Società

COSA RESTA
DI TELECOM

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(WSI) –
Ma quanto valgono oggi le parti di Telecom Italia? La domanda è d’attualità in tutte le case di investimento europee (e non solo) impegnate, chi più chi meno, a preparare dossier per eventuali M&A delle entità in via di scorporo (la Rete e Tim).

E dove bisogna pesare in giusta misura le variabili politiche, regolamentari e (timore sempre più diffuso) anche giudiziarie dell’affaire Telecom. Il finale in picchiata della scuderia Pirelli-Telecom, nell’ultimo scorcio della settimana, è la conferma che il nervosismo rischia di far premio sui fondamentali del gruppo tlc. O di quel che ne resta, perché la storia di questi anni è anche la cronaca di vendite che lasciano l’amaro in bocca all’azionista del gruppo di tlc.

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Ma esiste il rovescio della medaglia: la fortuna che ha accompagnato le tre principali «costole» dell’impero, dismesse e rilanciate negli ultimi cinque anni: Seat, Lottomatica e Immsi. Il gruppo degli elenchi telefonici è stato venduto nel 2003, e da allora ha realizzato una plusvalenza di oltre il 150 per cento. Immsi è passata sotto la guida di Roberto Colaninno nel 2002 e, dopo aver cambiato pelle (ovvero oggetto sociale) e rimpolpato le partecipazioni (Piaggio, soprattutto), ha triplicato la sua capitalizzazione passando da 150 a circa 600 milioni.

Stesso discorso per il 33,9% di Lottomatica, ceduto da Telecom a De Agostini per circa 390 milioni, e che oggi vale cinque volte tanto. Certo, il dato statistico può ingannare, se isolato dal contesto. Ma in un momento così incerto si deve, in primis, prender atto che, a volte, separare le attività invece che accentrarle è il modo migliore per estrarre valore. Secondo, che le cessioni di Telecom Italia hanno favorito tre storie diverse, ma con un denominatore comune: la fortuna di aver incrociato Telecom.

LOTTOMATICA. Tra il 2001 e il 2002 Tyche (veicolo al 100% di De Agostini) lanciò un’Opa a 6,55 euro per azione (1,17 miliardi in tutto) a cui l’abbinata Olivetti-Telecom aderì pro-quota (cedendo il 33, 9% e incassando 390 milioni). Da allora il gruppo dei giochi ha staccato altri 9,67 euro di dividendi in cinque anni, mentre lo scorso giugno ha lanciato un aumento di capitale da 1,4 miliardi per finanziarie l’acquisto del 100% di GTech, il colosso del gambling Usa che gestisce due terzi delle lotterie Usa.

Partendo dai valori iniziali dell’Opa di cinque anni fa, e aggiungendo quelli del diritto dell’ultima ricapitalizzazione, la performance di Lottomatica è stata del 534 per cento. Il tutto passando attraverso un leverage buy out, che ha portato la società a distribuire ricchi dividendi. Se si guarda al futuro, la nuova entità, nata dalla fusione con Gtech, potrà contare su un fatturato aggregato di circa 1,6 miliardi di euro (ai valori del bilancio 2005), un mol di 720 milioni e si farà carico di 2,7 miliardi di debiti. Tuttavia, grazie alla forte generazione di cassa (330 milioni all’anno) il gruppo presieduto da Lorenzo Pelliccioli dovrebbe essere in grado di ripagare il debito e mantenere generosi dividendi proseguendo in una «politica della leva» che è stato uno dei segreti del successo.

Dall’integrazione, infatti, si verranno a creare sinergie per 80-100 milioni, (risparmi sui costi e 50-60 milioni di minori investimenti in conto capitale) nei prossimi cinque anni. Già il prossimo anno il fatturato dovrebbe sfiorare quota 2 miliardi, con un mol di 800 milioni e un utile netto di oltre 170. Dallo split di Lottomatica, insomma, ha preso il via una vera multinazionale dei giochi, con un giro d’affari al 63% fuori d’Italia, composto da due aziende che si completano «in modo verticale», senza sovrapposizioni territoriali o di business; un gruppo che ha i numeri per vincere tutte le prossime gare, tra cui quella per le lotterie di Ankara. Alla luce dell’acquisizione Citigroup ha alzato la raccomandazione sul titolo da hold a buy , portando il target da 29,7 a 37,3 euro. Ma anche altri broker sono positivi: per Caboto e Chevreaux le azioni di GTech Lottomatica sono interessanti fino a 34 euro per azione, mentre Centrosim individua un target price di 36 euro.

IMMSI. Che ci farà Roberto Colaninno con i quattrini (80 milioni) raccolti con l’aumento di capitale annunciato in settimana? L’operazione, è la risposta, serve a pagare quel 5% di Piaggio rilevato in Ipo grazie a un finanziamento bancario che così verrà estinto. Colaninno, insomma, non cerca nuove avventure. Ma è stato lui, infatti, il protagonista di una delle grandi storie di ristrutturazione di questi anni, partita dal rilancio di Immsi, società che nel novembre 2002, quendo venne ceduta da Telecom alla sua Omnia Partecipazioni, aveva in pancia solo immobili. Il prezzo concordato allora fu di 68,3 milioni per il 45% del capitale.

Ma negli ultimi tre anni la società ha cambiato pelle e oggetto sociale, ha ceduto buona parte degli immobili, diversificando la sua attività principalmente in Piaggio (di cui ha il 60%). Inoltre, ha lanciato due aumenti di capitale e si appresta a realizzare, come si è visto, il terzo. Oltre la maggioranza del gruppo di Pontedera, nella holding sono custoditi una serie di asset che vanno dalla cantieristica all’immobiliare, tra cui il progetto che riguarda il complesso Is Molas in Sardegna.

Vediamo nel dettaglio: i cantieri Rodriguez vengono valutati dagli analisti fino a 60 milioni (0,21 euro per azione); le varie attività immobiliari circa un centinaio di milioni (0,35 euro per azione); infine, la quota dello 0,4%, detenuta in Capitalia, ha un valore di altri 70 milioni (0,24 euro per azione). Il totale di questi asset (sottratti i debiti) ammonta a 230 milioni: 0,80 euro per azione. La quota di Piaggio, invece, vale da sola altri 2,42 euro, per cui il fair value del titolo dovrebbe essere di circa 3,22 euro.

Dall’Ipo dello scorso luglio ad oggi Piaggio è salita del 30%, l’Immsi è invece rimasta al palo, in attesa dei termini dell’aumento, resi noti giovedì 22: tra il 25 settembre e il 13 ottobre Immsi emetterà fino a un massimo di 57,2 milioni di nuove azioni (in ragione di una nuova ogni 5 possedute) con un valore nominale di 0,52 euro e sovrapprezzo unitario di 0,88 euro. Per cui, ogni azione verrà emessa al prezzo complessivo di 1,40 euro. Colaninno si è già impegnato ad aderire pro quota (54,9%) mentre gli azionisti avranno l’opzione di aderire o vendere i diritti. Facciamo, quindi, due conti: al momento il Nav teorico di Immsi è di 3,22 euro, una volta perferzionata la ricapitalizzazione, il fair value dovrebbe diluirsi a 2,62 euro per azione. Pertanto, date le attuali quotazione di Piaggio, la ricapitalizzazione di Immsi sembra interessante sia rispetto ai valori attuali(circa 2,1 euro) sia rispetto a quelli previsti dall’aumento (1,4 euro).

SEAT. L’8 agosto 2003 Luca Majocchi assumeva la guida della nuova Seat, società nata da uno spin off tra le Pagine Gialle e TiMedia. Il prezzo pagato dai fondi di private equity fu di 0,598 euro per azione (cui seguì un’Opa obbligatoria allo stesso valore). Poi, nel maggio 2004, Seat distribuì un dividendo straordinario di 0,43 euro, mentre quest’anno ha staccato una cedola di 0,005 euro. Chi, quindi, avesse tenuto il titolo in portafoglio negli ultimi tre anni, avrebbe alla fine guadagnato il 162 per cento. Fino ad oggi, dunque, le performance sono per lo più dovute all’effetto releverage. Ma dal 2007 Majocchi potrebbe raccogliere i primi frutti di un lungo processo di ristrutturazione, scandito anche dagli investimenti che hanno condizionato il conto economico: una perdita nei primi 6 mesi di 69,3 milioni (dal rosso di 46,5 milioni), un mol di 155 milioni (in calo da 213,5 milioni) e ricavi per 573,6 milioni (+3,2%). Ma il dividendo ci sarà comunque, grazie alla ripresa del mol nel secondo semestre (tra i 610 e i 615 milioni la previsione per l’intero 2006).

Infine, in virtù del decreto Bersani, che sarà efficace dal gennaio 2007, verrà inoltre meno il divieto ai professionisti iscritti agli ordini di farsi pubblicità. Sulla base dei confronti internazionali, Majocchi stima che Seat avrà un bacino di 300mila liberi professionisti: una cifra che da sola corrisponde alla metà degli attuali inserzionisti degli elenchi telefonici italiani (circa 600mila). Il titolo tratta a sconto rispetto alle concorrenti europee. La scorsa primavera Telefonica ha venduto a Yell le directory di Tpi a un prezzo superiore a 13,5 volte l’ev/Ebtda 2006, ovvero il 30% in più di quanto tratta oggi Seat (10 volte l’Ev/Ebitda atteso a fine anno). Per questi motivi gli analisti sono positivi sul titolo, con target che vanno da 0,40 euro (Ubs) a 0,43 (Credit Suisse).

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