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Facebook: doppia tegola, inserzionisti in fuga, titolo in caduta libera

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Nuova guai per Facebook. Dopo che pochi giorni fa, il Parlamento europeo ha emanato un emendamento al rapporto annuale sulla concorrenza, chiedendo alla Commissione di impedire alle grandi piattaforme di proporre pubblicità mirate, il social media di Mark Zuckerberg deve vedersela con la campagna “Stop Hate for Profit”, che rischia di sconvolgere il mondo dell’advertising.

Perché mette nel mirino i principali player digitali, primo fra tutti Facebook ma anche YouTube, Instagram a Twitter, colpevoli di avere un approccio troppo soft nel denunciare e combattere odio e razzismo all’interno delle proprie piattaforme.

Questo è infatti quello che denunciano i big dell’industria Usa che, uno dopo l’altro hanno annunciato uno stop alle inserzioni. L’ultima a unirsi, dopo Coca Cola è il gigante del caffè Starbucks, che ha a sospensione della pubblicità su tutte le piattaforme.

“Noi siamo contro i contenuti d’odio e crediamo che il mondo delle imprese e quello della politica debbano unirsi per realizzare un vero cambiamento”.

All’inizio erano solo piccole imprese, decine di aziende locali, una galassia di inserzionisti delusi da un mondo dei social troppo timido nel denunciare e combattere odio e razzismo all’interno delle proprie piattaforme.

Poi, dopo lo tsunami di proteste seguito alla morte di George Floyd, il vero decollo della campagna di boicottaggio ‘Stop Hate for Profit’, a cui hanno cominciato ad unirsi big del calibro di Unilever, Verizon, Honda, Levi Strauss, North Face, Patagonia.

Milioni di dollari rischiano di andare in fumo

Il colpo per Facebook può essere durissimo. Coca Cola e Verizon hanno speso lo scorso anno in pubblicita’ social oltre 22 miliardi di dollari a testa, il gigante anglo-olandese Unilever oltre 42 milioni, Honda America 6 milioni, mentre i jeans Levi’s hanno sborsato 2,8 milioni. E poi, sempre nel mondo dell’abbigliamento sportivo, Lululemon (1,6 milioni di dollari), Patagonia (6,2 milioni), The North Face (3,3 milioni).

Venerdį il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, ha provato a difendersi spiegando di essersi “impegnato a rivedere le nostre politiche prima delle elezioni del 2020”, in un contesto segnato dalle “complessita’ aggiuntive del voto durante una pandemia e delle proteste per la giustizia razziale in tutto il paese”. Ma le sue parole non sembrano avere tranquillizzato inserzionisti e investitori.

“Non c’è alcuna eccezione per la politica in nessuna delle azioni che sto annunciando”, ha assicurato.

Dal Parlamento Ue stop alle pubblicità personalizzata

Ma i problemi non finiscono qui. Come dicevamo, il Parlamento europeo, giovedì 18 giugno, ha votato con una schiacciante maggioranza (503 su 701) un provvedimento che vieta la pubblicità personalizzata su internet. L’emendamento, inserito nel rapporto annuale in materia di concorrenza della Ue, si basa su una proposta del deputato socialista Paul Tang.

“Si tratta di una mossa significativa contro lo strapotere dei giganti del web. Queste aziende continuano a utilizzare i nostri dati personali per fare profitti ed escludere società concorrenti”, ha spiegato l’eurodeputato olandese.

Pesanti le ripercussioni in Borsa. Dopo avere chiuso la seduta di venerdì scorso con un ribasso dell’8,3%, Facebook inizia la giornata all’insegna delle vendite: -3,05% a 209,78 dollari.