
Fonte: WSI
Viviamo in un’epoca segnata da incertezze, fratture geopolitiche, rivoluzioni tecnologiche e cambiamenti climatici. Ma ciò che spesso viene percepito come caos, per il professor Giuliano Noci, Prorettore del Politecnico di Milano per la Cina, è in realtà una forma ancora indecifrata di nuovo ordine. Il suo ultimo libro, “Disordine. Le nuove coordinate del mondo”, si propone come una bussola per orientarsi tra le tensioni sistemiche che plasmano il presente e per provare a costruire nuove chiavi interpretative che disegnino un futuro migliore. Lo abbiamo intervistato in esclusiva ai microfoni di Wall Street Italia.
Professore, nel suo libro lei afferma che il disordine non è un’anomalia, ma una nuova condizione sistemica. Come siamo arrivati a questo punto e quali sono, secondo lei, le radici di questo disordine globale?
“Siamo arrivati a questo punto perché sono andate a convergere una serie di forzanti che rappresentano un fattore di straordinaria trasformazione, generando entropia. La prima è la transizione digitale, la seconda i cambiamenti demografici, la terza è quella ambientale. La quarta riguarda concetti che credevamo antinomici e che oggi non lo sono più: basti pensare al debito. Siamo seduti su una montagna da oltre 300mila miliardi di dollari. Tutte queste forze, insistendo nella stessa congiuntura temporale, generano disordine. A questo si aggiunge la variabile Trump, rappresentante della maggiore potenza tecnologica ed economica del mondo. Il disordine su larga scala altro non è che un ordine ancora da decifrare. E per non andare a sbattere – penso alla guerra, per esempio – dobbiamo dotarci di nuove chiavi di lettura. Il mio libro nasce proprio da questi assunti, provando a costruire strumenti interpretativi per avvicinarci all’ordine futuro“.
Tra le tante polarità che attraversano il nostro tempo – dalla tensione tra sovranismo e globalizzazione fino alla sfida tra intelligenza umana e artificiale – quale ritiene la più urgente da comprendere oggi?
“Nel contesto italiano, la sfida più urgente è quella tra intelligenza umana e artificiale. Abbiamo un settore manifatturiero straordinario, ma viviamo in un contesto ancora refrattario alla transizione digitale. È un errore grave. L’intelligenza artificiale sarà, nei prossimi anni, un fattore di trasformazione forse più profondo della rivoluzione industriale. Bisogna comprenderla, adottarla e utilizzarla per ripensare le catene del lavoro, migliorare la produttività e rilanciare la competitività del nostro sistema Paese. A livello globale, invece, la polarità più critica da affrontare resta quella tra sovranismo e globalizzazione”.
In questo scenario di disordine globale, quale ruolo può giocare l’Europa? Ritiene che l’Unione sia attrezzata per affrontare le sfide economiche e strategiche che la attendono, oppure rischia di restare schiacciata tra Stati Uniti e Cina?
“Secondo la teoria dei giochi, il conflitto tra due attori dominanti – in questo caso USA e Cina – dovrebbe aprire uno spazio d’azione per un terzo soggetto, ovvero l’Europa. Ma perché questo accada, l’UE deve entrare davvero in partita. Oggi sembra chiusa in una dimensione esoterica, distante dalle dinamiche geopolitiche ed economiche concrete. Così facendo, rischia di fare la fine del vaso di coccio schiacciato tra due vasi di ferro. Servirebbe una vera sveglia. Bisogna fare più debito europeo, sbloccare gli investimenti necessari e cambiare paradigma, se vogliamo che l’Europa abbia un ruolo nella definizione del nuovo ordine globale”.