la linea”.

Fra i ‘futuristi’, aggiunge, ce ne sono “diversi che hanno pagato ormai il loro debito di riconoscenza a Fini” e che sentono come “innaturale” la loro permanenza all’opposizione. Un percorso di riavvicinamento che è già cominciato, assicura, visto che “alcuni sono già venuti da noi” per “offrire la loro collaborazione”. Insomma, a suo giudizio, “dopo il voto di ieri l’ipotesi del terzo polo non ha più grandi prospettive”. E per ‘tentarli’ il Cavaliere ricorda che i “diversi posti liberi” nell’Esecutivo. Vi sarebbe già una lista di papabili (8 parlamentari di Fli, di cui 7 deputati), alcuni centristi e dei democratici. E il Cavaliere ha incaricato alcuni fedelissimi della ‘marcatura a uomo’. “Io ne ho due”, confida un membro del governo.

L’obiettivo è di portarne via il più possibile, per riunirli un unico gruppo parlamentare di ‘moderati’ così da non essere accusati di essere passati col ‘nemico’. Il premier conferma anche che, sventato il “ribaltone” orchestrato dalla sinistra con l’appoggio di Fini, il governo va avanti. Verso il presidente della Camera trattiene commenti eccessivamente ruvidi: le dimissioni sono una “scelta” che attiene alla sua “dignità”, ma ricorda come “metà dell’Assemblea” gli abbia chiesto un passo indietro. Intanto però il terzo polo vede la luce: oltre a Udc e Fli, ne fanno parte l’Api di Francesco Rutelli, il Mpa di Raffaele Lombardi e i Libdem. Promettono una opposizione responsabile, ma l’obiettivo di tutti resta uno: far fare un passo indietro al Cavaliere.