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Dario Fo: “Io, Grillo e Casaleggio”

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ROMA (WSI) – Non stanno fermi un secondo, Dario Fo e Franca Rame. Vai a casa loro in corso di Porta Romana a Milano, carte ovunque e libri, quadri, disegni, cartelle, dvd, cavi, foto e li trovi tutti e due al computer, lei a un tavolino a scrivere, «dieci minuti, finisco un paragrafo», lui alla scrivania a controllare un testo con Chiara Porro l’assistente, «dieci minuti, correggo un capitolo».

Chiara legge, lui ritocca: «Dario. L’invenzione del Purgatorio è il capolavoro politico della Chiesa, il traffico di anime verso il Paradiso in cambio di indulgenze ha ingorgato il cielo per secoli. Casaleggio. Visto che parliamo di spiritualità, esaminiamo che cos’è la spiritualità in Internet. Grillo. Sì, perché la Rete…».

Grillo? Casaleggio? Che testo è, un dibattito, uno scambio di lettere? «Un libro. Ci stiamo lavorando. Lo pubblica Chiarelettere». E chi ha avuto l’idea? «Sono venuti loro a offrirmelo. Poi per due interi giorni abbiamo imbastito qui da me un dialogo a tre sull’abbandono della cultura in Italia, il misconoscimento della storia, il travisamento dell’economia, Monti e il gioco delle banche e delle tasse, i media e il modo in cui fanno di tutto per stroncare il loro movimento…».

Lui e Grillo si conoscono da quarant’anni, «ha una forza incredibile, una grande voglia di apprendere, è uno che si documenta, difficilmente lo prendi in castagna. Abbiamo fatto spettacoli insieme, cinque anni fa, in piazza a sostenere un movimento, una battaglia, come a Forlì dove volevano distruggere una valle col pretesto di produrre energia, centomila persone erano lì a vederci». E Casaleggio? «Lui l’ho conosciuto adesso. Bella testa. Colto. Preparato. E nell’organizzazione, nell’inventare meccanismi di mercato è una macchina da guerra».

Sì, i due gli piacciono davvero. S’immagina un centinaio di 5 Stelle che entrano in Parlamento e mandano tutto all’aria. Nega che siano senza un programma, e comunque «quando scopri che nelle liste Pd ci sono trenta o quaranta figuri degni di galera ti chiedi: ma è tale ormai il distacco dei vertici dalla loro base che nessuno li avverte?».

Difende Grillo anche sui dissidenti, Scelsi & Co. cacciati a calci nel sedere da un movimento che si vuole iperdemocratico: «Ma è un tormentone caricato in modo grottesco dai giornali! Se una viene pregata di non mettersi di mezzo in tv perché non ne ha né la facoltà né l’esperienza e ci va lo stesso allo sbaraglio, in qualunque organizzazione chi ha la responsabilità della gestione ha il diritto di espellerla». Si ferma solo quando gli chiedi se lo voterà pure, Grillo: «In questo momento mi preme solo rendermi conto senza pregiudizi, non penso alle elezioni».

Chiara riprende la lettura: «Casaleggio. Sapete, esistono ormai testamenti digitali per ciò che di una persona resta in Rete dopo la sua morte…». Non dice “anima”, ma il senso è quello: fosse così, l’immortalità di quelle di Dario e Franca sarebbe depositata nei quattro milioni di documenti che sono finora riusciti ad archiviare nei loro due siti. Comunque si capisce come quel filo di ragionamento possa affascinare Fo leggendo le etichette degli argomenti sugli scaffali: Sette e streghe, Bestiari, Dio, Vita di Gesù, Santi e clero…

«Eccomi!». E’ Franca Rame. Dario si mangia una tavoletta, lei: «Hai il bordo della bocca sporco di cioccolato», e lui: «Mi piace colorata». Giocano come ragazzini innamorati, «da sessant’anni mio marito riesce a meravigliarmi, adesso si agita la notte se io mi alzo, perché soffro di vertigini e ha sempre paura che mi succeda qualcosa», ride lei.

«Voleva la lista dei nostri spettacoli pronti da anni che la Rai non trasmette?». Sì, lo spunto era quello, su segnalazione di Jacopo, il loro figlio inventore della Libera Università di Alcatraz» fra teatro e pannelli solari, musica e piste per le biglie. «C’è un sacco di materiale video inedito, spettacoli come “Correggio dipingeva appeso al cielo”, “Picasso”, due puntate di “La vera storia degli invincibili Seminole” con me, Paolo Rossi, Toni Esposito, i Modena City Ramblers, la lezione su architettura e teatro che Dario ha tenuto al Politecnico di Milano, “Giotto o non Giotto”…». Quest’ultimo pare sia stata la pietra dello scandalo.

Fino al 2008 lui raccontava a puntate su RaiDue la storia del teatro in coppia con Giorgio Albertazzi e su RaiTre affabulava sulle vite dei grandi pittori e architetti: «Michelangelo inseguito dagli scherani del papa che non gli aveva pagato neanche il marmo, i cardinali che volevano tirar giù la Sistina perché li aveva messi in caricatura nelle fattezze di diavoli, certo un modo di raccontare che dava fastidio». Fo e la compagnia recitavano nelle piazze e nei teatri, i sindaci finanziavano, la Rai filmava e mandava in onda: basso costo, alta audience.

Quell’anno, però, scoppia la bega su “Giotto o non Giotto”, costruito sulla tesi del restauratore del ciclo di San Francesco ad Assisi, Bruno Zanardi, secondo cui i 28 affreschi non sarebbero di Giotto ma di Pietro Cavallini e di una trentina di suoi allievi. Il vescovo vieta la rappresentazione in faccia alla Basilica: «Dice che non vuole dare una delusione ai suoi parrocchiani! Gli affari prima della conoscenza. La Rai? Si accoda. Berlusconi fa fuori un dirigente dopo l’altro. La censura esiste a volte più brutale di un tempo». Dalla Rai chiosano che il ciclo di spettacoli previsti era giunto al termine. Censura o disattenzione, dalla tv pubblica i due sono spariti.

Tirando giù faldoni da uno scaffale, Franca mostra anche una pila di testi che sta riordinando, «comprese 18 commedie inedite e mai rappresentate»: “King Kong”, “Maschere pupazzi e uomini dipinti”, “Ubu Bas” messo in scena ma da rivedere, “Il penultimo dei 1000”, “La fine del mondo”, “Bava Beccaris”.

Li prepara per la pubblicazione: da Einaudi è appena uscito un cofanetto libro-dvd del Ruzzante, curato da lei, con 122 disegni di Dario. Ha appena firmato con Editori Riuniti per un libro sulla sua esperienza al Senato, indipendente Idv: «Il frigorifero dei sentimenti, mai un sorriso in quell’aula, e una solitudine che non ti puoi immaginare. Diciannove mesi di galera, i più brutti della mia vita. La più bella era Rita Levi Montalcini, ma incrociavi anche profittatori e mangiasoldi. Finché sono fuggita».

Sfodera il resoconto su come ha speso lo stipendio di senatrice, 253.530,10 euro: contributo al Centro ricerca tumori, sostegno agli operai Eutelia, 20 computer alla Procura di Milano, 30 borse di studio sul fotovoltaico, convegno sullo spreco nella pubblica amministrazione, lo stipendio di un assistente, appena 5.620 euro di spese elettorali. C’è di tutto. Perché lei è una specie di Data, l’androide di Star Trek che mentre guidava l’astronave ascoltava Mozart, studiava, amava e si autoriparava.

Lanci un amo e ti esce un mondo: dall’antipatica Simone De Beauvoir che entra fazzoletto in testa e borsa della spesa e senza salutare né loro due né Sartre intima «ne fumez pas», a Veronica Lario che lei ha appena difeso dall’attacco di Lidia Ravera perché «quando lei s’innamorò di lui, Berlusconi non era ancora il puttaniere da taverna che è diventato».

Dario, mollato il libro, s’è buttato su un’inchiesta sul gioco d’azzardo «rapina di Stato sulla pelle dei poveri cristi che diventano come drogati, da curare coi soldi che lo Stato ha incassato facendoli ammalare»: scrive un atto unico insieme a 50 allievi ad Alcatraz. «E domani vado in galera, visita ai carcerati a San Vittore, con gli studenti del Piccolo Teatro».

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