Economia

Europa all’Italia: “subito 6 miliardi tagli alla spesa”

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ROMA (WSI) – Il dibattito sulla fine dell’austerità impazza, ma nel frattempo la realtà ci racconta una storia diversa. Da un lato la Commissione europea, forte delle nuove procedure rafforzate di controllo sui bilanci nazionali. Dall’altra un governo che, nel mezzo di una già difficile legge di Stabilità, deve tornare alle Camere per il voto di fiducia dopo l’uscita dalla maggioranza di Forza Italia.

Roma e Bruxelles sono separate da 6 miliardi di tagli che mancano per centrare gli obiettivi di «aggiustamento strutturale» nel 2014. O meglio: il governo e i controllori europei sono divisi sui tempi entro i quali rispettare l’impegno.

La questione è sul tavolo dal 13 novembre, l’ultima volta in cui Fabrizio Saccomanni ed Olli Rehn, il commissario finlandese agli Affari monetari, si sono visti a Bruxelles. Fino a ieri è stato uno scontro a bassa intensità, fatto di diplomazie incrociate. Un’intervista di Rehn a La Repubblica ha reso evidente la differenza (e la diffidenza) di vedute.

Dopo il faccia a faccia a Palazzo Berlaymont, il governo ha subito definito il programma di lavoro del commissario alla spending review, che prevede complessivamente 32 miliardi di minori spese. Poi è venuta l’ora del piano di privatizzazioni da 12 miliardi. In entrambi i casi si tratta però di misure fuori dalla legge di stabilità, ovvero non contemplate nei documenti ufficiali.

Per la Commissione questo è un problema, perché insegue un criterio omogeneo di valutazione per stilare le sue previsioni invernale, che saranno diffusi in febbraio, occasione in cui Roma spera di veder migliorare il giudizio complessivo dell’Europa sulla sua manovra.

Il Tesoro replica che «nessun documento ufficiale ci chiede di modificare il testo della legge di Stabilità», e che il governo «ha stime più favorevoli che ci consentiranno di centrare gli obiettivi».

L’oggetto del contendere è tutto qui: inserire i 6 miliardi nella legge di Stabilità o no? Per il governo italiano, già terremotato dai problemi interni, la questione è squisitamente politica e non irrilevante.

Il premier Letta sa che il dialogo è importante. Avrà parecchie occasioni di parlare dell’Italia e del suo rapporto con l’Europa, nei prossimi giorni. Oggi riceve il presidente del Consiglio Ue, Herman van Rompuy, passaggio cruciale e simbolico al contempo. Il fiammingo è a Roma per discutere l’agenda del vertice del 19-20 dicembre, giornata ricca di temi, dalla politica industriale alla difesa, senza dimenticare l’esigenza di chiudere sul rafforzamento dell’Unione monetaria.

Qui Van Rompuy tirerà fuori la sua proposta per i contratti di stabilità, impegno destinato a vincolare gli stati su riforme e consolidamento. I contratti possono essere un’opportunità come una zavorra. L’idea è che un paese stabilisce un percorso virtuoso e in cambio ottiene maggiore flessibilità, il che può comportare un più ampio contributo europeo ai finanziamenti dei progetti strutturali, come anche una minore pressione sugli obiettivi di finanza pubblica. I contenuti vanno definiti, ma Berlino spinge per avere regole più vincolanti e diffuse per i partner comunitari, soprattutto per quelli di cui si fida meno. Letta deve giocare bene la partita, per alleggerire il peso sull’Italia e non stringere il cappio.

Van Rompuy intende chiedere lumi sulla situazione politica, chiamiamole «rassicurazioni», ma i riferimenti alla Legge di Stabilità saranno marginali. Non è suo competenza, come invece lo è il caso del dopo Lampedusa, pura all’ordine del giorno del vertice Ue, e il semestre di presidenza italiana che – per la prima volta – sarà oggetto di un confronto ufficiale. Il tema dell’economia slitterà a colloqui milanesi fra domenica e lunedì con il presidente della Commissione Barroso. E’ con lui che il premier deve stabilire la rotta, vedere quanto mettere nella manovra perché possa essere considerata dall’esecutivo. Convinto il portoghese, anche Rehn non potrà fare altro che accettare l’orientamento del suo capo.

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