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BORSA: IL SISTEMA DEVE ANCORA SPURGARSI

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*Questo documento e’ stato preparato da Alessandro Fugnoli, strategist di Abaxbank ed ed e’ rivolto esclusivamente ad investitori istituzionali ovvero ad operatori e clientela professionale ai sensi dell’allegato n.3 al reg. n.16190 della Consob. Le analisi qui pubblicate non implicano responsabilita’ alcuna per Wall Street Italia, che notoriamente non svolge alcuna attivita’ di trading e pubblica tali indicazioni a puro scopo informativo. Si prega di leggere, a questo proposito, il disclaimer ufficiale di WSI.

(WSI) – Il primato della longevità tra gli umani spetta agli abitanti dell’isola di Okinawa, in Giappone. I gerontologi dicono che per un terzo è merito della genetica, per un terzo delle abitudini poco sedentarie e per un terzo della dieta. Pesce, moltissima verdura e l’abitudine di alzarsi da tavola con ancora un po’ di fame.


Abituarsi a lasciare qualcosa nel piatto sarà di grande aiuto alla longevità di chi sta sui mercati in una fase storica di riduzione della leva accompagnata da grande volatilità.

Stephen Jen disse in gennaio che il 2008 sarebbe stato un anno caratterizzato dalla paura nella prima metà e dall’avidità nella seconda. Non c’è dubbio sul fatto che il primo trimestre sia stato quasi tutto all’insegna della paura. Il secondo, che sta per iniziare, sarà probabilmente di transizione dalla paura all’avidità. Anche se questa tesi fosse completamente vera sarebbe imprudente, a nostro avviso, farsi prendere la mano e riempirsi di rischio fin da subito. La nostra tesi è che c’è tempo per fare le cose con calma e ordinatamente e che bisogna soprattutto usare molta moderazione.

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Questo non è il 2003, non è l’inizio di un bull market di cinque anni solido, tranquillo e lineare. Il mondo non ha un enorme output gap di risorse inutilizzate come allora. Non ha un’inflazione prossima allo zero. Non ha (tranne qualche area dei crediti) valutazioni così assurdamente basse. Non ha (per niente) un sistema finanziario tranquillo. Non ha (ancora) un leverage prossimo a zero e pronto quindi a ricaricarsi come una molla che spinge al rialzo le quotazioni. Non ha (per niente) un settore immobiliare pronto a fare da avanguardia di una ripresa generale del ciclo economico come tradizionalmente avviene.

Questo, al più, è un bear market rally. A essere precisi il vero bear market rally partirà probabilmente a giugno. Quello in corso è certamente un tradable rally, ma è poco di più di un rally di sollievo per il fatto di non essere tutti quanti sprofondati nell’abisso dietro a Bear Stearns. E’ un rally benedetto, che ha combustibile per arrivare a una fine trimestre meno impresentabile, ma che dovrà vedersela nei prossimi due mesi con dati macro non necessariamente orribili ma di sicuro non belli, con utili eterogenei (qualcuno che andrà bene grazie al dollaro debole e alle esportazioni ci sarà di sicuro) ma nel complesso deludenti e in discesa e con venti strutturali ancora fortemente contrari come il bear market delle case, l’aumento dei pignoramenti, la riduzione del leverage.

Da qui a metà maggio ci sarà il tempo di portarsi da sottopesati a neutrali un poco alla volta, evitando accuratamente di rincorrere i rialzi e utilizzando solo i momenti di ribasso. In maggio e giugno si verificherà la situazione e, nel caso, ci si potrà portare a leggermente sovrappesati. Meglio, in tutta questa fase, essere sempre leggermente in ritardo (ma più sicuri) piuttosto che buttarsi allo sbaraglio.

Non bisogna perdere mai di vista l’elemento strutturale. Per feroce e rabbiosa (e creativa e brillante) possa essere la risposta della Fed, si tratta sempre di una risposta, di qualcosa cioè che serve a mitigare la crisi, ad evitare contagi generalizzati e circoli viziosi e ad abbreviarne la durata. Bernanke non è Superman, non può trasformare un’asset deflation con recessione in un’asset inflation con ripresa ciclica duratura dalla sera alla mattina.


Il sistema deve ancora spurgarsi. Il pendolo della leva è ancora a metà strada. Nessuno ha più leve di 50 a uno, ma in giro sono molti di più quelli che vorrebbero accorciare la leva che hanno rispetto a quelli che sono disposti ad allungarla. Come dice Paul McCulley nella sua nota mensile (“Not Good Times”, sul sito di Pimco) quando un asset passa da un hedge fund con leva a 50 a una banca (anch’essa a leva, sia pure minore) il suo prezzo deve scendere. E quando questo stesso asset passa dalla banca al fondo dedicato senza leva e da questo all’investitore individuale che mette a rischio solo eccezionalmente una piccola parte del suo portafoglio, il prezzo deve continuare a scendere.


Con le sue misure così aggressive la Fed dà al pendolo una spinta contraria a quella naturale con l’intenzione di rallentarla, non di fermarla o invertirla (se non temporaneamante). La Fed con il coltello tra i denti può ridurre i 15 anni di asset deflation giapponese a tre (di cui uno già scontato e uno, il 2008, con qualche bear market rally d’intrattenimento) e sarebbe comunque un buon risultato.

Gli ottimisti dicono che comincia a essere ora di smettere di combattere la Fed. Mettersi contro la Fed è, alla lunga, una pessima idea e chi è short o anche solo sottopesato deve sempre tenerlo presente. Alla lunga, però. Nel periodo dall’11 settembre 2001 fino al marzo 2003 i mercati combatterono con successo non solo una Fed aggressivamente reflazionista e sempre più preoccupata, ma anche una politica fiscale super-espansiva (con tagli di tasse ampi e permanenti, non con un assegno una tantum come quest’anno). Alla fine, come sempre, vinse la Fed, ma solo alla fine.

C’è poi da chiederesi che cosa voglia davvero la Fed. Il suo obiettivo massimo non è una brillante e duratura ripresa economica (come era invece nel 2001 e 2002). Oggi si punta ad anni di crescita bassa (per non fare riesplodere il disavanzo delle partite correnti) e ad un rallentamento della discesa dei prezzi delle case. Quanto alle borse, la Fed non vuole che cadano, ma non ha l’obiettivo di gonfiarle più di tanto. Quanto al dollaro, la Fed tace non solo perché non è direttamente di sua competenza ma anche perché le va benissimo che continui a deprezzarsi, meglio se in modo ordinato e graduale.

Non c’è solo la Fed, dicono gli ottimisti, ci sono anche il Tesoro e il Congresso. E c’è perfino l’Europa, con la quale secondo il Financial Times si studiano interventi coordinati di sostegno ai mutui cartolarizzati. E’ vero.

E’ innegabile che ci sia un grande fermento intellettuale e che ci sia la disponibilità, in linea di principio, a percorrere strade nuove e audaci. A differenza dei due predecessori inesistenti, Paulson ha grande statura e determinazione. Le idee non mancano e, alla fine, si concretizzeranno. Non vanno però dimenticate le resistenze.

Ci sono gli scrupoli dei repubblicani che non vogliono creare l’ennesima agenzia che si occupi di case e non vogliono usare troppi soldi pubblici per sostenerne il prezzo e rilevare i mutui dal mercato (se lo fa la Fed è diverso, è un intervento ad hoc che non implica la creazione di nuovi carrozzoni). Ci sono però anche gli scrupoli democratici, come si vede dalla commissione d’inchiesta del Senato sulla questione Bear Stearns, che certamente non incoraggia la Fed nella sua azione di sostegno ai mercati.

Come si vede la situazione è complessa e fluida. Da un giorno all’altro può verificarsi un nuovo spiacevole evento di credito (anche se l’azione della Fed ha tolto l’elemento d’isteria e di panico, non per questo cesseranno i default di questo o quel soggetto, augurabilmente minore). Ma da un giorno all’altro può essere introdotta una nuova misura da parte della Fed o di altri policy maker. Avere leva lunga, in queste circostanze, significa ritrovarsi prima o poi a dovere chiudere male le posizioni. Avere poca leva (o non averne) significa potere pazientare senza farsi male inutilmente.

Il discorso vale a maggior ragione per le materie prime. La loro finanziarizzazione sta portando a un aumento progressivo della volatilità. Peggio ancora, aumenta la correlazione delle materie prime tra di loro e con gli asset di rischio in generale. Fino a qualche anno fa era rarissimo vedere tutte le materie prime, agricole e industriali, muoversi sempre e comunque nella stessa direzione. Se ci si pensa, un raccolto andato male per una siccità non ha nessuna correlazione con uno sciopero nelle miniere cilene di rame. Oggi invece hedge fund, fondi pensione e investitori individuali comprano e vendono panieri preconfezionati conoscendo appena quello che contengono.

In questo nuovo contesto finanziarizzato e vista la persistenza della crescita in Asia difficilmente vedremo un vero e profondo bear market di qui a metà anno, anche se riesce difficile pensare a rialzi ulteriori. Potremo vedere invece una ripresa d’interesse speculativo nel secondo semestre, da cavalcare, nel caso, con grande prudenza.

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