
I family office, strutture dedicate alla gestione patrimoniale di famiglie ad altissimo reddito, stanno vivendo una crescita senza precedenti.
Secondo i dati di Deloitte citati da CNBC, nel settembre 2023 erano 8.030 i family office attivi a livello globale, per un totale di 3.100 miliardi di dollari in gestione. Entro il 2030, si prevede che supereranno quota 10.700, con 5.400 miliardi di dollari in asset. Un’espansione trainata dalla crescente esigenza di controllo e personalizzazione da parte dell’élite economica mondiale. Ma questa crescita nasconde un problema strutturale: la difficoltà cronica nel trovare personale qualificato. Un paradosso che rischia di frenare lo sviluppo del settore. Un dato per tutti: secondo McKinsey il settore della consulenza patrimoniale rischia un deficit di 100.000 advisor entro il 2034.
Il nodo della fiducia
Quando si tratta di affidare la gestione di centinaia di milioni di dollari, i proprietari preferiscono figure di cui si fidano ciecamente, spesso con legami personali preesistenti, piuttosto che professionisti con CV impeccabili ma senza un rapporto consolidato. Questo approccio, se da un lato protegge la riservatezza e gli interessi della famiglia, dall’altro rischia di limitare l’efficacia operativa.
“Nel mondo dei family office, molto spesso non è la persona più qualificata a ottenere il lavoro, ma quella che è più fidata”, ha spiegato Tobias Prestel, fondatore di Prestel and Partner Family Office Conferences, ai microfoni di CNBC.
Si tratta di una dinamica comprensibile, se si considera che i professionisti selezionati devono avere accesso completo a patrimoni e decisioni delicate.
“Se hai 500 milioni di dollari, a chi dai le chiavi di tutto? Non è una decisione facile”, ha aggiunto Prestel.
Il risultato è che molte famiglie privilegiano persone di fiducia, talvolta a scapito di competenze specialistiche.
Lavoro poco appetibile per i giovani
A scoraggiare i professionisti — soprattutto i più giovani — è anche la struttura poco definita dei family office. Iris Xu, fondatrice della società di consulenza Jenga, intervistata dalla CNBC, ha spiegato come queste realtà appaiano “rischiose” per chi cerca percorsi di carriera chiari. Strutture informali, ruoli sovrapposti, reporting incerti e assenza di prospettive di crescita professionale rendono poco attrattivo il settore.
Xu ha sottolineato come i ruoli legati agli investimenti siano particolarmente difficili da coprire, con un tasso di turnover che si aggira tra uno e due anni. Inoltre, le famiglie cercano spesso candidati “tuttofare”, come CFO con competenze da chief investment officer, figure rare e difficili da trattenere a lungo.
Secondo il North America Family Office Report di RBC e Campden Wealth, pubblicato lo scorso settembre, molte di queste realtà ammettono apertamente di avere grosse difficoltà nel reclutare e mantenere i talenti. Un trend confermato anche in Europa, mentre nei hub asiatici come Singapore si sperimenta con automazione e outsourcing per compensare la carenza di personale qualificato.
Competizione e salari in salita
I family office devono anche affrontare la concorrenza di banche, fondi di private equity e hedge fund nella guerra dei talenti. Per attrarre le figure desiderate, alcune famiglie sono disposte a pagare una sorta di trust delta, ovvero un premio salariale per chi dimostra di essere affidabile. Secondo Reto Jauch, partner della SZ&J, alcune famiglie arrivano a offrire fino a 190.000 dollari l’anno per un executive assistant.
In Europa, i family office stanno aumentando i pacchetti retributivi attraverso bonus, opportunità di co-investimento e quote sui profitti della gestione, come emerge da un report congiunto di Campden Wealth e HSBC.
Ma nemmeno gli incentivi economici alcune volte sembrano sufficienti. I candidati più giovani o con carriere già avviate temono di mettere “tutte le uova in un solo paniere”, come racconta un avvocato sentito dalla CNBC che ha rifiutato un’offerta come general counsel presso un family office di Singapore. “Troppe incognite: una persona sola può decidere di licenziarti. Per chi ha famiglia e responsabilità, è troppo rischioso”.
Un ambiente per pochi
Il tipo di profilo che riesce a inserirsi con successo in un family office è raro e complesso: deve essere al contempo umile, riservato, ma anche sufficientemente sicuro da esprimere opinioni qualificate.
“Bisogna sapere quando parlare — conclude Jauch, parlando alla CNBC — e quando, invece, accettare che alla fine è sempre la famiglia ad avere l’ultima parola”.
Il risultato è un mercato paradossale: in forte crescita, con capitali impressionanti e una domanda crescente di professionalità, ma dove le condizioni stesse del lavoro — fiducia personale, informalità, rischio percepito — limitano fortemente l’accesso a molti dei potenziali candidati.