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La Banca Centrale Europea (BCE) ha deciso di imprimere una svolta nella sua gestione del personale. Con una comunicazione inviata internamente nelle scorse settimane, l’istituto guidato da Christine Lagarde ha introdotto una politica volta a incoraggiare la mobilità dei 5.200 dipendenti: chi occupa lo stesso ruolo per più di otto anni sarà “fortemente invitato” a cambiare incarico, anche all’interno dello stesso dipartimento.
L’approccio “3-5-8”
Lo riporta il Financial Times, specificando che l’istituto di Francoforte avrebbe inviato una comunicazione interna che promuove un nuovo approccio alla carriera dei dipendenti: il piano denominato “3-5-8”. Si tratta di una struttura temporale chiara per lo sviluppo professionale: tre anni per apprendere, due per pianificare un passaggio e un massimo di otto per restare nello stesso ruolo. Oltre tale soglia, i dipendenti saranno “fortemente incoraggiati” a cercare nuove opportunità, anche senza cambiare dipartimento o area di competenza.
La decisione rappresenta un cambio di passo significativo nella cultura del lavoro dell’istituzione, finora considerata un ambiente professionale fortemente stabile e relativamente conservatore nella gestione delle carriere. La mossa mira a rafforzare la resilienza operativa della BCE, stimolare nuove competenze nei team e mitigare i rischi legati all’eccessiva permanenza nei medesimi incarichi.
Una linea guida, non un’imposizione (per ora)
Il nuovo schema ha diversi obiettivi: ampliare l’esperienza, migliorare le competenze e mantenere l’obiettività, soprattutto in settori critici come la vigilanza bancaria.
“Non si tratta di obbligare nessuno a cambiare specializzazione”, ha spiegato Eva Murciano, direttore generale delle risorse umane della BCE, al Financial Times. “Ma vogliamo trasmettere chiare aspettative sul fatto che il cambiamento sia una parte naturale della crescita”.
L’iniziativa risponde anche alla necessità di tenere il passo con un mercato del lavoro in evoluzione, sempre più segnato da trasformazioni tecnologiche e dall’intelligenza artificiale. La BCE non è nuova a pratiche di rotazione, soprattutto per ruoli sensibili. Ma per la prima volta ha reso esplicito un orizzonte temporale entro cui il cambiamento sarà atteso.
In un documento esplicativo allegato alla comunicazione, si legge che “l’eccessiva permanenza nella stessa funzione può comportare un’inerzia nella gestione dei progetti, limitare l’innovazione e aumentare il rischio di conflitti d’interesse, soprattutto in ruoli con funzioni di controllo o supervisione”.
Fonti interne confermano che, almeno nella sua fase iniziale, la misura non sarà vincolante ma assumerà la forma di una “raccomandazione forte”, accompagnata da incentivi alla mobilità. Tuttavia, già dal prossimo ciclo di valutazioni delle performance, la disponibilità al cambiamento sarà uno dei criteri presi in considerazione per avanzamenti di carriera o assegnazioni strategiche.
Piattaforma interna
Per facilitare il processo, la BCE ha introdotto una piattaforma interna simile a LinkedIn, dove i dipendenti possono caricare il proprio curriculum, segnalare interessi e candidarsi a nuovi ruoli. Inoltre, potranno lavorare fino a tre anni presso altre istituzioni finanziarie globali con la possibilità di rientrare in BCE. Una formula di mobilità flessibile con biglietto di andata e ritorno sempre aperto.
Il piano, sebbene accolto con favore da alcuni, ha generato apprensioni in particolare tra chi lavora da molti anni in settori altamente specializzati. “C’è una certa ansia tra chi teme di perdere il proprio posizionamento professionale o di dover ricominciare da capo”, ha ammesso Murciano al Financial Times.
Le reazioni tra i dipendenti
Come prevedibile, la misura ha generato reazioni contrastanti. Da un lato, c’è chi accoglie con favore l’opportunità di uscire da ruoli considerati stagnanti, auspicando un sistema più dinamico che valorizzi la versatilità. Dall’altro lato, non mancano le perplessità. Alcuni dipendenti temono che la rotazione obbligata possa tradursi in un impoverimento delle competenze specifiche o, peggio, in un disallineamento tra profilo professionale e nuove mansioni.
In un’istituzione nota per la forte verticalità, la BCE sembra ora puntare a un equilibrio tra continuità e rinnovamento. “È una questione di modernizzazione culturale – ha commentato un portavoce –. Vogliamo essere certi che il nostro personale rimanga agile, aggiornato e capace di affrontare un contesto in continuo cambiamento”.
Smart working, meno spazi e più efficienza
In parallelo, la BCE continua la sua politica di lavoro agile. In un momento in cui molte aziende stanno chiedendo il ritorno fisico in ufficio, l’istituto europeo ha esteso la possibilità di lavorare da remoto fino a 110 giorni l’anno, ovvero quasi metà del tempo lavorativo, senza obbligo di presenza a Francoforte.
Curiosamente, il personale utilizza solo poco più della metà dei giorni disponibili, segno forse di un equilibrio personale trovato autonomamente dai dipendenti. L’effetto principale? Meno necessità di spazi. Per questo, la BCE sta riducendo da tre a due il numero degli edifici occupati e sta sperimentando forme di hot-desking, con postazioni condivise e “spazi di lavoro dinamici”.
Malcontento sui criteri di promozione
Tutto questo mentre, solo pochi giorni fa, un recente sondaggio interno tra il personale della Banca Centrale Europea (BCE)- sempre reso noto dal Financial Times – ha messo in luce un profondo malessere legato alle pratiche di promozione all’interno dell’istituzione. Molti dipendenti ritengono che i criteri adottati non valorizzino il merito o le competenze, ma favoriscano invece individui con maggiori connessioni politiche o presso i vertici. Questa percezione ha sollevato interrogativi sull’equità e la trasparenza dei processi decisionali. Diversi membri dello staff hanno espresso preoccupazione per il rischio che una cultura organizzativa percepita come ingiusta possa demotivare i talenti e compromettere l’efficienza dell’istituzione.