Mercati

Dollaro corre: chi vince e chi perde tra euro e sterlina

Corre la più importante valuta del mondo, il dollaro Usa. Il dollar index – paniere che misura il biglietto verde rispetto a un paniere di valute rivali – ha toccato il livello più alto degli ultimi due anni, dopo un rapporto sui posti di lavoro, pubblicato dagli Stati Uniti la scorsa settimana, più caldo del previsto.

Corre il dollaro, scende l’euro: cosa sta succedendo

E mentre il biglietto verde si muoveva al rialzo, le valute europee si sono trovate ai minimi pluriennali. L’euro è sceso dello 0,4% a 1,0199 dollari alle 12:50 ieri, il valore più basso rispetto al dollaro dall’agosto 2022. Stamani è rimasto invariato. Nel frattempo, la sterlina – che nelle ultime settimane era già stata messa sotto pressione dall’aumento dei costi di finanziamento del governo e dalle preoccupazioni per l’economia del Regno Unito – si è attestata a 1,2125 dollari, il valore più basso dall’inizio del 2023.

Gli addetti ai lavori prevedono un ulteriore indebolimento delle principali valute Ue nel 2025, con l’insediamento del presidente eletto Donald Trump negli Stati Uniti e il persistere dell’incertezza economica. Secondo Bartosz Sawicki, analista di Conotoxia, è probabile che il dollaro rimanga elevato durante l’insediamento del presidente eletto Donald Trump, mentre le valute europee faticheranno a prendere slancio.

“Vedo un’alta probabilità che i mercati si comportino in modo simile a quello che abbiamo osservato durante la prima presidenza di Donald Trump – movimenti bruschi e volatili, ma senza tendenze veramente forti, quindi il dollaro americano probabilmente rimarrà forte nel breve termine”, ha detto.

Secondo Sawicki “i prossimi due trimestri saranno difficili sia per l’euro che per la sterlina, che potrebbero non riuscire ad attirare gli investitori e gli afflussi di capitale a causa del fatto che sono fortemente influenzati dalla prospettiva di guerre commerciali e dall’incertezza”, ha dichiarato alla CNBC.

Dollaro sale: i vincitori e perdenti

Secondo gli analisti, il recente rafforzamento del biglietto verde potrebbe quindi sia giovare che danneggiare l’Europa. Così George Saravelos, responsabile globale della ricerca FX di Deutsche Bank, ha dichiarato di essere ribassista sia sull’euro che sulla sterlina.  Il suo team di Deutsche Bank prevede un range compreso tra 0,95 e 1,05 dollari per l’euro quest’anno, con potenziali nuovi dazi da parte di Trump tra i fattori di rischio in gioco.

Ma c’è una valuta europea che secondo Saravelos ha una prospettiva positiva. Parliamo del franco svizzero. “In Svizzera siamo rialzisti sul franco”, ha dichiarato in una nota l’analista.  “Vediamo un continuo allentamento da parte della Banca nazionale svizzera (BNS), ma con il limite inferiore dello zero presto raggiunto, il ritmo dell’allentamento rispetto al resto del mondo dovrà rallentare”.

Se la Svizzera si piazza sul carro dei vincitori con la corsa del dollaro, a soffrire è invece il Regno Unito. “La forza del dollaro americano rende più costose le importazioni di energia, dato che il Regno Unito è un importatore netto di energia, comprese le importazioni di GNL e petrolio statunitensi”, ha spiegato Alex King di Generation Money secondo quanto riporta l’emittente Cnbc. “Questo potrebbe far salire l’inflazione nei prossimi mesi, che si aggiungerebbe alle preoccupazioni esistenti per i potenziali dazi statunitensi”.

King ha suggerito che questo potrebbe mettere l’economia britannica in una posizione precaria, poiché la Banca d’Inghilterra ha “poco spazio di manovra per mitigare l’aumento dell’inflazione” tra l’aumento dei costi di prestito del governo, l’inflazione vischiosa e l’aumento dei costi salariali.

Allo stesso modo, negli ultimi anni la Germania è diventata un importatore significativo di GNL statunitense, ha aggiunto King, per cui un euro più debole potrebbe far salire i costi dell’energia, con il settore manifatturiero del Paese che potrebbe essere il più colpito.

E tra i vincitori che potrebbero trarre vantaggio da un dollaro forte c’è anche un piccolo attore europeo per dimensione, ma “destinato a trarre vantaggio da un rafforzamento del dollaro statunitense”. Parliamo della Norvegia, importante esportatore di petrolio come ha osservato King. “Con le sue esportazioni principali prezzate in dollari, il reddito della Norvegia aumenterà. Allo stesso tempo, l’enorme fondo sovrano norvegese ha un’esposizione significativa agli asset denominati in dollari, per cui anche questo dovrebbe registrare un aumento di valore”.