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BOND: ITALIA PIU’ ‘RISCHIOSA’ DELLA GRECIA

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(WSI) – Italia paese a rischio: perfino la Grecia dà più fiducia di noi. Dovendo scegliere se acquistare titoli di Stato da Atene o da Roma gli investitori hanno pochi dubbi: meglio Atene. Siamo considerati, quindi, una «periferia» dell´Europa sulla quale non è il caso di puntare. E al di là dei paesi «forti» come Germania o Francia, tutta l´Eurozona è considerata più solida dell´Italia: perfino la Slovenia, che è appena entrata nella moneta unica, perfino il Portogallo che ha rendimenti simili al nostri, ma un miglior rapporto debito-Pil. Sui mercati dei titoli di Stato, insomma, è una dèbacle.

La spietata conclusione arriva partendo dall´analisi del differenziale di rendimento con la «locomotiva» Germania: se si prendono in considerazioni i Bund decennali tedeschi e i corrispondenti Btp, lo spread di rendimento ha raggiunto ieri i 54,1 punti. Ciò vuol dire che sulle emissioni di titoli di Stato siamo costretti a pagare lo 0,54 per cento in più della Germania. Un´impennata di rischiosità che non si registrava dal primo gennaio 1999, anno in cui l´euro era stato introdotto sui mercati finanziari e l´Italia aveva faticato tanto per esserci.

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Perché siamo arrivati a questo? Sicuramente pesano le paure introdotte dai mutui subprime e i rovesci delle Borse: in tempi di crisi gli investitori preferiscono affidarsi ai titoli di Stato dei paesi più solidi, come la Germania. Prima della scorsa estate lo spread con i tedeschi era solo di 19 punti – ma certo la distanza è oggi siderale. Fra Francia e Germania si limita a soli 16 punti, con la Spagna a 21.

Non migliora il quadro il giudizio elaborato sull´Italia dall´ultimo rapporto Ocse. Giudizi non devastanti (siamo promossi sulla liberalizzazione e la lotta all´evasione fiscale), ma che puntano il dito sulla necessaria detassazione dei salari, sulla contrattazione di secondo livello, e sulla scarsa produttività (una delle più basse fra le economie occidentali). Né risolleva il morale il fatto che l´Istat, rivedendo la stima provvisoria dell´inflazione di gennaio, l´abbia aumentata dal 2,9 al 3 per cento.

Sempre a proposito di statistica va poi detto che, in tutto questo, la polemica sulle tasse fra l´Istituto e il viceministro Visco ha vissuto ieri una nuova puntata. Giorni fa l´Istat aveva infatti annunciato che la pressione fiscale in Italia aveva raggiunto la vetta del 43,3 per cento (record battuto solo nel 1997 per via dell´eurotassa), ma Visco aveva contestato il dato fermandolo al 42,5 e precisando che l´istituto si era dimenticato di sottrarre dai conteggi alcune poste. Ieri l´istituto di statistica ha confermato il suo annuncio: «La nostra stima non è in discussione e l´indicatore è stato elaborato seguendo il regolamento Ue». Posizione alla quale, a sua volta, il viceministro dell´Economia, ha immediatamente replicato: «Sul piano contabile – ha detto – è chiaro che loro seguano le loro regole. Sul piano della sostanza, le cose stanno come abbiamo detto noi».

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