
Si fa sempre più strada nel Regno Unito l’idea di un nuovo referendum sulla Brexit. Dopo aver rimandato il voto sull’accordo, previsto per la scorsa settimana, la May è tornata a Bruxelles per cercare di ottenere maggiori concessioni, senza successo.
I leader europei hanno infatti rigettato l’idea di nuovi negoziati sulla Brexit rendendo l’ipotesi di un nuovo referendum forse più probabile. Tra i sostenitori di una nuova consultazione popolare, spicca l’ex primo ministro Tony Blair.
E proprio su quest’ultimo la premier britannica non ha risparmiato critiche, accusandolo di “insultare” il popolo britannico e di cercare di “minare” il percorso di uscita del Regno Unito dall’Unione Europea.
May ha ripetutamente respinto l’opzione di un secondo referendum sulla Brexit, che molti partiti di opposizione e personalità di spicco britanniche stanno insistentemente difendendo.
“Il fatto che Tony Blair sia andato a Bruxelles e abbia cercato di minare le nostre trattative invocando un secondo referendum è un insulto alla posizione che ha ricoperto e alle persone che ha servito”, scrive Theresa May in un comunicato inviato ai media. “Non possiamo, come vorrebbe, abdicare alla responsabilità di questa decisione”.
In una fase sempre più confusa sul futuro del Regno Unito, quello che è chiaro è che se entro il 29 marzo 2019 le parti non avranno trovato un accordo di divorzio, il Regno Unito subirà un forte contraccolpo a livello economico. Secondo gli analisti e ancora secondo le autorità britanniche, un addio del genere provocherebbe un tonfo del 25% della sterlina e una flessione del 30% dei prezzi delle case.