Società

CRESCITA SOTTOZERO

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*direttore di Wall Street Italia. Questo articolo e’ stato pubblicato originariamente dal Corriere di Livorno.

(WSI) – Bisogna essere onesti, sull’economia, inutile predersi in giro. Perche’ si tratta dei nostri soldi, del futuro nostro e dei nostri figli. La crisi c’e’, eccome. Al punto che siamo in grado d’anticiparvi una notizia: negli ultimi tre mesi del 2007 l’Italia ha avuto una crescita sotto-zero. Nessuno ve l’ha ancora detto, perche’ i politici manipolano le statistiche. Ma fidatevi: e’ cosi’.

La crisi comunque (magra consolazione) viene dall’America. La grande super-potenza e’ malata per gli eccessi dell’ubriacatura finanziaria degli anni passati. E’ sfiancata dal boom fasullo di un mercato immobiliare che ora si sgonfia. Logorata dalla guerra in Iraq, voluta da un texano cocciuto e ignorante. Una guerra che a Washington costa, udite udite, 18 milioni di dollari l’ora (si’, ogni 60 minuti!). Senza retorica: pensate quante case, ospedali, ponti e nuovi posti di lavoro, avrebbero potuto essere creati in America, pacificando il paese, invece di dividerlo con l’occupazione di Baghdad. E’ cosi’: la miope politica estera di un gran paese democratico, dettata dalla volonta’ di potenza di cricche legate al petrolio (il cui prezzo negli ultimi 5 anni e’ triplicato; pensateci ogni volta che fate benzina) ha nuociuto moltissimo alla crescita.

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Ma torniamo all’economia. Obiettivamente, le cattive notizie si snocciolano senza sosta. Ogni dato economico e’ peggiore del precedente. E notoriamente in Italia e in Europa noi non siamo immuni dal contagio. Wall Street continua a calare influenzando Piazza Affari e le maggiori borse mondiali. La vendita di case negli Stati Uniti e’ scesa nell’ultimo trimestre del 26% e il prezzo medio e’ crollato del 10% o piu’ in 16 delle maggiori aree metropolitane. Molti esperti dicono che le case possono ancora scendere. L’abitazione ha una valenza psicologica enorme. Ovunque. E succede che la casalinga dell’Illinois s’e’ fatta guardinga nel fare la spesa quotidiana. Come la sua omologa piu’ famosa di Voghera e quella che ci legge all’Ardenza. Insomma, in tutto il mondo, i consumi rallentano.

Poi c’e’ il lavoro, anzi, la mancanza di lavoro. L’economia americana ha perso a gennaio 17mila posti di lavoro, mentre quando e’ in salute ne guadagna 350mila al mese. Fate due conti, per capire se serve un’aspirina o una terapia intensiva. E la finanza, dove la mettiamo? Quel mondo esoterico e ovattato dove di recente brutte figure e bilanci in rosso si sprecano: altro che gestione dei soldi! In Italia nessuno con un briciolo d’intelligenza darebbe piu’ un euro a un fondo comune dopo il disastro e lo sperpero degli ultimi 5 anni (quasi tutti bruciano il denaro dei risparmiatori). Le grandi banche d’affari, dal nome nobile e paludato, sono alle prese con perdite di bilancio mostruose. Al momento, oltre 200 miliardi di dollari sono andati in fumo per la crisi dei mutui subprime; ma la cifra totale fara’ materializzare un “buco” record da oltre 1000 miliardi.

Certo, la definizione tecnica di recessione – e’ questa la parola fatidica da usare – e’ di almeno due trimestri consecutivi di crescita sottozero. Ma prendete nota: non solo abbiamo gia’ scommesso che in Italia tra ottobre e dicembre il pil s’e chiuso in rosso (come ci diranno tra qualche settimana). C’e’ gia’ il dato certo sul prodotto lordo americano per il quarto trimestre 2007 che ha fatto segnare un anemico +0.6%. Qualcuno crede con in un’economia come quella americana che di solito cresce a ritmi del +3.5% questi non siano segnali chiari che il motore ha fuso e l’auto e’ gia’ ferma al pit?

Va detto pero’ che le borse (Wall Street e Piazza Affari), indicatori che sempre anticipano e mai seguono l’andamento dell’economia reale, sono si’ in forte calo dai massimi dello scorso ottobre (circa -15%); tuttavia il ribasso e’ ancora all’acqua di rose, se raffrontato ai crolli del passato. Quando il Nasdaq capicollo’ per lo scoppio della bolla internet nel 2000; o quando la borsa americana si piego’ su stessa dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre; o quando inizio’ l’ultima vera recessione nel 1989, l’indice Dow Jones cadde a candela in un solo giorno circa -25%.

Ebbene, per adesso, non c’e’ stato panico in borsa e quel tipico affollarsi tutti insieme all’uscita. Solo il lento, snervante sgretolamento dei corsi azionari. Accompagnato dalla sensazione, anche per chi non investe, che ogni giorno che passa siamo piu’ poveri, abbiamo meno soldi, siamo psicologicamente meno propensi a consumare. E’ questo feeling che i governi debbono combattere. Un’economia sana vive infatti di crescita solida e non “a buffo”. Di investimenti e non di promesse. Di competizione e non di assistenza. Di scelte chiare e non ambigue.

Consideriamo, infine, il fattore politico. Nell’ottavo e per fortuna ultimo anno del suo mandato, George W. Bush lascia l’America in recessione e con una responsabilita’ gravissima alle spalle (oltre alla guerra in Iraq): aver fatto crollare il dollaro (il che ha rafforzato l’euro in misura eccessiva) a livelli che mai nessun presidente americano ha tollerato in precedenza. E non dimentichiamo le presidenziali di novembre. Con l’incertezza derivante dalla scelta tra Barack Obama e Hillary Clinton per la candidatura alla Casa Bianca, tra i democratici, e il vecchio John McCain (uno zombie del passato) per i repubblicani; lo scenario non aiuta certo Wall Street a chiarirsi le idee sul futuro.

In Italia, siamo messi peggio. Il Partito Democratico con Walter Veltroni, e’ il fatto nuovo delle prossime elezioni. Ma quale immenso sforzo deve fare per recuperare stima e fiducia degli elettori dopo la pesante sconfitta e gli errori del precedente governo. Il nemico da battere non e’ la destra: e’ la tentazione che serpeggia nel paese di votare scheda bianca. Il PdL, con alla testa il vecchio Berlusconi, e’ un caravanserraglio da cui nessun economista indipendente s’aspetta il risanamento dell’Italia. La previsione, invece, e’ la solita solfa scandita dalla difesa di interessi corporativi e travestita da finto liberismo. Mentre l’economia rallenta e quasi si stoppa; mentre la gente non arriva coi soldi dello stipendio alla terza settimana del mese e le famiglie vivono di low cost, discount e aspettative calanti. Non e’ un bel film, quello che stiamo per vedere.