Società

Corruzione: Italia migliora ma permangono ancora criticità

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Buone notizie sul fronte corruzione per l’Italia. Il nostro paese riesce a scalare ben dieci posizioni nella classifica 2021 dell’Indice di percezione della corruzione stilata da Transparency International, l’Organizzazione non governativa (Ong) che si occupa di monitorare la corruzione negli uffici pubblici, e che ha pubblicato come ogni anno la classifica sull’Indice della percezione della corruzione (Cpi).

La classifica internazionale

L’Indice elaborato annualmente da Transparency a livello globale classifica i Paesi in base al livello di corruzione percepita nel settore pubblico, attraverso l’impiego di 13 strumenti di analisi e di sondaggi rivolti a esperti. Il punteggio finale è determinato in base a una scala che va da 0 (alto livello di corruzione percepita) a 100 (basso livello di corruzione percepita).

A livello globale, Danimarca e Nuova Zelanda rimangono al vertice della classifica, affiancati quest’anno anche dalla Finlandia, con 88 punti (+3). La Germania si conferma nel gruppo di testa, con 80 punti, il Regno Unito ne ottiene 78 (+1), la Francia 71 (+2), gli Stati Uniti 67 come lo scorso anno.
In fondo alla classifica Siria, Somalia e Sud Sudan. In quest’ultimo anno 2 su 3 tra i Paesi analizzati (123 su 180) presentano ancora importanti problemi di corruzione, secondo l’organizzazione, avendo conseguito un punteggio inferiore a 50, ed evidenziano un forte rischio di arretramento nella tutela dei diritti umani, nella libertà di espressione e di una crisi della democrazia.

Corruzione: la situazione dell’Italia

Tra i 180 Paesi monitoratati, l’Italia rispetto al 2020 guadagna 3 punti (da 53 a 56/100) e 10 posizioni (da 52 a 42), a pari punti con la Polonia e Saint Lucia, stabili rispetto alla classifica dello scorso anno.

“In dieci anni l’Italia ha guadagnato 14 i punti e il progresso, rileva Transparency, “è il risultato della crescente attenzione dedicata al problema della corruzione nell’ultimo decennio e fa ben sperare per la ripresa economica del Paese dopo la crisi generata dalla pandemia”. “La credibilità internazionale dell’Italia si è rafforzata in quest’ultimo anno anche per effetto degli sforzi di numerosi stakeholder del settore privato e della società civile nel promuovere i valori della trasparenza, dell’anticorruzione e dell’integrità”, commenta la presidente di Transparency Italia, Iole Anna Savini.
“L’emergenza generata dalla pandemia ha fortemente influenzato l’elaborazione del Cpi, dal momento che in alcuni casi ha generato una minor fiducia nei Paesi che hanno preferito rimuovere le garanzie di controllo – osserva -, in altri ha determinato un rafforzamento della coscienza collettiva e risposte più solide da parte dei Governi”.

Tuttavia pure con un balzo in avanti di 10 posizioni, dovuta a una “rafforzata credibilità pubblica, il punteggio resta molto vicino a 50, una soglia critica. Così ha affermato il direttore di Transparency International Italia Giovanni Colombo:

Infatti, come informa l’Ong, i Paesi che vanno sotto quella soglia sono quelli a forte rischio di arretramento “nella tutela dei diritti umani, nella libertà di espressione e di una crisi della democrazia (…) Sul fronte anti corruzione e trasparenza rimangono ancora alcuni temi in sospeso“, ha commentato Colombo in una nota.
“Tra le questioni più rilevanti – prosegue – vi è il ritardo nella trasposizione della Direttiva europea 2019/1937 sul tema del whistleblowing, i cui termini sono scaduti a dicembre 2021, che consentirebbe di completare la disciplina contenuta nella legge 179/2017. Siamo inoltre ancora in attesa della pubblicazione del registro dei titolari effettivi e ci auguriamo che il processo legislativo per la regolamentazione del lobbying sia portato a termine nel migliore dei modi”.
A far guadagnare 3 punti Cpi all’Italia sono stati soprattutto “gli sforzi di numerosi stakeholder del settore privato e della società civile nel promuovere i valori della trasparenza, dell’anti corruzione e dell’integrità”, ha scritto Colombo. “L’emergenza generata dalla pandemia ha fortemente influenzato l’elaborazione del Cpi, dal momento che in alcuni casi ha generato una minor fiducia nei Paesi che hanno preferito rimuovere le garanzie di controllo, in altri ha determinato un rafforzamento della coscienza collettiva e risposte più solide da parte dei Governi.