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Allarme banche: frenata Pil rischia di rimettere le ali alle sofferenze

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Dopo un periodo di schiarita, tornano ad addensarsi le nubi sulle sofferenze delle banche italiane. Soltanto pochi giorni fa il presidente dell’ABI, Antonio Patuelli, rivendicava il lavoro fatto dagli istituti di credito sulla pulizia di bilancio dalle sofferenze. Ora arriva un nuovo allarme.  A lanciarlo il rapporto annuale di Abi e Cerved, in base al quale il rallentamento dell’economia porterà alla ripresa dei flussi di sofferenze.

Secondo lo studio, finora miglioramenti più significativi hanno riguardato proprio le imprese, che sono però anche all’origine della maggior parte dei crediti in sofferenza: il tasso di deterioramento per le società non finanziarie (cioè la quota di crediti in bonis passati allo status di deteriorati) è sceso infatti al 2,4% dal 2,6% del marzo 2018.

Questo è dovuto a fattori congiunturali legati all’ultima fase del ciclo di ripresa economica, ma anche a una più attenta selezione del credito. Nel 2018 è, inoltre, proseguito il calo dei tassi di ingresso in sofferenza: dal 2,8% del 2017 al 2,5%, raggiungendo i valori del 2009. Sui minimi da quasi 10 anni quindi.

Secondo il rapporto

“mentre l’industria sembra convergere verso i tassi pre-crisi, proseguendo una discesa cominciata nel 2014, i flussi di nuove sofferenze nelle costruzioni e nei servizi si mantengono su livelli ancora elevati”.

Il rapporto prevede “che i flussi di nuove sofferenze riprendano a crescere già nei prossimi mesi per le imprese medio-grandi mentre tra le micro e le piccole questo accadrà nel 2020, per poi riprendere il calo nel 2021 anche se a ritmi piuttosto contenuti (2,6% per le micro e 2,4% per le piccole imprese). Si prevede che nel 2021 i tassi di ingresso in sofferenza restino superiori a quelli pre-crisi in tutte le fasce dimensionali di impresa”.

Quanto ai settori, si prevede che nel prossimo biennio i tassi di ingresso in sofferenza tenderanno a convergere per effetto di un miglioramento nelle costruzioni (dal 4% del 2018 al 3,2% del 2021) e di un arresto, o peggioramento, nell’agricoltura (2,0% nel 2021), nell’industria (2,0% nel 2021) e nei servizi (2,4% nel 2021)”